A lungo si è creduto che il viaggio adottivo avesse come prima tappa fondamentale per bambini e genitori l’iniziare insieme una “nuova vita” per costruire una “nuova famiglia”, come se l’incontro adottivo presupponesse un rito iniziatico, una morte ed una rinascita. Nel tempo i pazienti, le famiglie ed i genitori hanno guidato psicoterapeuti e psicoanalisti nel comprendere che il viaggio adottivo inizia ancora prima del primo incontro e che spesso prevede l’attraversare un cammino connotato da emozioni forti e contrastanti che spesso non trovano parole per esprimersi.
Il rito iniziatico di “nuovo inizio” deve lasciare il posto ad un lungo e faticoso rito di passaggio entro il quale il mondo “vecchio” e “nuovo” devono integrarsi per poter dare luce ad una “nuova famiglia”.
L’emozione di incontrarsi e la paura di perdersi spesso porta genitori e bambini a chiudere in un cassetto della mente ciò che sono stati e ciò che potrebbe “disturbare” l’idillio dei primi momenti insieme. I lutti ancora in-elaborati, i conflitti intrapsichici e le paure lasciano quindi il passo a forti idealizzazioni che si intrecciano per poi, nel tempo, scontrarsi. All’improvviso il “cassetto” che custodisce emozioni ed angosce negate è pieno, “qualcosa” fuoriesce e il mondo perfetto inizia a sgretolarsi. In pochi anni genitori e figli possono sentirsi ai poli opposti di un mondo “estraneo” senza poter comprendere che gli agiti che tanto li distanziano sono una traduzione concreta delle medesime emozioni: paure di abbandono, traumi e lutti.
{xtypo_quote}Entro le scatole della sabbia, le mani dei bambini creano immagini e scenari che permettono a tutta la famiglia di condividere fatiche e angosce e, al contempo, di avvicinarsi a risorse e soluzioni che, pur presenti, devono ancora essere scoperte.{/xtypo_quote}
Fantasie e fantasmi prendono la forma concreta di azioni rabbiose e distruttive, in un cortocircuito individuale, relazionale e familiare che, paradossalmente, diviene l’unico modo di stare insieme e al contempo non riesce a trovare parole per condividere.
Spesso accade che l’esperienza emotiva del bambino difficilmente divenga traducibile in parola, proprio per la dimensione arcaica dei vissuti di abbandono, di perdita e di sradicamento che rimandano ad un mondo proto-emotivo connotato da sensazioni e percezioni. La “messa in parola” risulta ancora più difficoltosa là dove i processi di mentalizzazione ed attribuzione di significato ad eventi ed ad emozioni, non sono mai stati stimolati, e la sopravvivenza al dolore pareva legata solo a meccanismi di scissione e negazione.
Su queste basi nasce il desiderio di proporre uno strumento clinico che possa offrire uno spazio contenitivo e trasformativo che permetta ai bambini ed ai loro genitori di entrare in contatto con ricordi traumatici, vissuti di abbandono, rabbia per le frustrazioni subite, solitudine e paura, in una condivisione che aiuta a non averne paura.
Entro le scatole della sabbia, le mani dei bambini creano immagini e scenari che permettono a tutta la famiglia di condividere fatiche e angosce e, al contempo, di avvicinarsi a risorse e soluzioni che, pur presenti, devono ancora essere scoperte. Analogamente nei genitori che si aprono al gioco simbolico con il figlio, spesso si riattiva quella fertilità psichica e vitale talvolta interrotta nei momenti in cui il naturale desiderio generativo venne frustrato.
{xtypo_quote_left}La Sand Play Therapy nella sua multietnicità, nel suo essere spazio archetipico di espressione di simboli che possono essere ponte fra mondo interno e mondo esterno, fra passato e presente...{/xtypo_quote_left}Lutti, traumi, paure di abbandono, assumono nel rito di passaggio adottivo una valenza di condivisione, prima che di superamento, in una consapevolezza che quanto vissuto non può e non deve essere cancellato, ma deve divenire punto di forza per affrontare le difficoltà future della vita.
Nel rappresentare il viaggio che ha condotto diverse realtà a scorgersi e ad incrociarsi, la nuova famiglia potrà finalmente davvero incontrarsi su di un medesimo terreno psichico e comunicare la stessa lingua, quella edificata sugli innumerevoli elementi simbolici provenienti da tutto il mondo e da ogni tempo.
La Sand Play Therapy nella sua multietnicità, nel suo essere spazio archetipico di espressione di simboli che possono essere ponte fra mondo interno e mondo esterno, fra passato e presente, pare essere una risorsa stimolante per le famiglie adottive che, in un percorso terapeutico accompagnato, possono porre le basi per una condivisione affettiva ed emotiva di sostegno e comprensione.
co-autrici: Anna Poli, Francesca Cerutti