NUOVO REGOLAMENTO EUROPEO SULLA PROTEZIONE DEI DATI
Il Regolamento generale sulla protezione dei dati (Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), da applicare a decorrere dal 25 maggio 2018, pone nuove regole concernenti il consenso digitale delle persone minorenni.
L’articolo 8 del citato Regolamento prevede, che: “per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni”.
L’attenzione ai minori si giustifica in ragione del fatto che (Considerando 38) “possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessante nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali”.
Perchè non prima dei 16 anni?
L’educazione alla digitalità parte dall’infanzia e necessita di un costante e continuo monitoraggio da parte dei genitori perlomeno fino ai 16 anni, momento in cui se correttamente impostata la traiettoria di sviluppo verso una sana fruizione del web può essere attuata dal ragazzo in modo autonomo e consapevole.
L’essere genitori nell’era della tecnologia presuppone l’acquisizione e la promozione di una nuova genitorialità digitale, attenta e responsiva ai bisogni e alle esigenze del bambino e più tardi dell’adolescente, fornendo una guida consapevolmente orientata ai rischi e ai pericoli della rete e favorendo la promozione delle potenzialità della stessa allo scopo di favorire un benessere digitale che, a livello preventivo, è il migliore fattore di protezione rispetto ad un uso improprio delle rete e allo sviluppo di patologie web-mediate.
In questa prospettiva, basata su dati scientifici e di ricerca provenienti dalla moderna Psicopatologia dello sviluppo (Developmental Psychopathology) ritengo corretto che il consenso digitale dei minorenni sia stato mantenuto a 16 anni per garantire una responsabilizzazione del minore anche in questo specifico ambito che può diventare parte dell’educazione digitale di cui i genitori, la famiglia e le agenzie educative devono farsi carico agendo in modo coerente e continuativo nel tempo.
Nello sviluppo di una sana «genitorialità digitale», infatti la fascia di età che va dagli 11 ai 14 anni, rappresenta momento chiave per accompagnare i ragazzi sul trampolino di lancio verso il mondo esterno, nella duttile combinazione, tra dentro e fuori, tra interno ed esterno, tra mondo privato e le tante dimensioni possibili. L’età dei 13 anni è lo starting point fissato dalla comunità collettiva per permettere l’ingresso del minore nel mondo dei social previo consenso dei genitori, potenziando e/o limitando con la navigazione, il suo debutto in una società in cui le canoniche aree dello sviluppo del sé (sociale, ludica, sessuale, cognitiva) sono in costante interazione tra due mondi e due spazi (reale-digitale) in continua interazione tra loro ognuno dei quali segue regole ed indicazioni distinte.
Predisporre una guida genitoriale digitale attenta e riflessiva che parte dall’infanzia con un inserimento graduale e pensato dei dispositivi digitali nelle interazioni con il bambino, mantenendo la linea educativa che passa prima dal reale per poi essere compresa nel virtuale, ha portato necessariamente a considerare che anticipare la possibilità di un consenso digitale da parte dei minorenni a 14 anni potesse inficiare una loro corretta comprensione dell’agire digitale bypassando la responsabilità dei dati per favorire un’ istintualità, a volte compulsiva, che non fa parte soltanto dell’età ma che indotta e amplificata dalla stessa navigazione digitale.
Per questo la guida genitoriale deve seguire la traiettoria evolutiva del minore nel mondo digitale anche per quanto riguarda i primi passi per comprendere appieno cosa comporta fornire i propri dati personali per il consenso informato, e predisporre una serie di follow up procedurali per monitorarne la comprensione in modo da rendere consapevole ed autonomo l’agire del ragazzo a 16 anni, limitandone l’istintualità e favorendone la resilienza e il supporto genitoriale in caso di necessità.
Fermiamoci un attimo: spieghiamo ai nostri figli che la protezione di sè stessi e della loro privacy è il primo passo per divenire adulti.
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