“Eccomi! Mi vedo per la prima volta allo specchio, lo tocco mi riconosco e cerco di spingere il mio naso che è cosi strano in quanto la mamma ne ha colorato la punta di rosso come il clown che ho visto l’altro giorno con papà alla festa di Simone”.
Come ci ha insegnato magistralmente Daniel Stern nel Diario di un bambino (Oscar Mondadori, 1999), nel mettersi nella testa dei bambini, questo potrebbe essere il dialogo interno di Sara, una bambina molto piccola che per la prima volta riesce a riconoscersi allo specchio.
Il classico esperimento di psicologia che serve a rilevare il momento in cui viene acquisita l’immagine di sé stessi (che corrisponde all’incirca a 18 mesi) assume oggi nell’era di Internet una valenza educativa e riflessiva di primaria importanza.
La piccola Sara ci fornisce inconsapevolmente un piccolo suggerimento che può aiutarci a proteggerci dai danni che un agire poco consapevole e troppo istintivo nel gioco degli specchi della rete può generare in relazione soprattutto al suo ruolo di catalizzatore affettivo e di amplificatore emozionale che è nascosto sinuosamente dietro ai touch-screen più sofisticati.
Sara che si vede e per la prima volta capisce che quella bimba con gli occhi azzurri e il caschetto di capelli biondi che le cascano come fili d’oro sul volto è proprio lei. E tocca lo specchio estasiata come per dire: “eccomi sono io, imparo a conoscermi finalmente” e lo sguardo complice verso la madre sembra dire: “io mi sono scoperta ora, tu mamma già mi conoscevi”.
Forse i questo mettersi nei panni della piccola Sara, nell’afferrare con mano il suo entusiasmo e la sua scoperta dell’immagine di Sé, primo Selfie condiviso insieme alla mamma, alcuni genitori poco consapevoli che pubblicano in rete l’immagine dei propri figli prima ancora che loro stessi possano riconoscersi, possono interrogarsi un attimo rispetto ad un agito che nella dopaminica ricerca di like non avevano preso ancora in considerazione.
Sara si scopre, condivide con la sua figura di riferimento la gioia e l’emozione di riconoscersi e nel return materno si gettano le basi per il riconoscimento affettivo di un Sé che cresce e si sviluppa in modo armonico e sicuro.
Forse allora conviene proteggere questo momento e garantire la riservatezza di una privacy familiare di scambi co-costruiti che nella traiettoria di sviluppo della digitalità (Volpi, 2017) sono alla base di una salutare gestione della futura identità digitale.
Come in ogni agire educativo la prevenzione parte dall’infanzia e la corretta gestione dell’identità digitale da parte degli adolescenti non può non tener conto dell’acquisizione e dell’appropriazione della stessa da parte dei loro genitori (senza tener conto, in questa sede del rischio della pedopornografia).
DOPO:
Maria, Lorenzo, Marco, Ilaria, sono dei ragazzi tra gli 12 e i 14 anni che hanno iniziato da poco ad utilizzare i Social, Instagram, Facebook, a comunicare su WhatsApp scambiando principalmente immagini, audio e emoticons. Stanno attraversando la terra di mezzo, quella che vedrà la loro trasformazione da bruco a farfalla e che permetterà di spiccare il volo dal nido accogliente ed ovattato costruito con sacrificio dai loro genitori (anche se questo sacrificio verrà riconosciuto ed eventualmente valorizzato solo molto tempo dopo).
Trasformazione a volte lenta, altra più veloce che è segnata di nuovo dal loro riconoscersi allo specchio. Nell’era di Internet però il vecchio specchio della cameretta, o dei quesiti alle amiche del cuore sul come vestirsi e cosa indossare per la serata di fine anno, si è trasferito nel Web che espande l'immagine, la diffonde, la esaspera, le fa assumere toni e valenze diverse che si caricano di sguardi e di commenti di persone e amici che magari non ho mai avuto modo di guardare direttamente negli occhi, e il cui giudizio può bruciare e rimanere indelebile sul mio personale ed intimo processo di acquisizione dell’immagine di me stesso.
Ecco allora che da scrutatore ed osservatore, anche intimorito e spaesato delle mie trasformazioni fisiche che sigillano il mio passaggio da bambino ad adulto, mi vedo trasformato in un di contabile spasmodico di Like online per verificare l’appeal che la mia immagine ha riscosso negli altri. Più Like collezione più sono apprezzato; pubblico quindi sono e più sono più Like o emoticons interattivi riesco a collezionare.
L'immagine di Mario postata, taggata e screen-shottata, che è conservata gelosamente nell'archivio delle mie collezioni diventa il Mario con cui parlo online ma che se incontro al bar non riesco nemmeno a salutare perché mi vergogno.
Vergogna di cosa se ieri fino a tarda notte chattavo con lui? Quel ragazzo seduto al tavolo con la Coca-Cola in mano è lo stesso al quale ho confidato i miei timori di non piacere agli altri e che mi ha rassicurato dicendomi che sono bella?
Nell'altro tavolo c'è Ilaria che sta coinvolgendo il gruppo delle sue amiche del cuore nel progettare la vendetta contro Marina che si è permessa di chiedere l'amicizia al suo ragazzo. Bisogna isolarla cancellarla dal gruppo, bloccarla su Facebook e Whatsapp e farla rimanere sola. Devono tutti capire chi è e quanto non è sincera.
Post riflessivo: Forse conviene fermarci un attimo a riflettere e tornare indietro al nostro essere bambini esploratori del mondo che con un misto di gioia e sorpresa si riconoscono allo specchio si autorilevano e si riconoscono negli scambi reali di sguardi per assicurarsi la loro identità.
In questa scoperta il toccare con mano la gioia di scoprirsi e riconoscerci può sintonizzare i genitori sulla corretta lunghezza d’onda di assicurare una protezione consapevole dell’immagine del proprio bambino nella tutela della sua identità che riconosciuta negli affetti del suo nucleo familiare ha bisogno di tempo e di protezione per cementarsi in modo costruttivo ed appropriato.
Maria, Lorenzo, Marco e Ilaria sono i simboli della generazione Millenium che dietro all'abilità e alla destrezza tecnologica nascondono vecchie e arcaiche paure, ansie, timori, evanescenza secolarmente trasmesse che nell'era touch si colorano dell'imprinting mediatico che a volte suggella il riconoscimento di sé prima nel web e poi di ritorno nel mondo reale. Ed è proprio questa inversione di rotta che vengono acuiti i classici moti adolescenziali verso l'appropriazione del sé che depauperato dall'essenza dell'autenticità corre il rischio di frantumarsi o di essere frantumato dall'amplificazione mediatica degli specchi social.
Cogliamo quindi il suggerimento della piccola Sara:
PRIMA:
ricordiamo ai nostri genitori di proteggere la nostra immagine ed identità digitale assicurandoci il terreno di sviluppo della nostra identità reale.
DOPO:
riconosciamoci allo specchio prima che la condivisione della nostra immagine sulle bacheche dei Social sfugga in primo luogo all’appropriazione di me, garanzia e tutela del mio essere libero nel mondo; online o offline che sia.