Fermo immagine: Marina 30 anni dopo una notte insonne a calmare il piccolo Valerio di pochi giorni telefona entusiasta a Thomas, il marito, per dirgli di aver risolto i suoi problemi di comprensione dei pianti del piccolo: “Tesoro, finalmente riusciremo a dormire la notte, stai sereno. Ho scaricato un App che mi dice perché Valerio piange. Non mi sembra vero, appena torni a casa te la faccio vedere, e vediamo che cosa straordinaria hanno inventato per mamme disastro come me. Si chiama “Baby Cry Translator App” e quando Valerio piange ci fa capire per quale motivo lo fa: se ha fame, se ha il pannolino sporco, se sta male, se ha sonno o è a disagio per qualcosa: È davvero spettacolare!”
L’essere genitori, la trasformazione e la crescita che questo delicato processo identitario comporta, fatta di gesti, acquisizioni, scoperte, fallimenti, dubbi, mettono alla prova i futuri genitori, già a partire dai primi momenti di gestazione fino alla nascita del bambino, momento che rappresenta, dal punto di vista operativo, lo starting point per iniziare ad agire finalmente da mamma e papà.
La natura ci ha dato 9 mesi di tempo per prepararci ad affrontare questo nuovo viaggio del ciclo di vita e per assistere come ci ha rappresentato, in modo evocativo Daniel Stern, alla nascita della costellazione materna che dalla sua genesi in poi sancisce in modo indelebile, e strutturalmente depositato nei nostri circuiti cerebrali, un nuovo modo di pensare e di agire. Si abbandona il terreno filiale e si inaugura quello genitoriale, che non è del tutto immediato, ma che ha bisogno di tempi lunghi di apprendimento e di sperimentazione in un terreno di scambi comunicativi di andata e ritorno (serve and return) tra i due attori principali in scena, che prima di poter parlare direttamente tra di loro utilizzano il linguaggio primario del corpo, il cui spartito musicale, verrà depositato per sempre nel sistema della memoria implicita.
Sappiamo che quando nasce un bambino nasce anche una madre e metaforicamente ogni nuovi nascituro fa i suoi passi nel terreno delle acquisizioni alla base del processo di apprendimento, grazie ad una bussola interna tarata su coordinate di sguardi, vocalizzi, sintonizzazioni, toni, complicità, fino ad affermare, prendendo in prestito le parole del padre della teoria dell’attaccamento che “alla fine del secondo anno di vita i due si sono plasmati a vicenda” (J. Bowlby, 1969).
In questo terreno di acquisizioni ed incertezze proprio in considerazione che, genitori non si nasce, bensì si diventa, la sicurezza del far bene e del comprendere bene il linguaggio del proprio bambino, è un tema importante, se non il più rilevante, nella quotidianità genitoriale.
Ecco allora che, nel modo invadente che più le è consono, la digitalità si inserisce anche in questo primo terreno di scambio, fornendo alle mamme in difficoltà un App per tradurre il pianto del loro cucciolo. App surrogato materno che fotografa, registra e fornisce la risposta tanto bramata: capire perché mio figlio piange.
Fermiamoci un attimo: facciamo attenzione, non permettiamo alla digitalità di stravolgere le acquisizioni scientifiche, fatte di teoria, ricerca e prassi, della moderna Psicologia e Psicopatologia evolutiva, che hanno portato nel corso degli anni alla strutturazione di un percorso mirato al benessere psicologico del bambino e della sua famiglia, a partire dai primi mesi di vita fino all’età adulta.
Primo fra questi il sostenere la capacità delle madri (non certo di un surrogato), di saper interpretare correttamente i segnali del suo bambino, e in caso di difficoltà di aiutarle a sintonizzarsi sul canale della loro genitorialità intuitiva senza mai sostituirsi a loro, correndo il terribile rischio di farle credere madri incapaci.