“La legge delega di ‘riforma del terzo settore’ approvata alla Camera e in attesa di voto al Senato, è una legge che, di fatto, non promuove l’espansione dell’intervento sociale e dei diritti né garantisce tutele maggiori per il lavoro sociale che, nel nostro paese, interessa un milione di lavoratori e lavoratrici, e oltre 4,5 milioni di volontari”. Questa l’opinione di Don Armando Zappolini, presidente del CNCA – Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, una federazione di oltre 250 gruppi operanti nel settore del sociale che raccoglie nel suo complesso oltre 10.000 dipendenti e 6.000 volontari.
Zappolini, che domenica 6 settembre parteciperà a Lucca all’annuale appuntamento di fine estate, che il Centro Nazionale per il Volontariato e la Fondazione Volontariato e Partecipazione dedicano all’analisi e all’approfondimento, nella Tavola Rotonda ‘Prospettive di cambiamento. I prossimi appuntamenti del volontariato’, riporterà in quella sede le preoccupazioni che la federazione che rappresenta avverte rispetto alla discussione in corso in Parlamento su questo tema: “Il testo affronta alcuni nodi che ci stanno a cuore: dal servizio civile universale, alla migliore definizione del 5 per 1000, alla possibilità di utilizzo dei beni pubblici. Molto spesso però tali temi sembrano essere solo ‘annunciati’ e non viene affrontato in maniera seria il tema economico e la necessità di modalità di finanziamento strutturali che queste azioni hanno. La proposta di legge di riforma del Terzo Settore allude alla costruzione di un welfare basato sulle prestazioni individuali, casomai monetizzate (i voucher), quando in realtà abbiamo un grande bisogno di interventi integrati, diffusi, territoriali, in grado di ricostruire relazioni tra le persone e diffondere la coesione sociale. Per fare questo ci vuole più Stato, più società civile organizzata, più risorse. Ci vuole la capacità di una riorganizzazione della funzione pubblica diffusa che integri ruolo e compiti istituzionali con l’esperienza, la passione, la progettualità della cittadinanza attiva e organizzata”.
Il nodo critico a cui si riferisce il presidente del CNCA riguarda il capitolo della proposta di legge che interessa l’impresa sociale: “La proposta di legge, invece di rilanciare su questi grandi temi e ricostruire una visione comune, investe e si concentra sull'impresa sociale, un soggetto giuridico che, nell’idea del legislatore, sia capace di sintonizzarsi con il profit e per il profit a cui appaltare rilevanti risorse e attività dello stato sociale. Con questa impostazione finiscono per avere un ruolo marginale il volontariato, l’associazionismo e in particolare la nostra storia di cooperazione sociale, che rappresenta un patrimonio positivo per tutto il paese e che invece dovrebbe essere utilizzata come fondamento per la ricostruzione di un nuovo patto sociale. Non possiamo accettare la visione paternalistica che unisce l’enfasi della ‘bontà del dono’ alla logica del profitto, dell’impatto sociale con la distribuzione degli utili!”.
Zappolini evidenzia come il CNCA sia stato in questi mesi una voce fuori dal coro e sottolinea come “abbiamo cercato di costruire, con proposte e volontà di collaborazione, un percorso critico rispetto a un testo, che troppo velocemente è stato salutato come salvifico ma ci siamo scontrati con una scarsa volontà di ascolto. Siamo consapevoli che il periodo storico che stiamo attraversando ci pone sfide e obiettivi differenti dal passato: la povertà, la concentrazione delle ricchezze, l’invecchiamento della nostra popolazione, l’arrivo di migranti, la disoccupazione di massa, sono temi che chiamano tutti all’innovazione e a pensare interventi diversificati, che però non devono e non possono prescindere dalla necessità di ampliare le tutele e di riconoscere i diritti in senso universalistico”.
Il presidente del CNCA alla ripresa dei lavori parlamentari sul progetto di legge di Riforma del terzo settore auspica, ancora una volta, che si possa invertire la rotta rivolge un APPELLO “a tutti coloro che, a vario titolo, credono ancora in una cultura che riconosce nella restituzione dei diritti per tutti, un principio assoluto di eguaglianza, di solidarietà e per il ‘pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese’. Auspichiamo che, in questo tempo che ci resta di discussione al Senato della riforma, ci sia un’inversione di tendenza rispetto al testo, che se passasse così come è oggi, significherebbe l’azzeramento delle forme di mutualismo e della sussidiarietà orizzontale e attiva”.
Roma, 4 settembre 2015
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