Pagine di Diario di Anna:
Caro diario,
non so quando riuscirò a rivedere Andrea. Forse il prossimo anno quando torneremo di nuovo in vacanza dai nonni. Manca una settimana alla mia partenza e al pensiero che non lo vedrò per un anno intero mi sento morire. Mi ha detto che mi scriverà e proverà a telefonarmi in qualche occasione speciale (magari al mio compleanno) e forse, dico forse, verrà a Roma qualche giorno per accompagnare la sorella a un provino di danza. Mi mancherà molto ma attenderò con pazienza il prossimo anno per rivederlo … Tra un impegno e l’altro poi un anno passa in fretta! Ci dobbiamo ancora conoscere bene ma questi giorni passati insieme mi hanno fatto capire tante cose di lui. Non vorrei sbagliarmi ma sembra che abbiamo tante cose in comune.
Chat di Irene con Eleonora:
Ma l’hai visto? Si chiama Tommaso e ha 16 anni. Hai visto che foto del profilo che ha? Non ci siamo ancora visti ma ha cominciato a seguirmi su Instagram e io ho messo mi piace a tutte le sue storie. Non è fidanzato perché pubblica foto sempre in compagnia di amici, gli piace Valentino Rossi, gioca alla Play, ma non tanto, perché ha la passione per la musica e il rap. Ha fatto un paio di video che ha pubblicato su YouTube: vai a vederlo, dimmi che ne pensi… perché mi ha detto che vorrebbe avere una storia con me. Ci conosceremo di persona tra un mese quando vado dai nonni, ma mi sembra di conoscerlo da una vita. So tutto di lui ancor prima di conoscerlo.
L’adolescenza, terra di mezzo tra il non essere più bambini e il non essere ancora adulti, si annovera il primato di essere il periodo della vita più fecondo (le sliding doors che si coglieranno solo nel rewind della maturità) per sperimentare i primi passi in autonomia in ambito affettivo e relazionale, e per assaporare la magica alchimia che dall’ lO in relazione al TU porta al NOI, all’essere fidanzatini, prima cotta-coppia di confronto inconsapevole e dinamicamente interconnesso con il nostro modello interno di coppia genitoriale.
Negli anni del pre-web, la distanza faceva crescere il desiderio, l’attesa del prossimo incontro, in una cadenza sequenziale di momenti vissuti con intensità che riempivano pagine di un diario nel quale si conservavano biglietti, fotografie, ricordi indelebili che con il passar del tempo, nel pruning della maturazione adolescenziale, venivano logorati dall’avanzare imperioso di eventi che ne cancellavano l’imprinting o che suggellavano con estrema puntualità l’intuizione istintuale che aveva fatto scegliere quello sguardo piuttosto che un altro.
Il tempo delle mele adolescenziale prima dell’avvento della rivoluzione digitale era un tempo dilatato, principalmente di attesa, di scoperte e sensazioni che con lo scorrere dei giorni potevano condensarsi fino a che, la giovane ragazza o il giovane ragazzo, si scoprivano maturi e pronti per assecondare il flusso della vita nei termini della costruzione di un rapporto affettivo vissuto con il timore di sbagliare o con la sfrontatezza di fare “meglio dei miei”.
Nell’era digitale, imperniata in modo sfacciato da un perenne ed istantaneo sguardo sull’altro, ci si può trovare, seguire, condividere momenti di vita, prima ancora di potersi incontrare in una totalità sensoriale che il web non permette di conservare e che spesso, soprattutto nella delicatezza del non conosciuto e colmabile proiettivamente, orienta le scelte di sperimentazione affettiva in modo subdolo prendendo forma da un incipit sbagliato.
Il conoscersi ancor prima di conoscersi nell’incontro di sguardi e di contatto reale, come nello stralcio di conversazione tra Irene e Isabella, può essere pericoloso, in particolar modo in adolescenza, quando le prove per tentativi ed errori, e l’incompletezza della maturazione cerebrale (la corteccia prefrontale deputata al riconoscimento del pericolo), fanno compiere i primi maldestri passi nel terreno delle relazioni affettive, principale motore motivazionale negli anni del tempo delle mele.
L’attenzione ancora una volta viene posta nella palestra di vita relazionale del bambino e delle sue figure di attaccamento che hanno permesso di tramettere con accortezza le prime sillabe, parole, note, di un dialogo affettivo prosodico che pone le relazioni reali al centro della comunicazione proprio perché, da esse, prende forma. Genesi e forma che rimangono indelebili nel tempo e strutturalmente resistenti alle intemperie moleste della modernità, e che predispongono il bambino e più tardi l’adolescente, a compiere i primi passi sul suo nuovo terreno affettivo che passo dopo passo, sponda, dopo sponda, porta a solcare nuovi lidi e a rappresentare l’andatura della vita nel corso delle generazioni.
L’adolescente che ha alle sue spalle un bagaglio affettivo di riferimento anche nell’era del web riuscirà a comprendere che l’altro dietro dello schermo ha bisogno di essere conosciuto, di essere osservato nelle azioni quotidiane e non filtrato dietro un controllo, a volte ossessivo ed altre compulsivo, di stati e profili dei social nonché di screenshot trasmessi touch by touch in un ginepraio comunicativo che disorienta piuttosto che tranquillizzare.
Se prima però il contatto presumeva un periodo di attesa che permetteva di riflettere e metabolizzare l’altro, su cosa si desiderava, su cosa ci si aspettava, l’allargamento dei confini del tempo e dello spazio, del post tempo delle mele, ha polverizzato l’attesa e soprattutto ci ha posto su un vassoio d’argento mele fantastiche, succose e vividamente rosse, che spesso sono minuziosamente scannerizzate prima ancora di essere prese in mano. Nella media gaussiana il motto del primo incontro dei ragazzi di oggi potrebbe essere: io so che tu sai che io so.
E l’attesa allora?
Fermiamoci un attimo:
ricordiamoci che nell’era digitale l'atavica andatura maldestra, goffa, titubante e timida degli adolescenti si è arricchita di nuovi codici comunicativi che ne hanno solo apparentemente modificato il ritmo ma, nella loro essenza, conservano gli stessi parametri universali che hanno caratterizzato il cammino dei loro genitori e, nel rimbalzo generazionale, dei loro nonni.
Nella cotta-coppia si ricerca il bisogno di essere protetti, di legarsi affettivamente all’altro, di condividere esperienze di vita, in un percorso affettivo-nutritivo che rimane indelebile nel tempo e resiste all’avanzare dello stesso e nel benessere salutare delle generazioni, agli stravolgimenti della modernità.
Un like sui miei post del mio fidanzatino non potranno mai arrivare alla spinta dopaminergica e ossitocinica di un suo abbraccio reale. La protezione migliore che i grandi possono dare ai loro figli rispetto all’educazione sentimentale ai tempi del web è tramettere il desiderio e l’attesa di un incontro/confronto reale, limitando in tal modo l’amplificazione spesso proiettiva e confusiva del web, soprattutto nell'area della relazionalità la cui gestione impropria può generare danni deleteri.
Cari genitori,
cerchiamo di diminuire il divario generazionale riprendendo in mano le pagine dei nostri diari e nel ricordarci di come eravamo, apriamoci alla possibilità concreta di condividerle insieme ai nostri figli che, forse a loro volta ci apriranno i loro screen (evitando in tal modo di farci virare in un controllo-spia poco onorevole), in uno scambio comunicativo che da ieri arriva ad oggi, da oggi a ieri, al fine di predisporre insieme un domani affettivamente sano.
Buona educazione sentimentale!
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