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Adolescenti: dall’andrologo contro infertilità e disturbi sessuali
http://www.bimbisaniebelli.it/bambino/12-16-anni/adolescenti-dallandrologo-65190
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L'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia rappresenta il proprio sconcerto per il contenuto dell’articolo apparso su Repubblica il 7 ottobre 2016 a firma di Giuliano Foschini, dal titolo "Minori a rischio, gli
sprechi delle coop".
Prescindendo dai dati riportati in modo apodittico e senza riferimento alle fonti, ci preme soprattutto ribadire con forza che i giudici onorari che compongono per legge il collegio giudicante nei Tribunali per i Minorenni non hanno alcuna
autonomia decisionale né in campo penale né in campo civile, con la conseguenza che ogni scelta di collocamento in comunità è assunta sempre in modo rigorosamente collegiale, salvo nel caso in cui la misura sia applicata dal GIP, magistrato togato che decide in via monocratica.
Per di più, quand’anche il Tribunale decida di collocare il ragazzo in comunità, la struttura viene individuata dai servizi sociali o sanitari che fanno capo agli enti locali, ovvero nel penale da organismi ministeriali.
Un giudice onorario pertanto non può mai decidere dove collocare un minore. Il contenuto dell'articolo delegittima una componente fondamentale dell’organo giudicante in materia minorile, e le accuse relative a possibili interessi economici di giudici onorari rispetto ai collocamenti di minori in comunità, pur molto utilizzata da alcuni media, sono infamanti e generiche, tanto più che vi sono regole precise sulle incompatibilità dettate dalle circolari del Consiglio Superiore della Magistratura la cui eventuale violazione va denunziata in modo circostanziato nelle sedi opportune.
Diversamente si tratta di aggredire gratuitamente un'intera categoria senza che possa esservi difesa.
Non deve dimenticarsi che l’alta specializzazione e la competenza nelle scienze umane dei giudici onorari consente alle Autorità Giudiziarie minorili di adottare collegialmente le scelte più confacenti a perseguire il migliore interesse del
minore, come ha più volte ritenuto necessario la stessa Corte Costituzionale.
Il Segretario Generale Il Presidente
Susanna Galli Francesco Micela
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Oggetto: articolo “Minori a rischio, gli sprechi delle coop”
Egregio Direttore,
condividiamo lo stupore e lo sconcerto già a Lei manifestati dall’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF) per il tono e i contenuti dell’articolo “Minori a rischio, gli sprechi delle coop”, apparso su “la Repubblica” il 7 ottobre scorso, a firma di Giuliano Foschini.
“Un business grande quanto, se non più, quello dell’immigrazione”, dichiara l’autore del testo senza esitazioni. Già questo ci pare infamante: paragonare il lavoro realizzato con professionalità e dedizione da tantissime organizzazioni del terzo settore, a volte da più di 30 anni, con la situazione intollerabile, più volte denunciata anche dalla nostra Federazione, che si è creata in Italia nell’accoglienza delle persone migranti – con persone stipate in alberghi, palestre e quant’altro, solo per accrescere numeri e profitti – denota una scarsa conoscenza del settore.
In verità di business, nell’accoglienza dei minori, ce n’è ben poco. Le rette – che sono generalmente, in tutta Italia, inferiori ai 130 euro al giorno per persona (non ce n’è una sola che ne prenda 500) – spesso non riescono a coprire nemmeno i costi per le attività ritenute qualificanti dagli addetti ai lavori. Inoltre, a causa dei noti problemi finanziari in cui versano Comuni e Regioni, i pagamenti arrivano generalmente in ritardo, in alcune regioni anche dopo 24 mesi, costringendo le organizzazioni di terzo settore a indebitarsi per far fronte alle spese da sostenere. Fa, insieme, sorridere e arrabbiare che siano accusate di fare business persone – come la quasi totalità degli operatori impegnati nelle comunità – che guadagnano cifre davvero modeste. Abbiamo l’impressione che la vicenda di Salvatore Buzzi – non casualmente citato nell’articolo – abbia indotto, non solo nell’autore dell’articolo citato, una rappresentazione del tutto sbagliata della realtà del nostro mondo.
Per quanto riguarda, poi, la questione dei giudici onorari, ci pare che la lettera dell’AIMMF abbia ben chiarito le cose. Forse, se il giornalista avesse sentito qualche organizzazione attiva in quest’ambito o la stessa AIMMF l’articolo ne avrebbe guadagnato in completezza ed esattezza.
Per parte nostra, insieme ad altre organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti dei minorenni, abbiamo promosso qualche tempo fa l’iniziativa “#5buoneragioni per accogliere i bambini e i ragazzi che vanno protetti”, che si rivolgeva proprio ai mass media e all’opinione pubblica per spiegare loro la situazione in cui si trovano i minorenni allontanati dal proprio nucleo familiare, le comunità per minori e, più in generale, l’intero sistema che si fa carico di questi bambini e ragazzi.
A questo indirizzo web http://www.cnca.it/comunicazioni/comunicati-stampa/2154-lanciato-anche-a-trento-il-manifesto-5buoneragioni trova una presentazione della nostra iniziativa, che ha toccato varie città italiane, e soprattutto, in fondo al testo, diverse slide scaricabili che forniscono i dati corretti del fenomeno. Mi permetto di segnalarLe, in particolare, le slide sulle comunità nelle quali è affrontata – in modo molto dettagliato, cifre alla mano – la questione dei costi e delle rette delle strutture di accoglienza per minori.
Proprio per aiutare i lettori del Suo quotidiano – una testata che abbiamo sempre apprezzato per l’impegno civile che la anima, oltre che per l’elevato livello giornalistico che la contraddistingue – a comprendere davvero la realtà dei minorenni “fuori famiglia”, Le saremmo grati se potessimo far sentire la nostra voce in un altro servizio dedicato al tema.
In attesa di un Suo gentile riscontro, La salutiamo cordialmente
Don Armando Zappolini
Presidente Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA)
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Caro direttore,
sono magistrato da oltre 35 anni e da quasi metà di questi ho esercitato le mie funzioni nella giustizia minorile: da sette anni sono Presidente del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro.
Dopo aver letto l’articolo di Giuliano Foschini, apparso su Repubblica del 7 ottobre scorso, ho avvertito un profondo senso di sconcerto unito a disappunto per i toni di accusa particolarmente allarmistici e, direi, quasi inquisitori, nonché per i contenuti semplicistici che, in poche battute, condannano senza spiragli una intera categoria, quella dei giudici onorari, ricollegando alle loro azioni le cause di un fenomeno complesso (quello degli appalti relativi ai servizi di gestione delle comunità di accoglienza dei minori).
Questa lettera è doverosa per me: non cogliere e non segnalare le generalizzazioni fuorvianti contenute nell’ articolo di Foschini e che hanno occupato una intera pagina del Suo giornale, significherebbe tradire le funzioni di Presidente di un Tribunale per i Minori del Sud in cui lavorano, insieme a cinque togati, 24 giudici onorari. Piuttosto devo precisare che sono molto orgoglioso del gruppo di miei colleghi onorari che mettono a disposizione professionalità e tempo a servizio della missione affidata al Tribunale per i minori.
Il nostro ordinamento, invidiatoci da tutto il mondo e recentemente preso a modello dall’Unione Europea, prevede che essi, quali psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, medici, sociologi svolgano una funzione indispensabile, collaborando all'espletamento di istruttorie complesse che richiedono competenze specialistiche e partecipino attivamente, insieme ai giudici togati, all'assunzione di decisioni mirate al "migliore interesse del minore”.
Sicuramente nel Tribunale che ho il privilegio di dirigere non trova alcun riscontro l'affermazione di Foschini circa la possibilità che giudici onorari coinvolti nella amministrazione di case famiglia abbiano la possibilità di orientare l’inserimento di minori, perseguendo un loro interesse patrimoniale.
Ciò non è l'effetto di una mia particolare e oculata gestione, ma scaturisce da norme organizzative di grado primario o secondario che disciplinano lo svolgimento dell'attività giudiziaria e le incompatibilità dei gg oo.
Per sintetizzare: 1) non ci sono, in accordo con le vigenti direttive del CSM, giudici onorari responsabili di case famiglia, 2) non spetta al tribunale, e tanto più ai giudici onorari, individuare le strutture di accoglienza dei minori. Dal prossimo triennio perfino (e non se ne sentiva il bisogno) essere dipendente di una struttura di accoglienza di minori diventerà incompatibile con la funzione di giudice onorario.
Inoltre, gli esperti chiamati alla funzione di GO sono retribuiti per una presenza giornaliera (non inferiore a tre ore, di regola ampiamente superate), con un gettone di 98 € lordi dunque ca 75 nette, escluse, per chi raggiunge la sede del tribunale da lontano (e non sono pochi), le spese di viaggio.
Chi sollecita la sparizione dei componenti onorari dovrebbe considerare, quale elemento di valutazione comparativa, che le spese complessive sostenute da un Tribunale quale quello che io presiedo (che tratta alcune migliaia di procedure all’anno, nel 2016 ad oggi 11/10, sono gia’ quasi tremila) per le retribuzioni dei 24 GO, tutte sommate (dati del 2015), equivalgono all’impegno finanziario che lo Stato sostiene per due giudici togati.
Eppure, dopo quanto rappresentato, confido che Foschini avrà avuto i suoi buoni motivi per scrivere che <<I giudici onorari che decidono invece il destino di quei ragazzini sono spesso presidenti, componenti del consiglio di amministrazione, soci delle stesse coop dove poi vengono affidati i minori. Loro decidono, in sostanza, e loro incassano. Non poco: la diaria in media di una casa famiglia è di 130-150 euro al giorno, ma si arriva anche a 500.>>. Certo è che non ha indicato alcun caso specifico, ha formulato accuse del tutto generiche che, infamando tutti, offendono profondamente anche coloro i quali si spendono con onestà e dedizione nel loro servizio.
Tanto premesso, ritengo che il giornale da Lei diretto, che leggo fin dal primo numero, abbia il dovere di risarcire coloro che non meritano di essere denigrati e che, piuttosto, debba essere interesse di una testata nazionale quella di svolgere una seria inchiesta per approfondire il funzionamento di una istituzione quale il Tribunale per i Minori che è chiamato ad inverare una delle funzioni principali della nostra società, cioè la tutela dell’infanzia. Ritengo che sia suo dovere promuovere, a questo punto, l’invio di giornalisti professionisti presso quanti Tribunali per i minori intenderanno collaborare con una seria inchiesta giornalistica che approfondisca la conoscenza della giustizia minorile e verifichi la fondatezza di storture così gravi. Anticipo la mia disponibilità.
Luciano Trovato
Presidente del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro
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Il bullismo è per i perdenti
http://corrierediarezzo.corr.it/news/vietato-dire-non-ce-la-faccio-piu/233793/il-bullismo-e-per-i-perdenti.html
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Roma, 30 settembre 2016
La pena deve aiutare gli autori di reato a riconsiderare criticamente ciò che hanno fatto e a ricostruire i legami del reo con la comunità e, ove possibile, con la vittima. Questo l'intento della "giustizia riparativa", oggetto di discussione a Rimini, ieri e oggi, in un seminario organizzato dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) con il titolo: "La pena oltre il carcere: territorio, comunità e mediazione". All'incontro hanno partecipato circa 150 persone, operatori del terzo settore e dei servizi pubblici, componenti degli Uffici per l'esecuzione penale esterna (Uepe) e garanti dei diritti dei detenuti. Sono intervenuti, fra gli altri: Gherardo Colombo, Lucia Castellano (D.a.p. - Direttore generale esecuzione penale esterna e di messa alla prova), Isabella Mastropasqua (Dirigente
L'evento ha avuto un momento di grande emozione nel racconto dell'esperienza di un gruppo di persone composto da vittime del terrorismo ed esponenti della lotta armata: Agnese Moro (figlia dello statista assassinato dalle Brigate rosse), Franco Bonisoli (ex esponente delle Br), Giorgio Bazzega (figlio del maresciallo di pubblica sicurezza Sergio Bazzega, ucciso dal Br Walter Alasia) e Maria Grazia Grena (ex aderente a Prima Linea) e Annalisa Zamburlini (uno dei facilitatori del gruppo). Un'esperienza di cui si rende conto nel volume "Il libro dell'incontro", curato dal padre gesuita Guido Bertagna (presente anch'egli al seminario), il criminologo Adolfo Ceretti e la giurista Claudia Mazzucato, tutti facilitatori di questo straordinario percorso di incontro e riconciliazione, assai impegnativo e duro per chi vi ha partecipato, che ha permesso loro non di cancellare quello che è successo, ma di poterlo rielaborare con una consapevolezza e una serenità prima impensabili.
Di grande interesse anche l'esperienza realizzata al carcere di Nuchis, grazie alla quale è stata coinvolta tutta la comunità di Tempio Pausania, dove il penitenziario ha sede, in un percorso di incontro con i detenuti, molti dei quali condannati per reati di mafia, e quella della mediazione penale itinerante in Basilicata. A illustrare il caso del carcere di Nuchis Carla Ciavarella, ora dirigente del D.a.p. ma ex direttrice e artefice dell'esperimento di Tempio Pausania, e Patrizia Patrizi, docente all'Università di Sassari ed esperta di giustizia riparativa.
"E' stato un incontro molto intenso e partecipato", dichiara don Armando Zappolini, presidente nazionale del CNCA, "che ha visto insieme, a riflettere e discutere su una questione nuova e fondamentale, esponenti del pubblico e del terzo settore. Verifichiamo, purtroppo, ancora una volta l'assenza della politica su un tema sociale importante. Siamo orfani della politica, in tutte le questioni di cui ci occupiamo, mancano visione e progettazione politiche. Questi due giorni hanno permesso di comprendere in modo inequivocabile che il carcere deve essere inteso come extrema ratio e non come risposta 'normale' di fronte ai reati. Concordiamo con quanto qui detto da Gherardo Colombo sul fatto che, per affermare una giustizia riparativa, sia necessario un lavoro culturale rivolto all'opinione pubblica, sedotta spesso dall'idea di un carcere che 'butta via le chiavi'. Così come siamo convinti che questa prospettiva pone domande forti di cambiamento anche al terzo settore, che deve rispondere a determinati requisiti per porsi come partner della magistratura e dei servizi sociali nel costruire risposte di giustizia riparativa. In tal senso,chiediamo al ministro della Giustizia di far proprie le conclusioni del tavolo di lavoro sulla 'giustizia comunitaria' attivato all'interno degli Stati generali dell'esecuzione penale e coordinato proprio da Colombo, che ha prodotto persino un articolato di legge che ci pare un contributo fondamentale per riformare l'esecuzione delle pene."
"Per tutte queste ragioni", conclude il presidente del CNCA, "riteniamo anche che sia assolutamente sbagliato abolire i Tribunali per i minorenni, come previsto nel testo di riforma della giustizia approvato alla Camera dei deputati. La giustizia minorile, per come funziona in Italia, ha già sviluppato una sensibilità e un'esperienza, con l'istituto della messa alla prova e i progetti individualizzati, che l'avvicinano fortemente all'approccio della giustizia riparativa. Un patrimonio che andrebbe completamente disperso nei tribunali ordinari, senza figure specializzate."
Info:
Mariano Bottaccio – Responsabile Ufficio stampa
Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA)
tel. 06 44230395/44230403 – cell. 329 2928070 - email:
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I giovani e la famiglia: 7 milioni di under35 a casa con i genitori
http://www.panorama.it/economia/i-giovani-e-la-famiglia-7-milioni-di-under35-a-casa-con-i-genitori/
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Cantelmi: «Per aiutare i giovani dobbiamo rieducare gli adulti»
http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/Cambiare-i-giovani-No-sono-gli-adulti-che-vanno-rieducati---3.aspx
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Famiglie in difficoltà, quando il rientro a scuola è senza libri
http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/514831/Famiglie-in-difficolta-quando-il-rientro-a-scuola-e-senza-libri