La detenzione nel carcere minorile di Anya Robinson ha avuto origine da un reato di fuga. La prima volta Anya è scappata di casa quando aveva sette anni, dopo essere stata molestata dai fidanzati della madre per un anno. Denudata dalla madre, che la stava sottoponendo a un pestaggio, Anya è corsa in bagno ed è scivolata fuori dalla finestra prima che sua madre potesse aprire la porta, coprendosi con una sola maglietta presa in fretta da un mucchio di vestiti sporchi, ed è corsa via.
All’età di 14 anni, dopo una nuova fuga, la madre l’ha poi condotta in un tribunale della Carolina del Sud, denunciandola come un fuggiasca. La ragazza è stata ammanettata e portata via dalle forze dell’ordine.
Dai tempi in cui Anya Robinson, che ora ha 38 anni, era minorenne, la percentuale di ragazze in stato di detenzione è cresciuta del 40%. Delle ragazze attualmente detenute nel sistema di giustizia minorile degli Stati Uniti, l’84% ha subito violenza in famiglia, secondo i dati di una recente ricerca.
Molte di queste ragazze hanno subito abusi
o vissuto all’interno di ambienti pericolosi e nocivi
Quasi un terzo di queste ragazze sono state oggetto di abusi sessuali in casa, secondo un rapporto della National Crittenton Foundation e del National Women’s Law Center, che ha analizzato i dati dal 1992 al 2012. Le ragazze presenti all’interno del sistema di giustizia penale hanno segnalato abusi sessuali quasi quattro volte e mezzo in più rispetto ai ragazzi.
Molte di queste ragazze hanno subito abusi o vissuto all’interno di ambienti pericolosi e nocivi, e la loro crescente presenza all’interno della popolazione della giustizia minorile non è stato certo un fattore che le ha aiutate.
"La letteratura scientifica è molto chiara su questo punto: come risposta diretta, una risposta completamente comprensibile a questo tipo di trauma – l’ambiente familiare violento e minaccioso – le ragazze sono più propense a scappare, a creare grossi problemi e scontri a casa o a fare uso di sostanze" ha dichiarato Francine Sherman, autrice del report, professoressa e direttrice del Juvenile Rights Advocacy Project al Boston College Law School. "E questi sono comportamenti che conducono direttamente a provvedimenti del sistema giudiziario".
Una volta che Anya Robinson è stata arrestata, a 14 anni, è stata sottoposta a una perquisizione intima e chiusa in una "cella che era un blocco di calcestruzzo, con un materasso sottile su cui stendersi" per una settimana, fino a quando non è stato rilasciata e consegnata di nuovo alla madre. "Nessuno mi ha chiesto il motivo per cui stavo fuggendo" racconta. "Nessuno era disposto a iniziare una battaglia per me".
Le ragazze statisticamente, rispetto ai ragazzi, commettono in misura minore crimini che rappresentino una minaccia per le altre persone. Di solito vengono arrestate per i reati più lievi – come la violazione di prescrizioni e della libertà vigilata; crimini questi che, come la fuga, risultano illegali solo per i minorenni - in una proporzione molto più alta rispetto ai maschi. Nel 2013 mentre il 37% delle ragazze detenute aveva commesso reati o di violazione di prescrizioni di stato (libertà vigilata), solo il 25% dei ragazzi detenuti aveva commesso gli stessi reati. Il 21% delle ragazze erano state arrestate per aggressione semplice (senza armi) e reati contro l'ordine pubblico (come il vagabondaggio), contro il 12% dei ragazzi, sostiene il rapporto.
Abusi e pesanti forme di disagio a casa, tra cui la povertà, possono portare le ragazze a reagire con comportamenti che risultano illegali per i giovani minorenni, quali la fuga o le assenze ingiustificate, e le punizioni per queste ragazze, pur comminate con le migliori intenzioni, possono fare più male che bene.
Nessuno mi ha chiesto il motivo per cui stavo fuggendo
Le ragazze rappresentavano il 53% dei casi di fuga nel 2011. I giovani che scappano da casa sono a rischio non solo per la loro sicurezza personale ma anche per l’accumulo di provvedimenti aggiuntivi, oltre a quello per la fuga, che possono derivare da reati compiuti nel tempo trascorso per strada. Anche le ragazze traumatizzate che non scappano da casa possono arrivare per esasperazione a commettere gesti che possono portare al loro arresto.
"Ho visto casi in cui le ragazze sono state arrestate a scuola perché, avendo un sacco di problemi a casa, erano agitate e non riuscivano a starsene sedute al banco come avrebbero dovuto" ha affermato Mona Ingram, avvocato incaricato presso il Comitato per la Pubblica Assistenza a Lowell, Massachusetts. "Le ragazze sono inoltre molto attive verbalmente, a volte troppo, e incappano in un sacco di guai per le cose che dicono, piuttosto che per le cose che fanno." Non andare a scuola significa rischiare assenze ingiustificate, un altro reato che può introdurre le ragazze nel sistema della giustizia penale.
Secondo il rapporto, le ragazze nere hanno più probabilità di essere prese di mira per i loro comportamenti, quali il parlare a sproposito a scuola, e anche se più approfondite ricerche devono ancora essere fatte in merito alla razza e al genere, l’analisi intersezionale mostra "notevoli disparità a svantaggio delle ragazze nere, indiane, native dell’Alaska e latine. Man mano che si procede nell’approfondimento delle dinamiche e della situazione esistente all’interno dei vari processi del sistema, ci si trova di fronte alla discriminazione". Il 40% delle ragazze all’interno del sistema della giustizia minorile si identificano come LBQ /GNCT ((lesbian, bisexual, questioning/gender-non-conforming, transgender) e "probabilmente" subiscono discriminazione, per questo, anche ad ogni sentenza che viene emessa nei loro confronti. La professoressa Sherman ha detto che i problemi giudiziari a carico di ragazze LBQ / GNCT, come in molti altri casi, spesso hanno inizio all’interno delle case da cui sono fuggite.
"Queste [le LBQ / GNCT] sono ragazze che stanno avendo problemi a casa. Non vengono comprese dalle loro famiglie, se ne vanno di casa in età precoce, vengono trovate e raccolte per strada, si trovano coinvolte in reati che hanno a che fare con la sopravvivenza e vengono poi arrestate per questi comportamenti " ha dichiarato la professoressa Sherman. "E poi si vengono a trovare all’interno di questi sistemi che non sono del tutto preparati ad affrontare la loro situazione perché non sanno nulla di loro".
Una volta che ci si trova all’interno del sistema può essere difficile uscirne. "A volte quando si è in libertà vigilata, ci sono determinate regole che devono essere seguite e, talvolta, le ragazze con cui lavoriamo non sono realmente in grado di fare sempre quello che dovrebbero fare per rispettarle" spiega l’avvocato Ingram. "Un sacco di queste violazioni sono riferite a comportamenti che non sarebbero considerati illeciti se una ragazza non si trovasse già in libertà vigilata, come ad esempio il non rispettare l’orario di rientro serale” ha aggiunto.
Dopo l’esperienza dell'arresto e della detenzione, Anya Robinson spesso stava fuori di casa e camminava per le strade per tutta la notte, fino a quando una sera, all’età di 15 anni, mentre era in giro un amico e con un conoscente adulto di questi, le è stato chiesto di fare sesso con lui o di andarsene. Lei allora è andata a una cabina telefonica e ha chiamato la polizia. Il poliziotto che l’ha trovata, non l’ha però rimandata a casa, ma in una comunità all’interno della quale Anya ha scoperto, dopo aver già partorito una prima volta a 14 anni, di essere incinta per la seconda volta.
Scappare è stato il mio modo di sfuggire
a tutto ciò che mi stava succedendo
Alla fine Anya ha trascorso un periodo di detenzione in una struttura di Charleston, in South Carolina, dove si è trovata tanto bene da, come racconta, “aprirsi e condividere con altri le sue esperienze, così come non aveva mai fatto con nessuno ". La ragazza è stata poi accolta da diverse case famiglia fino ai 19 anni. Anya spiega che questa fase di passaggio al di fuori della sua casa violenta le ha salvato la vita, mettendola su un percorso positivo verso l'autosufficienza, il quale l’ha portata al suo attuale ruolo di coordinatore della National Crittenton Foundation.
"Scappare è stato il mio modo di sfuggire a tutto ciò che mi stava succedendo" ha detto. "La mia sopravvivenza era diventata l’evasione."
Il report si conclude in modo molto critico riguardo alla punizione di queste ragazze, sostenendo la depenalizzazione di quei comportamenti che sono comuni tra le ragazze traumatizzate, e la sostituzione di un approccio di giustizia penale con un altro improntato alla lettura dei traumi e alla programmazione dello sviluppo personale.
La professoressa Sherman sostiene che lo sviluppo di programmi comunitari, incentrati sul territorio e sullo sviluppo di reti sociali, e il consentire alle ragazze di impegnarsi in comportamenti pro-sociali, sarebbero fattori in grado di fornire "quelle connessioni e quegli stimoli in grado di guidarle positivamente all’età adulta ". Anche se a volte possono anche essere "rinchiuse per la loro stessa sicurezza", ha affermato la dottoressa Ingram, "questa misura deve essere adottata solo in casi particolari, perché risulta davvero difficile da comprendere per le ragazze, le quali ritengono ingiusto il sistema che le tratta in questo modo".
"Esistono molte opportunità non costose e a portata di mano dei servizi di intervento sociale e occorre avvantaggiarsene in questa fase di riforma della giustizia" conclude la professoressa Sherman. "Abbiamo una grande opportunità in questo momento: fare bene quelle riforme che il sistema giudiziario sta affrontando ".