Il dialogo tra genitori e figli, ma anche tra vecchie e nuove generazioni, è sempre stato difficile e complicato da gestire e con l’avvento delle nuove tecnologie la sfida si è rilevata ancora più ardua.
Da una parte infatti lo svincolo adolescenziale porta i giovani a staccarsi in modo repentino dai genitori per iniziare a muovere i primi passi sul suolo dei grandi in modo a volte sfrontato, a volte timido, a volte esagerato, mentre dall’altra gli adulti, nella verifica del loro stesso percorso genitoriale, rimangono sbalorditi nell’assistere a questo distacco che assume toni e forme difficili da gestire e da comprendere.
In questa dinamica canonica, che rimarrà indelebile e verrà ricordata a livello transgenerazionale nei racconti della propria gioventù a figli e a nipoti, il web si è inserito in modo capillare aprendo il villaggio globale ad una vecchia necessità, quello di raccontarsi agli amici, di dialogare con loro e di fare gruppo in un Noi di giovani che traghetta sulla sponda del sé autonomo.
Non più pagine di diario da leggere e commentare tra pochi selezionati, oggetto di scherno e derisione se per caso il segreto finiva nelle mani di amici dispettosi che potevano minacciare di diffondere alcune considerazioni o segreti ad altri, ma nell’assorbimento a volte compulsivo del touch e dei contatti, nell’illusoria protezione di essere nascosti e difesi dallo schermo, il gruppo web ha assunto forza epidemica depauperandosi, a volte drammaticamente, del suo ruolo di traghettatore verso i lidi di un vero sé.
Si perde segretezza nella diffusione online e si stravolge il termine diffondendo nelle pagine web, in modo più o meno anonimo, i propri segreti, le proprie considerazioni e nell’assenza del face to face si apre uno scenario nuovo: possiamo dire tutto e parlare di tutto tanto nessuno può dirci nulla e fare nulla perché non sa chi siamo se diffondiamo un segreto in maniera anonima.
Se non mi piaccio o quel ragazzo non mi piace, o mi ha fatto un torto, posso vendicarmi parlando male di lui o postando foto che non tutelano la sua privacy, posso trovare, andando più o meno in profondità (deep web) consigli e istigazioni che mi portano a cancellare pian piano, facendo leva sul mio essere fragile, la mia identità, il mio corpo, la mia stessa vita nell’illusorietà di esistere altrove in un luogo di connessione costante, continua, che mi dà un appagamento veicolato da immagini e like.
Tutto questo è avvenuto in modo più o meno segreto nei primi momenti della rivoluzione digitale, subendo un’impennata maggiore nel momento in cui i ragazzi hanno potuto avere il mondo in tasca per citare Isacsoon che ricorda l’obiettivo di Steve Jobs e negli ultimi anni, fino ad arrivare agli adulti in modo drammatico e inaspettato. Episodi di cyberbullismo, autolesionismo diffuso in rete, sexting e altro sono solo la punta dell’iceberg dell’amplificazione del disagio che il web si porta dietro nel momento in cui, le mura delle nostre abitazioni si sono sgretolate e sono diventate invisibili confini aprendo il cuore delle relazioni al loro interno. La bussola per una navigazione consapevole nel mondo digitale è data dalla base sicura della famiglia il cui consolidamento affettivo e relazionale è cementato nell’infanzia e nella traiettoria evolutiva che ha messo al centro il primato delle relazioni reali, face to face, rispetto a quelle digitali e nel quale la tecnologia è entrata gradualmente rispettando le acquisizioni evolutive dei bambini e i suoi tempi e ritmi di crescita. Solo così nell’esigenza naturale di svincolo i dispositivi digitali mantengono l’essenza per il quale sono stati generati ovvero quella di essere un utile e potenziale ausilio al nostro agire quotidiano: arricchendolo, potenziandolo e colorandolo senza cancellarlo.
Come il bambino denuncia il suo disagio attraverso dei sintomi che principalmente interessano il corpo come ci ricorda Cramer nella consideraziome che il bambino somatizza quello che non riesce a dire, gli adolescenti hanno scelto il web per esprimere il loro disagio, per metterci sotto gli occhi l’andamento di forme di comunicazione che ci allontanano dall’essere empatici e che sotto l’attivazione costante dei neuroni specchio ci portano più ad agire che riflettere. Il comprendere questo porta a diminuire il divario generazionale e il tendere una mano piuttosto che giudizi o regole è il primo passo per ricordare ai giovani che ci siamo sempre e comunque in caso di bisogno e necessità prima che il Web lo comunichi in modo epidemico e imperioso
Leggendo i segreti degli adolescenti nelle pagine web si comprende il loro bisogno di raccontarsi e di essere ascoltati e forse persa la spinta euforica del loro fare da sé, gli occhi dell’adulto riescono a captare che dietro a like o immagini e tutorial il bisogno primario in adolescenza non è stato travolto dall’onda net né trasformato ma rimane sempre lo stesso: vorrei essere visto e ascoltato in questa mia trasformazione senza essere giudicato ma accolto.
Fermiamoci un attimo:
Non alziamo il divario generazionale, ma come ci consiglia Platone nel Fedone, avviamo una seconda navigazione ed armandoci di forza e coraggio iniziamo a remare con le nostre braccia senza essere spinti dal flusso della corrente, per raggiungere con resilienza i nostri figli nella sponda nera del villaggio globale nel quale rischiano di essere traghettati senza una bussola che li orienti, che bramano, senza chiederlo o chiedendolo in modo goffo e improprio e che li protegga dall’iceberg mediatico .
BUONA NAVIGAZIONE
© Riproduzione Vietata