Giuseppe Latilla, psicologo e giudice onorario, racconta l’esperienza del Tribunale per i Minorenni di Bari.
Beppe, incominciamo da te. Quando hai iniziato il tuo lavoro come giudice onorario al Tribunale per i Minorenni di Bari?
Nel ’94. Ho avuto una sospensione di sei anni, ho lavorato per un triennio in Corte d’Appello e poi sono rientrato al Tribunale per i Minorenni, e questo è il mio secondo mandato.
{xtypo_quote_right}Il Tribunale per i Miinorenni è una specializzazione, e l’anacronismo è che in questo caso la specializzazione non è gradita, non va bene, perché sull’altro fronte ci sono alcune associazioni di avvocati che cercano le loro fonti di guadagno e chiedono contesti dove possono prevalere. {/xtypo_quote_right}
In Puglia come è organizzata la presenza della giustizia minorile?
Abbiamo tre tribunali: Bari, Lecce e Taranto. Il TM di Bari si occupa della zona di Bari e Foggia.
Nella tua sede in quanti siete?
6 giudici togati e 32 onorari. Aspettiamo la nomina del nuovo presidente, per ora abbiamo un facente funzione.
Sai che a Bologna abbiamo lo stesso numero di togati, ma decisamente meno onorari?
Sì, lo immagino. Vista la mole notevole di situazioni particolarissime di cui ci occupiamo e la carenza di togati, qualche anno fa il presidente del TM ha richiesto ulteriori giudici onorari per poter almeno portare avanti il lavoro e il CSM ha dato l’assenso.
Che cosa pensi dei progetti di riforma, o controriforma, che stanno venendo avanti?
Da anni lo dico, per molti questa è una lotta di poteri violentissima tra tribunali ordinari e per i minorenni. Sono i giudici i protagonisti. Però io ti dico una cosa. In tutti i campi vengono avanti le specializzazioni – pensa nella medicina: vai dal pediatra, dall’ortopedico… - il TM è una specializzazione, e l’anacronismo è che in questo caso la specializzazione non è gradita, non va bene, perché sull’altro fronte ci sono alcune associazioni di avvocati che cercano le loro fonti di guadagno e chiedono contesti dove possono prevalere. In tutto questo, il ragazzo è davvero considerato minore, cioè persona debole. Non è più al centro, come ai tempi di Alfredo Carlo Moro, di Gianpaolo Meucci e di altri giudici minorili illuminati.
Il Tribunale per i Minorenni di Bari è stato conosciuto negli anni per la sperimentazione dell’adozione mite fortemente sostenuta dall’allora presidente Franco Occhiogrosso. Quella adozione, cioè, che non interrompeva i rapporti tra il bambino e i genitori naturali, in una sorta di famiglia allargata simbolizzata anche dal fatto che il minore aveva il doppio cognome, della famiglia naturale e di quella adottiva. Avete proseguito sulla stessa strada?
L’adozione mite a Bari si è conclusa con il presidente Franco Occhiogrosso. Forse anche per ragioni culturali, non aveva dato grossi risultati. Bambini e famiglie hanno avuto problemi nella gestione dell’adozione mite, le famiglie non accettavano lo stato di incertezza. Nel tempo è difficile accettare l’ambivalenza genitoriale e in alcuni casi si è pensato, ed è stato un bene, di trasformare l’adozione mite in affidamento a lungo termine.
È andata meglio con la mediazione, sia penale nei percorsi di messa alla prova sia familiare tra i genitori conflittuali. Ovviamente la mediazione non può essere imposta e nel penale abbiamo visto che funziona meglio su reati non troppo gravi, dove anche la parte offesa ha maggiore disponibilità al dialogo.
{xtypo_quote_left}Con un ragazzo intelligente, non del tutto inserito che però si trova in quel contesto, si può lavorare. E poi dipende dall’età del minore, dall’esperienza, da dove abita, dal livello di criminalità dell’adulto di riferimento o dal fatto che in famiglia sia presente una figura importante, per esempio la mamma, che invece si dà da fare per andare avanti onestamente. Dove entrambi i genitori sono strutturati nel clan non c’è niente da fare, devi proprio allontanare il ragazzo da casa. {/xtypo_quote_left}
Ti parrà una domanda stereotipata, ma in genere si pensa al sud come ad un’area dove la criminalità organizzata è presente...
E ben strutturata, anche.
Quali riflessi riscontrate lavorando al TM?
Ci sono stati diversi picchi di criminalità. Negli ultimi anni non c’è proprio una casta con vari livelli però il rischio di coinvolgimento dei minori nella criminalità organizzata di stampo mafioso esiste. È anche per queste ragioni che il nostro TM ha richiesto un maggior numero di giudici onorari.
In che modo i minorenni vengono coinvolti nella criminalità organizzata?
Fanno parte di clan dove gli adulti li usano sapendo che i minori rischiano di meno. Parlo di reati come furti, ricettazione, estorsione (il pizzo), ma vengono coinvolti anche nella gestione del traffico di droga, di sigarette, nella gestione della prostituzione, o dei minori stranieri non accompagnati. Sono presenti a tutti i livelli.
Se penso alla mia esperienza nel penale al TM di Bologna, furti e ricettazioni ne vediamo tanti, coinvolgimento nella gestione della prostituzione o nel traffico di minori no invece.
Ma sai, nella prostituzione… Magari il ragazzo è quello che sta in casa e accoglie i clienti, ragazzi che sanno e capiscono, che attirano le ragazze della loro età… il rischio esiste. E poi il nomadismo, che qui è abbastanza forte.
Le messe alla prova con adolescenti già un po’ introdotti nei circuiti della criminalità organizzata riescono a scalfire un’appartenenza culturale e magari familiare così forte?
Danno buoni risultati con ragazzi che hanno una posizione secondaria. Con un ragazzo intelligente, non del tutto inserito che però si trova in quel contesto, si può lavorare. E poi dipende dall’età del minore, dall’esperienza, da dove abita, dal livello di criminalità dell’adulto di riferimento o dal fatto che in famiglia sia presente una figura importante, per esempio la mamma, che invece si dà da fare per andare avanti onestamente. Dove entrambi i genitori sono strutturati nel clan non c’è niente da fare, devi proprio allontanare il ragazzo da casa. Se non lo fai lo perdi, il suo destino è quello.
Anche nei procedimenti civili del vostro TM il tema della criminalità organizzata entra?
Sì, soprattutto perché dal procedimento penale spesso si passa ad aprire un civile. Metti che col penale possiamo fermarci all’udienza preliminare, viene deciso un perdono giudiziale perché il reato non è grave ed è una prima denuncia però subito si dà il via al provvedimento civile per continuare a sostenere il ragazzo, che in molti casi ha la possibilità di recuperare.
Mi hai appena raccontato uno dei motivi per cui non andrebbe persa di vista l’unitarietà tra civile e penale minorile – un tema del tutto trascurato dallo schema di riforma approvato il 29 agosto scorso.
Sì, è una realtà che ha un significato importante. Se il ragazzo viene preso in tempo nel penale c’è la possibilità di un recupero. Se gli dai un perdono giudiziale e non lo segui in ambito civile è probabile che prosegua con altri reati.
La Puglia, come tutto il sud Italia, è terra di arrivo per centinaia di migranti. In che modo questo entra nell’agire del Tribunale per i Minorenni?
È vero, negli anni Novanta la Puglia è stata la prima ad accogliere lo spaventoso esodo dei cittadini albanesi che attraccavano al porto di Bari. Da quel momento - io, peraltro, ero giudice onorario presso il T.M. di Bari - è iniziata una dura, complessa e difficile accoglienza di così tanti adulti e ragazzi alloggiati in emergenza presso lo stadio di Bari, le tendopoli nell’aeroporto di Palese e i vari centri regionali di emergenza definiti “di prima accoglienza”. Se non ci fosse stata, allora come oggi che l’immigrazione è ancora più intensa e variegata, l’opera costante e altamente umanitaria e professionale del volontariato e delle cooperative sociali, e in campo giuridico, quella dei giudici togati dei Tribunali per i Minorenni della Puglia con i rispettivi onorari e tutori, non avremmo mai potuto aiutare quelle popolazioni e tutelare soprattutto minori. Penso specialmente ai MSNA (Minori Stranieri Non Accompagnati), arrivati nel nostro Paese per volontà loro o dei genitori, carichi di aspettative e di progetti di vita.
Sinceramente mi chiedo, molto criticamente e con grande onestà intellettuale, cosa avrebbe potuto fare il Tribunale Ordinario, con i suoi giudici e i suoi avvocati, se non ci fosse stato l’intervento della giustizia minorile con la sua competenza multi professionale…!?
Nella tua regione - come già in Veneto, nelle Marche, e di recente anche in Emilia Romagna - si stanno istituendo i tutori volontari, figure che scelgono di diventare tutori per minori privi di adulti di riferimento. So che tu sei stato coinvolto nella formazione di questa nuova, importante figura. Ma non è una faccenda che riguarda prevalentemente il giudice tutelare? In che modo il TM si avvarrà dei tutori volontari?
La tua domanda è molto interessante ed attuale. La figura del tutore è stata ipotizzata già anni fa dall’esimio Alfredo Carlo Moro ed ha preso piede in diversi Tribunali Minorili d’Italia fra i quali quello di Bari. Personalmente mi sono trovato a collaborare con la figura del tutore soprattutto nell’ambito dell’adozione e nella tutela dei minori stranieri non accompagnati. Il tutore è un professionista nominato dal Giudice Tutelare o Minorile per prendersi cura di un minorenne privo di genitori, o quando questi non possono esercitare la responsabilità genitoriale, vedi i minori stranieri. Nella mia regione il primo corso di formazione per tutori è stato istituito dalla Garante dell’infanzia e adolescenza, Rosy Paparella, esteso a diverse professionalità quali psicologo, educatore professionale, assistente sociale etc., oltre naturalmente ai laureati in legge e agli avvocati.
Se questa figura riesce ad espletare il suo ruolo con alto senso di responsabilità, con forte motivazione e con una predisposizione alla comunicazione e all’ascolto di tipo empatico, sicuramente i risultati sono molto positivi, come sta accadendo nella mia esperienza.
Ci sono altri aspetti che caratterizzano il tuo tribunale?
Lavoriamo molto con l’adozione, più che con l’affido, e siamo a un buon livello con l’adozione internazionale. Sono tanti gli interventi con famiglie dove ci sono violenze o molestie, violenza sulle donne ma anche sui minori, o abusi sessuali. In tutti questi casi, che sono tanti, il TM ha una parte importante e riesce ad intervenire in modo adeguato. Ma qui è proprio importante l’intervento del giudice onorario.
Dai, parliamone. Siamo così criticati, noi giudici onorari…
Noi giudici onorari siamo fondamentali. Io sono anche psicologo, specializzato in criminologia, e nell’impostazione del colloquio, che non è né psicologico né clinico ma è giuridico, io ho un approccio che riesce a creare empatia col minore. Il presidente Occhiogrosso scherzando diceva: “Beppe è il PM del tribunale minorile”, perché in diverse udienze erano emersi casi di abuso sessuale. Oppure - è successo di recente - arriva la segnalazione di una scuola per una ragazza in difficoltà per cui chiedevano la comunità e in udienza ha confidato la ragione del suo star male: non era accettata in quanto omosessuale, una sua amica ne aveva parlato su Facebook in modo denigratorio… Tutto questo, lei in udienza lo ha raccontato perché ha trovato l’approccio giusto.
Su questi aspetti è importantissimo il rapporto del TM con i servizi territoriali. Il TM può fare le migliori udienze o scrivere i migliori decreti, ma restano lettera morta se non ci sono servizi in grado di attuarli. La situazione dalle tue parti com’è?
C’è sempre carenza di personale, e c’è il blocco delle assunzioni, però la Regione con i piani di zona ha dato la possibilità di sostenere molto i servizi prevedendo un buon numero di incarichi per assistenti sociali. Lasciati da soli però, cioè con pochissimi psicologi e educatori, gli assistenti sociali rischiano di voler fare tutto da soli…
Alcuni si sentiranno costretti, se le altre figure non ci sono.
Sì, e a volte intervengono malamente. Ma questo è un tema che andrebbe affrontato a livello nazionale, nella riforma dei servizi. Presso l’ente locale dovrebbe essere presente l’equipe con assistente sociale, educatore e psicologo insieme. Lavoro invece con alcuni colleghi psicologi del consultorio dove quando indirizzi un minore sai già che dovrà aspettare mesi e mesi, perché loro intervengono con un approccio clinico che ha tempi lunghi. Invece sul minore l’intervento dovrebbe essere psicosociale e dare risposte pragmatiche.
Poi c’è il fatto che, a parità di qualifica, gli operatori dell’ente locale hanno un contratto molto sfavorevole rispetto a chi lavora nelle Asl per cui molti, se possono, preferiscono l’azienda sanitaria.
Nessuna figura professionale sfugge a queste vicende contrattuali che però sono importanti. Ma ritornando al discorso iniziale, la riforma della giustizia minorile…
La norma così lungimirante, il regio decreto 1404 del 1934 che istituiva il tribunale per i minorenni e introduceva i giudici onorari come esperti benemeriti… sembra proprio una stagione finita. Nelle vicende che riguardano il tribunale ordinario prevalgono lobby di avvocati abituati a rappresentare gl’interessi degli adulti; tutta la centratura è sui diritti dei genitori, non dei minori. Dobbiamo andare in tutte le sedi a dire che la situazione è questa.
Tu credi che un’opinione pubblica meglio informata e più consapevole potrebbe avere una influenza su questa riforma?
L’informazione oggi domina. Se incominciamo ad avvicinare persone, politiche e no, di estrazione sociale politica e ideologica diversa - e non importa quale purché vicini ad alcuni ragionamenti - secondo me qualcosa si può fare. Siamo in un momento importante. Purtroppo il fondo non si raggiunge più, in Italia, ma io spero che, come a suo tempo con la legge Castelli, ci siano ancora possibilità di rivedere le indicazioni di legge e cercare di intervenire su una riforma che, così come è stata concepita, non fa bene alla tutela dei minori.