I ragazzi si fanno male per scacciare pensieri o emozioni negative, per dare sfogo a momenti di insostenibile ansia, stress o turbamento emotivo. Si feriscono in una dimensione strettamente personale, così come si fanno del male abusando di sostanze o alcol in un contesto soprattutto sociale. Favorita dal dominio della tecnologia e del mondo virtuale, prende sempre più piede una forma più elaborata e ragionata di autolesionismo, quello digitale.
In tutto il mondo gli adolescenti hanno da subito trovato nei social media e nelle piattaforme online uno strumento privilegiato per esprimersi e esplorare la loro identità. Questa libertà e facilità di interazione, è risaputo, può portare a comportamenti rischiosi, soprattutto quando i ragazzi sono ancora molto giovani, inesperti e fragili, e quando la supervisione da parte degli adulti è limitata o inesistente.
L'autolesionismo digitale è una tendenza recente ed emergente in cui le persone pubblicano o condividono anonimamente contenuti offensivi su se stessi online. Questo comportamento può essere scambiato per maltrattamento da parte di altri. Però in questo caso l'autore e la vittima sono la stessa persona.
Identificato per la prima volta nel 2010, l'autolesionismo digitale non ha ricevuto finora la stessa attenzione di ricerca e accademica di altre forme di autolesionismo, e non è stato, nella maggior parte dei casi, adeguatamente compreso e affrontato dagli adulti che lavorano con i giovani.
Per indagare questo problema crescente, i ricercatori della Florida Atlantic University e dell'Università del Wisconsin-Eau Claire hanno realizzato tre analisi nazionali indipendenti (2016, 2019 e 2021) su adolescenti negli Stati Uniti di età compresa tra 13 e 17 anni, per valutare la prevalenza dell'autolesionismo digitale.
Hanno esplorato due misure di autolesionismo digitale: se gli adolescenti avessero pubblicato anonimamente qualcosa di offensivo su se stessi online e se mai si fossero anonimamente cyber-bullizzati online.
I risultati dello studio, pubblicati nel Journal of School Violence, rivelano che una proporzione significativa dei giovani statunitensi è stata coinvolta nell'autolesionismo digitale. Tra il 2019 e il 2021, circa il 9-12% degli adolescenti statunitensi di età compresa tra 13 e 17 anni si è impegnato nell'autolesionismo digitale, un aumento di oltre l'88% rispetto al 2016.
Questa traiettoria ascendente, in particolare tra gruppi demografici specifici, evidenzia la necessità di interventi mirati e sistemi di supporto, specialmente dato che la ricerca ha mostrato una forte associazione tra autolesionismo digitale e autolesionismo tradizionale, nonché tra autolesionismo digitale e rischio suicidario.
Lo studio attuale ha incluso tre variabili demografiche: genere, etnia e orientamento sessuale, e ha anche esaminato se i giovani che hanno subito cyberbullismo fossero più inclini a impegnarsi nell'autolesionismo digitale. Il cyberbullismo è stato definito come l’azione di quando qualcuno molesta, maltratta o prende in giro ripetutamente un'altra persona (con l'intento di ferirla) online o mentre utilizza telefoni cellulari o altri dispositivi elettronici.
Tra i principali risultati dello studio:
Nel 2016, il 6,3% degli studenti ha pubblicato anonimamente contenuti offensivi su se stessi online, mentre il 4,1% si è anonimamente cyber-bullizzato. Gli studenti maschi erano più inclini delle femmine a cyber-bullizzarsi anonimamente. Gli studenti non eterosessuali erano significativamente più propensi degli studenti eterosessuali a impegnarsi in entrambe le forme di autolesionismo digitale.
Nel 2019 le percentuali sono aumentate, con il 9% che pubblicava anonimamente contenuti offensivi e il 5,3% che si cyber-bullizzava anonimamente. I giovani non eterosessuali continuavano a mostrare tassi più elevati di autolesionismo digitale.
Nel 2021, le percentuali sono ulteriormente aumentate, con l'11,9% dei ragazzi che pubblicava anonimamente contenuti offensivi e il 9,3% che si cyber-bullizzava. Le femmine e i giovani non eterosessuali erano significativamente più inclini a impegnarsi nell'autolesionismo digitale.
Gli studenti che hanno subito cyberbullismo avevano da cinque a sette volte più probabilità di essersi auto-lesionati digitalmente rispetto agli studenti che non erano stati cyber-bullizzati.
Anche se non c'erano differenze razziali costanti in tutti gli anni, gli studenti provenienti da contesti etnici diversi dai bianchi erano più propensi a pubblicare anonimamente cose offensive su se stessi online. Gli studenti ispanici, in particolare, erano molto più inclini degli studenti bianchi a farlo.
Le femmine e i giovani non eterosessuali sono costantemente più dedite all'autolesionismo digitale rispetto ai maschi e ai giovani eterosessuali. I giovani non eterosessuali mostrano in particolare una probabilità significativamente più alta di partecipare a entrambe le forme di autolesionismo digitale in tutti gli anni presi in considerazione dai ricercatori.
"L'autolesionismo digitale è stato collegato a problemi importanti come bullismo, depressione, disturbi alimentari, autolesionismo fisico, disturbi del sonno e persino tendenze suicide" ha affermato Sameer Hinduja, Ph.D., coautore, professore presso la School of Criminology and Criminal Justice del FAU's College of Social Work and Criminal Justice
"Con l'aumento dell'attenzione globale da parte dei professionisti che lavorano con i giovani su questo fenomeno, è chiaro che l'autolesionismo digitale rappresenta una questione significativa di salute pubblica che merita ulteriori ricerche per identificare soluzioni che possano servire come fattori protettivi per prevenire la sua incidenza e il suo impatto".
Sono state precedentemente identificate diverse motivazioni che contribuiscono all'autolesionismo digitale, come l'odio verso se stessi, o il cercare attenzione, il desiderio di sembrare cool, il voler mostrare resilienza e forza, o il lanciare un grido di aiuto.
"È cruciale comprendere perché i giovani si impegnano nell'autolesionismo digitale e aiutarli a sviluppare meccanismi di coping più sani" dice il professor Hinduja.
"Inoltre, è essenziale che genitori, insegnanti, educatori e professionisti della salute mentale che lavorano con i giovani estendano il supporto a tutte le vittime di abuso online in contesti informali e conversazionali, nonché in contesti formali e clinici".