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Lo tsunami virtuale (Volpi, 2014) che ha investito capillarmente le nuove generazioni si è intessuto in modo preponderante all’interno di un’area da sempre onnipresente soprattutto e, in particolar modo, nell’ambito delle complesse e repentine dinamiche adolescenziali: l’area del bullismo.

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In effetti questa modalità comportamentale e le sue manifestazioni risultano essere l’espressione di un malessere sociale largamente diffuso, sinonimo di un disagio relazionale che viene a manifestarsi soprattutto tra giovani e adolescenti, ma non è di certo solamente circoscritto a particolari categorie sociali, né a fasce d’età specifiche.

Molto spesso il fenomeno del bullismo viene misconosciuto, sia da coloro che lo attuano (i cosiddetti bulli), che ne temono, anche se in numero sempre più minoritario,  le conseguenze a livello giudiziario, sia per le vittime, che lo subiscono a causa di  un’eccessiva insicurezza caratteriale che può sfociare in sintomatologie di tipo depressivo e spesso, come purtroppo si legge con sempre maggiore incidenza nei fatti di cronaca, in drammatici esiti suicidari.

Nel teatrino della messa in scena di questa deleteria modalità relazionale, oltre al bullo e alla vittima, possiamo individuare altre quattro tipologie di  ruoli differenti:

  • l’aiutante: colui che sostiene il bullo agendo in modo prepotente, con una posizione secondaria nel gruppo;
  • il sostenitore: colui che agisce in modo da rafforzare il comportamento del bullo, incitandolo o semplicemente osservando la sua azione senza bloccare l’aggressione;
  • il difensore: che agisce a sostegno della difesa della vittima, consolandolo o cercando di porre fine alle prepotenze;
  • l’esterno: colui che cerca di rimanere fuori la situazione di prepotenza.

Il gruppo determina la cristallizzazione del ruolo di aggressore e di vittima, mitizzando e proteggendo il bullo, che spesso nel difensivo evitamento delle falle narcisistiche tipiche del processo adolescenziale, viene idealizzato, mal tollerando invece la fragilità della vittima che evoca invece inevitabili rispecchiamenti di delicate e difficili fragilità personali.


tra gli adolescenti sembra imperversare il pubblico dominio
delle informazioni di carattere privato e personale


Con la diffusione delle nuove tecnologie, il bullo ha trovato nel cyberspazio un nuovo luogo per esprimersi, utilizzando tecniche più disparate che variano dall’inviare messaggi di testo minacciosi, dal postare commenti in modo aggressivo sui siti dei Social Network, da ignorare qualcuno nei giochi multi-player, o nelle chat di Facebook, ad inviare messaggi volgari via IM, a spiare con capillare ossessività sfiorando i limiti dello stalker i profili personali di What’us up o Istagram (tab. 1).

Occorre considerare, nell’ottica del digital device, che mentre gli adulti combattono per affermare e far valere sempre più il proprio diritto alla riservatezza, tra gli adolescenti sembra imperversare il pubblico dominio delle informazioni di carattere privato e personale. Alla domanda “ti è mai capitato di trovare online….” le risposte degli adolescenti italiani (Rapporto Eurispes-Telefono Azzurro, 2012) hanno evidenziato i seguenti contenuti: foto o video imbarazzanti che ritraggono i coetanei (40,1%), foto personali che per quanto non imbarazzanti non avevano ricevuto una preventiva autorizzazione ad essere messe online (32,2%), pettegolezzi o falsità sul proprio conto (23,6%), foto o video imbarazzanti che ritraggono altri adulti di loro conoscenza (20,8%), foto personali che hanno creato loro imbarazzo (20,5%), foto o video imbarazzanti riguardanti i loro insegnanti (17,5%), frasi che rivelano loro fatti personali (16,8%), video non imbarazzanti, ma che non avevano autorizzato a mettere online (16,6%) e video spiacevoli in cui erano presenti (11,1%). Gli adolescenti riferiscono che ai propri amici è capitato di esporsi a rischi per aver inviato via Internet le proprie password (16,9%) e il proprio numero di cellulare (11,8%). Il 7,5% delle situazioni spiacevoli sperimentate indirettamente dai ragazzi riguarda l’invio online di foto di persone nude, il 6,9% di foto di se stesso nudo, il 5,2% del proprio indirizzo di casa, il 2,9% del numero di carta di credito.

Tab. 1 Principali Modalità di espressione del Cyberbullismo

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Occorre considerare che la comunicazione virtuale, avendo la possibilità di essere espressa in modo anonimo (come ad esempio sul Social Network Ask, dove possono essere inviati messaggi e domande garantendo l’anonimato), può accrescere la forza del bullo che si sente maggiormente deresponsabilizzato e libero di esprimere la propria aggressività, mentre dalla parte della vittima  occorre evidenziare che la pervasività dei messaggi rimane iscritta in modo indelebile nei profili personali degli utenti per un tempo infinito che può assumere il tratto stigmatizzante della vergogna per le personalità più deboli.

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Il bullismo virtuale, inoltre, può essere nascosto al mondo degli adulti con maggiore facilità, proprio a causa del divario generazionale, portando in tal modo ad un dilagare sempre più massiccio di violenza, anche a sfondo sessuale (vedi sexting), in cui la violazione della privacy sembra assumere un ruolo sempre più capillare. L’inserimento della fotocamera digitale nel telefonino ha incrementato ulteriormente la dimensione del problema. L’era digitale sembra caratterizzarsi dall’impellente bisogno di “fissare l’immagine”, caricata di condensati emotivi-affettivi, sui quali verranno depositate le aspettative, le conferme, le disillusioni di una generazione che fotografa le vicende che vive allo scopo di condividerne il significato collettivamente, creando in tal modo un “senso condiviso” che fornisce significato all’esperienza stessa.  In questa ricerca di “senso condiviso” gli adolescenti utilizzano spesso, anche durante l’orario scolastico, il telefonino per fare foto o filmati della vittima designata in situazioni imbarazzanti, mentre mangia, mentre sbadiglia, mentre è in bagno o si cambia nella palestra della scuola.  Considerando il livello di sofisticazione dei cellulari moderni che permettono di modificare foto, alterare immagini reali, e inviarle tramite SMS, MMS, e-mail, nelle wall di Facebook depositandole nella Rete, possiamo comprendere gli effetti deleteri e pericolosi di un agire tanto incauto.


la base sicura genitoriale permette all’adolescente di esplorare
l’ambiente esterno nella complessa intersezione tra real e virtual life


 Le azioni che il cyberbullo mette in atto tramite nel caleidoscopico Web sono rivolte ad:

  • offendere, inveire contro qualcuno usando un linguaggio volgare o offensivo;
  • molestare, con messaggi offensivi e con insulti;
  • appropriarsi dell’identità altrui, entrando nel profilo personale di una persona, inviando messaggi a suo nome con lo scopo di mettere in cattiva luce o rovinare le amicizie;
  • diffondere informazioni riservate, divulgando via Web informazioni personali, segreti, o immagini intime  a contenuto sessuale;
  • escludere l’amico intenzionalmente qualcuno da un gruppo on line, come dalla lista di amici su Facebook;
  • perseguitare qualcuno inviando messaggi minacciosi che possano fargli temere pericoli per la propria incolumità.

Al di là dell’apparente forza espressa dal bullo, occorre mettere in evidenza il livello di vulnerabilità, sia di coloro che subiscono gli atti di cyberbullismo, sia di coloro che lo attuano, in quanto entrambe i casi risultano essere  adolescenti con bassi livelli di autostima, che sviluppano idee suicidarie fino ad arrivare ad atti suicidari veri e propri (Hinduja, & Patchin, 2010).

Allo scopo di prevenire esiti drammatici nelle vite di nostri ragazzi, occorre segnalare l’importanza della base sicura genitoriale, che permette all’adolescente di esplorare l’ambiente esterno nella complessa intersezione tra real e virtual life, con la consapevolezza di poter rivolgersi con fiducia ai propri genitori in caso di necessità, sapendo di essere compresi e capiti senza essere colpevolizzati e giudicati.

Occorre a tale proposito sviluppare una vera e propria “genitorialità digitale” (Volpi 2014) che permette ai genitori, per mezzo di un dialogo affettivo attento e responsivo di captare, comprendere e condividere insieme ai propri figli i rischi e la pericolosità che una navigazione in rete senza controllo può comportare e di intervenire precocemente per evitare esiti drammatici, sia per la vittima che per il bullo ma in assoluto per l’intera società.  

Barbara Volpi
Psicologa, specialista in Psicologia clinica, Phd in Psicologia Dinamica e Clinica - collabora con il Dipartimento di Psicologia dinamica e clinica della Sapienza - Università di Roma. È membro dell’Italian Scientific Community on Addiction della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento Politiche Antidroga e Socio Fondatore della SIRCIP (Società Italiana di Ricerca, Clinica e Intervento sulla Perinatalità). È docente al Master biennale di II livello sul Family Home Visiting presso la Sapienza e dell’ Accademia di Psicoterapia Psicoanalitica di Roma. È autrice di numerose pubblicazioni e articoli scientifici. Tra le sue pubblicazioni recenti: «Gli adolescenti e la rete» (Carocci, 2014) e per il Mulino «Family Home Visiting» (Tambelli, Volpi, 2015), «Genitori Digitali» (Volpi, 2017), «Che cos'è la cooking therapy» (Volpi, 2020), «Docenti Digitali» (Volpi, 2021), «I disturbi psicosomatici in età evolutiva» (Volpi, Tambelli, 2022) Per informazioni scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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