Il tempo trascorso da soli sembra portare, un po’ alla volta, la gran parte degli adolescenti in una condizione di tensione interiore, come se si sentissero minacciati. Gli studiosi parlano di una reazione di "vigilanza alla minaccia" che non viene meno neanche quando sono connessi sui social media.
Tale stato di inquietudine si accresce dopo alcune ore di isolamento, e nemmeno la socializzazione online sembra portare a dei miglioramenti.
Gli autori di una recente ricerca affermano che questi risultati potrebbero far luce sul legame tra solitudine e condizioni di salute mentale come i disturbi d'ansia, che sono in aumento tra i giovani anche nel nostro paese come un po’ in tutto il mondo.
Questa sensazione riguarderebbe i giovani nella tarda adolescenza, che avrebbero una maggiore sensibilità alle minacce, stato d’animo che si manifesterebbe dopo solo poche ore trascorse da soli in una stanza. Nemmeno mettersi in comunicazione attraverso i dispositivi elettronici con amici e familiari lo smorzerebbe.
È quanto emerge da un esperimento di neuroscienza cognitiva condotto presso l'Università di Cambridge, nel quale 40 giovani di età compresa tra i 16 e i 19 anni sono stati sottoposti a test prima e dopo diverse ore trascorse da soli, sia con che senza i loro smartphone.
Indagini svolte in molti paesi europei oltre che negli Stati Uniti hanno messo in luce quella che viene definita come una vera e propria epidemia di solitudine tra i più giovani. I ricercatori si sono dunque prefissati di "indurre" la solitudine negli adolescenti e studiarne gli effetti attraverso una serie di test, da un compito pavloviano a elettrodi che misurano il sudore.
I ricercatori hanno quindi scoperto che i periodi di isolamento, compresi quelli in cui i partecipanti potevano usare i loro telefoni, hanno portato a una maggiore reattività a possibili minacce, ovvero la percezione e la reazione a potenziali pericoli. Questo senso di allerta può causare ansia e disagio molto forti.
Gli autori dello studio affermano che l'isolamento e la solitudine potrebbero provocare un'eccessiva "vigilanza verso le minacce" anche quando si è connessi online, il che potrebbe avere un impatto negativo sulla salute mentale degli adolescenti nel tempo. Affermano che questa condizione porterebbe a un sentimento di paura persistente e esagerata, tipico dei disturbi d'ansia, che sono appunto in aumento tra i giovani.
"Questa attenzione alle minacce percepite potrebbe essere lo stesso meccanismo che porta all'eccessiva preoccupazione e all'incapacità di sentirsi al sicuro che caratterizzano l'ansia" ha affermato la dottoressa Towner, una studiosa di Cambridge.
"Ha senso dal punto di vista evolutivo che essere soli aumenti la nostra vigilanza sulle potenziali minacce. Questi meccanismi di risposta alle minacce subiscono molti cambiamenti nell'adolescenza, una fase della vita caratterizzata da una crescente indipendenza e sensibilità sociale".
"Il nostro esperimento suggerisce che i periodi di isolamento negli adolescenti potrebbero aumentare la loro vulnerabilità allo sviluppo di ansia, anche quando sono connessi virtualmente".
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno reclutato giovani della zona di Cambridge, nel Regno Unito, eseguendo uno screening approfondito per creare un gruppo di 18 ragazzi e 22 ragazze con buone relazioni sociali e senza precedenti di problemi di salute mentale.
Ai partecipanti sono stati somministrati dei test e dei questionari iniziali per stabilire una "linea di base". Tra questi, c'era il test della minaccia pavloviano, in cui venivano mostrate loro una serie di forme su uno schermo, una delle quali era associata a un rumore aspro riprodotto tramite cuffie, in modo che la forma venisse associata a una sensazione di apprensione.
Durante tutto il test, degli elettrodi applicati alle dita hanno monitorato l'"attività elettrodermica", un marcatore fisiologico dello stress.
Ogni partecipante è tornato per due turni separati da circa quattro ore isolati in una stanza del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Cambridge, dopodiché i test sono stati realizzati di nuovo. È passato circa un mese, in media, tra le sessioni.
Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a due sessioni di isolamento. Una è stata trascorsa con qualche puzzle per passare il tempo, ma senza connessione con il mondo esterno. Per l'altra, ai partecipanti è stato concesso di avere smartphone e codici per accedere al wi-fi, oltre a musica e romanzi. L'unica regola importante in entrambe le sessioni era che dovevano rimanere svegli.
L'ordine delle due sessioni di isolamento è stato assegnato in modo casuale. Per le sessioni in cui erano consentite interazioni digitali, la maggior parte dei partecipanti ha utilizzato i social media (35 su 40), con gli SMS come forma di interazione più comune (37 su 40). Altre piattaforme popolari includevano Snapchat, Instagram e WhatsApp. I partecipanti si sono collegati principalmente virtualmente con amici (38), seguiti da familiari (19), partner romantici (13) e conoscenti (4).
"Ci siamo prefissati di replicare il comportamento negli esseri umani che precedenti studi sugli animali avevano riscontrato dopo l'isolamento" ha affermato la professoressa Towner. "Volevamo conoscere l'esperienza della solitudine percepita, e non puoi chiedere agli animali quanto si sentano soli".
La solitudine auto-riferita è aumentata rispetto al basale dopo entrambe le sessioni. È stata inferiore in media dopo l'isolamento con i social media, rispetto all'isolamento completo.
Tuttavia, i partecipanti hanno trovato il segnale di minaccia (la forma associata a un suono stridente) più ansiogeno e spiacevole dopo entrambe le sessioni di isolamento, con gli elettrodi che misuravano anche un'elevata attività di stress.
In media, nell'ambito dello studio, le risposte alle minacce sono state più elevate del 70% dopo le sessioni di isolamento rispetto alla situazione di base, indipendentemente dal fatto che i partecipanti avessero interagito digitalmente.
"Sebbene le interazioni sociali virtuali abbiano aiutato i nostri partecipanti a sentirsi meno soli rispetto all'isolamento totale, la loro reattività alle minacce è rimasta elevata" ha affermato la Towner.
Studi precedenti hanno trovato un collegamento tra solitudine cronica e prontezza di risposta alle minacce. Le ultime scoperte supportano l'idea che l'isolamento sociale possa contribuire direttamente a risposte di paura più intense, affermano i ricercatori.
La dottoressa Livia Tomova, co-autrice senior e docente di psicologia alla Cardiff University, che ha condotto il lavoro mentre era a Cambridge, ha aggiunto: "Il sentimento di solitudine tra gli adolescenti in tutto il mondo è quasi raddoppiato negli ultimi anni. Il bisogno di interazione sociale è particolarmente intenso durante l'adolescenza, ma non è chiaro se la socializzazione online possa soddisfare questo bisogno.
"Questo studio ha dimostrato che le interazioni digitali potrebbero non attenuare alcuni degli effetti radicati che l'isolamento sembra avere sugli adolescenti".