Non è la storia di uno solo, questa è la storia di tanti bambini e adolescenti che hanno trovato nel loro percorso di crescita adulti con gravi difficoltà e per questo anche pregiudizievoli e dannosi. Cerchiamo la verità, tutta la verità che possa pacificare il cuore di chi ascolta, di chi, è depositario dei racconti dei bambini. Ma di quanta verità abbiamo bisogno?
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É passato un mese dal giorno in cui Marta, arrabbiata e infastidita dallo zio che non le concede il permesso di uscire con le amichette, ha deciso di svelare il segreto e rompere il patto di silenzio. Lo ha fatto con rabbia perchè il "gioco" non vale più la candela.
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Chiama la scuola; il Servizio Minori è in piena attività ordinaria. La segnalazione però è grave e l'équipe si riunisce per organizzare l'intervento operativo. Una parte degli operatori si stacca e va a scuola, raggiunge gli insegnanti e conosce Marta.
Marta è una bimba di 11 anni, la più alta della classe. Arriva dall'est e si approccia al mondo sorridendo. Un mese prima si è confidata con Sarah, una sua compagna di classe, ma Sarah non ha retto alle confessioni e ne ha parlato con la mamma: il vaso di Pandora è stato aperto.
É passato un mese dal giorno in cui Marta, arrabbiata e infastidita dallo zio che non le concede il permesso di uscire con le amichette, ha deciso di svelare il segreto e rompere il patto di silenzio. Lo ha fatto con rabbia perché il "gioco" non vale più la candela. Ha raccontato a Sarah le attenzioni dello zio, il loro rapporto "speciale". - "Ha sposato mia sorella. Ma vuole me. La sera quando tutti sono a guardare la televisione lui mi chiama dal bagno e io vado. Ma adesso basta".
Marta ha raccontato le molestie sessuali che subisce dallo zio, da circa un anno, dal momento in cui si è ricongiunta alla sua famiglia qui in Italia. Racconta, senza consapevolezza di quanto dolore e quanta sofferenza c'è dentro la sua vita e lo fa con tutti i suoi 11 anni. Arrabbiata con quello zio che non la fa uscire e con cui ha un "segreto".
Un mese dopo Marta incontra gli operatori insieme alla sua maestra, la sua preferita, a scuola, che senza bambini diventa un luogo un po' meno conosciuto per lei. Il pomeriggio è molto lungo, e Marta lo trascorre insieme ad operatori e insegnanti che si confrontano mentre mettono in moto la macchina giudiziaria a "tutela e protezione del minore". Si convoca la madre, unico esercente la potestà. Inizia la danza dei procedimenti. Procedimento civile: proteggere il minore, tutelarlo e garantirgli un luogo sicuro. Procedimento penale: proteggere la notizia di reato, preservarla e garantirle un luogo sicuro. Peccato che è tutto annodato e la danza, se non ben coordinata a volte diventa una lotta. Viene sentito il PM dei minori che condivide la necessità di un intervento di protezione della bambina. Viene sentito il PM del tribunale ordinario che condivide la necessita di protezione della bambina in quanto portatrice della notizia di reato.
Marta viene allontanata quella stessa sera dal contesto familiare con un provvedimento ex art. 403 c.c. e collocata in una comunità educativa. Ha salutato la mamma, l'ha consolata e rassicurata. Marta non sa che la mamma non le crede e che l'ha descritta come una bambina bugiarda, "bugiarda da sempre".
Anche il corpo insegnanti è diviso. "Lo fa per attirare l'attenzione" – "Perché lo racconta adesso?". "Lo zio è il datore di cura privilegiato della bambina, la madre e la sorella fanno le badanti in casa di anziani e lui si occupa di Marta tutto il giorno."
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Marta è affaticata. I ricordi sono confusi, non ricorda molti dettagli molti particolari e non sa dire perchè. Ha paura e le manca la mamma che è a casa, con la sorella e lo zio, senza di lei. La colpa inizia a scavare e offusca i ricordi e gli eventi.
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Gli operatori sanno che non devono chiedersi nulla circa la veridicità delle dichiarazioni, sanno che non è loro il compito scoprire la verità.
La danza dei procedimenti si fa intensa, ma si balla con ritmi differenti. Il diritto di visita della mamma e della sorella non incontra la necessità di mantenere la testimonianza epurata da risvolti emotivi, "scevra da contaminazioni".
E allora la rivelazione di Marta prende forma, alienandosi da lei. Si incarna in un procedimento civile – chi doveva proteggere non l'ha fatto- e in uno penale – chi ha commesso l'abuso deve pagare. Tutto diventa complesso. La rabbia con cui Marta ha infranto il segreto è svanita e ha lasciato il posto alla solitudine e allo smarrimento, ma la verità è l'unica cosa che conta. La Carta di Noto, come un faro nel buio guida gli esperti nelle Sit (sommarie informazioni testimoniali), nell'incidente probatorio. Una minuziosa rievocazione degli eventi: quando, dove, quante volte, e tu cosa facevi? E la mamma dov'era? prima o dopo? E poi valutazioni e consultazioni su Marta e sul suo mondo.
Marta è affaticata. I ricordi sono confusi, non ricorda molti dettagli molti particolari e non sa dire perché. Ha paura e le manca la mamma che è a casa, con la sorella e lo zio, senza di lei. La colpa inizia a scavare e offusca i ricordi e gli eventi.
È passato tempo, molto per una bimba di 11 anni. Marta non è tornata a casa, il procedimento civile continua mentre quello penale si è chiuso. La danza è finita. La verità processuale non ha confermato le dichiarazioni di Marta. La verità emotiva e della sua storia da bambina, è sotto gli occhi dell'èquipe che quotidianamente lavora con lei e con il suo trauma che ora è fatto di tante altre parti, oltre alle cose che succedevano con lo zio in bagno.
I bambini come Marta hanno il cuore pesante e gonfio e quando lo aprono, neanche loro sanno quanta fatica il loro cuore regge.
Allontanare i bambini dai loro contesti familiari, rassicura gli adulti, le istituzioni, ma può generare nei piccoli un senso di punizione: "allontanano me perché sono cattiva, perché sono sbagliata?".
Sulla mia scrivania c'è la Carta di Noto. Un documento prezioso e di grande valore scientifico e metodologico. Conosco questo documento e le sue importanti evoluzioni. Ho solo un problema: leggendolo, non riesco a trovare Marta.