Ore 20:00:
Teresa 14 anni, si scambia foto con le amiche nel gruppo di WhatsApp creato da Serena, la leader della scuola per decidere quale sarà l’outfit di domani: “Mi raccomando ragazze tutte rigorosamente in rosso” e dai qui a cascata si avvia un proliferare di selfie scattati allo specchio, screenshot di outfit e make-up famosi copiati dai tutorial in rete di ragazze Tumblr, che spiegano come sistemarsi capelli, vestiario, foto, voce, audio, pose, che creano e copiano frasi alla ricerca spasmodica di quei miliardi di like che possano sancire la loro trasformazione da ragazze normali a eroine del web seguite da centinaia di follower. La mamma è nella stanza accanto sdraiata sul letto, esausta dopo una lunga giornata di lavoro, prende finalmente l’Ipad in mano e sussurra tra sé e sé: “Finalmente riesco a vedere cosa ha pubblicato quella sgallettata della mamma di Virginia, non la sopporto proprio chissà chi si crede di essere”, incurante di quello che sta facendo sua figlia nella stanza accanto.
Ore 22:00
Marco 15 anni ha appena finito di giocare alla play station insieme alla sua squadra Win composta da Dario, Simone e Andrea. Nella stanza accanto il papà sta fisso sul Pc occupato a scaricare una documentazione importante per la riunione di domani mattina. Marco si affaccia in camera del padre per comunicargli che ha preso un bel voto alla verifica di storia dell’arte, ma appena mette piede nella stanza viene bloccato da un freddo e distante “Marco, ti prego non ho tempo non vedi che sto lavorando!”. Marco che è un ragazzo sensibile ed educato non dice nulla al papà, cerca di comprenderlo e per evitare di pensarci e rimanerci male si siede sul divano ad aspettare la mamma. Il tempo da solo spaventa e Marco inizia a guardare un video tutorial di Favij, il suo mito che della passione dei videogiochi ne ha fatto l’emblema del successo. Immerso nello schermo Marco si accorge del rientro della madre soltanto quando sente le sue parole: “Ecco stai sempre con gli occhi sullo schermo. Posa quel cellulare e vieni a cena. Sei sempre il solito. non lamentarti poi se vai male a scuola”.
Il dialogo tra genitori è figli, soprattutto in adolescenza può essere molto difficile e complicato per l’esigenza spasmodica, e del tutto naturale, dei ragazzi di sperimentare la loro indipendenza e il loro desiderio di fare da soli per avanzare di livello e divenire finalmente grandi.
Il processo di svincolo dai genitori non è lineare ma procede per prove ed errori, per sbandamenti e riprese, per avanzate e ritirate, e in questo dinamismo incessante, che mette a dura prova la capacità genitoriale, il confrontarsi con l’altro assume il posto primario nella gerarchia delle esigenze adolescenziali. Vuoi che sia l’amico del cuore, il gruppo selezionato di amici, un adulto esterno alla cerchia genitoriale, il professore più smart, l’adolescente, maschio o femmina che sia, ha gli occhi rivolti verso l’altro per captare nell’altro indicazioni di cosa fare, dove andare, chi essere e come essere nella gloriosa trasformazione da piccolo a grande, da quel bruco a quella farfalla, che solo più tardi negli anni si ricorderà tale. Dall’altra parte della medaglia i genitori assistono increduli ed impotenti alla progressione rocambolesca di questo processo trasformativo oscillando anch’essi tra il desiderio di rivedere il loro piccolo con l’orsetto in mano e la trepidante aspettativa, mista a timore, di vedere finalmente decollare il loro ragazzo nel ricordo/confronto della loro stessa fanciullezza.
In questo delicato processo il Web si è inserito capillarmente e velocemente con linguaggi nuovi, esperienze nuove, veicoli nuovi, gruppi nuovi, nel dialogo comunicativo tra genitori e figli, spesso ostacolandone la comprensione, altre volte alterandolo ed altre caricandolo di uno speach aggiuntivo che confonde ed altera un normale processo comunicativo che ha bisogno, alla base, del polo dell’ascolto e dell’osservazione dell’adulto per essere considerato tale.
Fermiamoci un attimo:
Prima di arrivare a un arresto totale della comunicazione l’adolescente ci invia innumerevoli segnali, anche se spesso contraddittori e drammaticamente mascherati da acting out, sia del suo desiderio di essere ascoltato sia del suo bisogno di essere guidato, ma soprattutto di essere contenuto e compreso nelle sue prove per tentativi ed errori prima di abbandonare l’isola che non c’è ed approdare nel mondo dei grandi.
La serie televisiva Tredici, che sta tenendo svegli milioni di adolescenti nella frenetica ricorsa agli episodi successivi, è la denuncia di un fallimento nell’ascolto che nel suo tragico epilogo fornisce all’altro la chiave di comprensione di un disagio che forse con occhi più attenti poteva essere evitato: il desiderio di essere ASCOLTATO. Nelle stanze online i ragazzi vogliono raccontarsi e raccontare le loro storie, così come testimoniano i loro profili Istagram, e hanno bisogno dell’ancoraggio dell’ascolto e della comprensione non giudicante ma supportiva dei loro genitori per spiccare il volo senza farsi male. Evitiamo quindi di "metterci comodi" ed attiviamoci per rimanere sintonizzati e connessi affettivamente con i nostri figli, anche quando loro lottano per staccarsi da noi, e a noi sembra che non vogliano più raccontarsi.
Vi auguro un Buon Ascolto
© Riproduzione Vietata