Chi mi legge sa che, dal mio personale punto di vista, il web inteso come spazio virtuale simil-reale (in relazione all’impossibilità di cogliere gli eventi senza la partecipazione globale di tutti i sensi), è un amplificatore del disagio e, proprio per questo, un corretto rilevatore dello stesso nel momento in cui nelle pagine www. compaiono distorsioni, caricature, fenomeni nuovi che hanno alla base un comune denominatore: web-chiave onirica per distaccarsi dalla realtà e potenziale nemico deformante un Sé vacillante in fase di maturazione e in casi estremi apparentemente maturo (nel memo-monito di un’educazione digitale, a volte molto poco considerata, nella sua valenza esemplificativa-imitativa).
Se questo itinerario è valido per diverse angolature dell’iceberg mediatico, quali ad esempio la dipendenza, o il cyberbullismo, tanto per citarne alcune, il confronto con l’altro nel momento in cui l’altro è un idolo da seguire, un rapper-coach, un tutorial del mio You-Tuber preferito che mi spiega, con maggiore pazienza dei miei, come fare per scaricare un programma o per vedere un film gratis, è stato forse ancora poco considerato.
Di certo l’idealizzazione di un Super-Eroe in età giovanile, sicuro di Sé, guida-idolo-modello da osannare e imitare, non è una tendenza home made digitale, ma trova il suo predecessore colorato nei poster appesi nelle camerette dei genitori pre-digitali, nel loro perenne confronto con un’icona di stile ritenuto il più delle volte irraggiungibile, vetta da scalare per talenti ambiziosi e dotati di forza di volontà. Idealizzazione/confronto che nel web ha assunto habitus nuovi, a volte imprevedibili, altre volte ripetitivi e molte altre comunemente normali.
Volendo partire dalla base di questa angolatura dell’iceberg mediatico appare evidente che il web ha amplificato il confronto con l’altro e ha cambiato i nostri modi di osservare/guardare, generando una nuova modalità comunicativa fatta di immagini, forma, movimento, rumors, come a voler celare e confondere la ricerca itinerante di contenuti di valore, passioni, moti, ambizioni, che spaventa e rischia di farsi offuscare da dettagli forvianti che portano fuori e lontano un Sé delicatamente fragile.
Ragazze e ragazzi curvi sui loro smartphone, testa china e sguardo attento a scoprire, scannerizzando touch by touch, allargando le immagini con le dita alla scoperta/tana di un dettaglio, una traccia, una modifica, una rilevazione che possa far comprendere l’altro o verificare se quello che mi ha detto l’altro è vero o meno, senza ricordare (soprattutto se non lo si è appreso nella palestra di vita familiare) che il miglior rilevatore di emozioni è lo sguardo attento e partecipe nell’interattività reale della comunicazione vis a vis. Ricerca touchiana in cui si modella la costruzione del sé e che brama, oltre che dettagli di rilevazione di conferme e/o disconferme, modelli da imitare, icone di stile da seguire per apparire migliori, per dare sicurezza ed impalcatura ad un’andatura odiosa, goffa, timida, nella risoluzione di insicurezze in cui domina il primato del corpo che non si riconosce nella realtà e si desidera nella perfezione mediatica, come baluardo rappresentativo e bignamico di un turmoil emotivo che confonde e spiazza. Il web, apparente e magico risolutore di problemi, si incastra perfettamente nel mio bisogno di essere visto nella mia veste migliore, le immagini parlano molto meglio di me, soprattutto se sono truccate e/o modificate da App d’effetto e se cerco di emulare l’altro/idolo che, dalla sua anonima e banale cameretta è prepotentemente balzato fuori nello spettacolo della vita ottenendo successo e fama.
Un ragazzo simile e me ottiene un’ inaspettata gloria, iniziando a fare dei video e parlando di un argomento che conosco bene, forse ancora meglio di lui, rapper fantastici che registrano, per strada con i loro amici, le canzoni che rimbombano assordanti nelle orecchie delle ragazze che salgono dinoccolando sull’autobus, tutorial di slime viscidi che tutti possiamo fare, capelli colorati che suggellano una moda, una tendenza, che fa della mia invenzione la stessa icona di stile che i miei appendevano in camera. Nel villaggio globale del web le regole sono uguali per tutti: tutti (o quasi tutti- ma per coprire il gap digitale si sta lavorando ampiamente in tutto il mondo) possono accedere con pochi tocchi, tutti possono trovare quello che cercano, e tutti sono always present, vicini-lontani, autentici-costruiti, indelebili, in un etere in cui domina l’essere attori-spettatori di un agire che è in primis un colpo d’occhio, e poi nel rimbalzo mediatico dei post, dei like, delle condivisioni, degli screenshot aumenta la sua potenza mediatica fino a divenire un’icona di stile che like dopo like si colora di luce propria e di potenza. Luce e potere che possono patologicamente rimandare, come nella favola di Biancaneve, rabbia, e disprezzo per ciò che non si è e che si vorrebbe essere ma che non si ha ancora la capacità di essere.
Più sono seguito più valgo, più la mia autostima accresce, più sono visibile e più, se dentro di me non sono ancora arrivato a valorizzare contenuti, valori, aspettative e bisogni personali, mi plasmo a forma priva di senso che corre il rischio di sgretolarsi in un confronto altro/sé che può mettere in evidenza il mio poco valore e generare il germe nero dell’invidia, nella considerazione che, se non valgo, non apprezzo, giudico e posso, nei casi estremi, arrivare a distruggere il mio rivale. Nello specchio digitale osservo e amplifico il mio disagio se sento che l’altro è più bello, più bravo di me, e io non posso competere e concorrere costruttivamente perché ho la sensazione di non valere, di sentirmi vuoto e privo di una guida interna derivata da scambi interpersonali affettivamente e sensibilmente intensi.
Viceversa, più riesco ad individualizzarmi, a scoprire il mio vero sé, e a provare i miei passi di danza nella coreografia della vita, più proverò e mostrerò gratitudine a chi ha creduto in me per avermi sostenuto ed indirizzato verso il mio personale pas de deux.
Fermiamoci un attimo:
Il gruppo in adolescenza nella sua veste di gruppo allargato, compete da sempre, con il sistema famiglia, ma nell’espansione mediatica ha allargato i suoi confini e la sua forza diventando un trainer potente che ingloba e uniforma a scapito dell’individualizzazione di un vero sé, che corre il rischio di perdersi se non ha un ancoraggio forte e sicuro con il quale confrontarsi nel momento in cui il Gabbiano-Digital-Livingston spicca il volo. Osserviamo, guidiamo i nostri ragazzi e indirizziamoli a sperimentare e sperimentarsi in vari ambiti, cercando di individuare le loro passioni, i loro talenti, le loro inclinazioni, sostenendo forse in maniera più forte che nell’era pre-digitale, le loro ambizioni, il loro stile personale unico e determinato ed evitando di cristallizzare invidia e competizione distruttiva a scapito della gratitudine; leva transgenerazionale di autenticità il cui motore d’azione sono il pensiero, la riflessione, l’empatia, generati dal contatto reale con l’altro.
Serve passione, rigore, sacrificio, ambizione, dedizione e una base sicura per decollare e non confronto/scontro con ciò che non si è ma si vorrebbe essere.
BUON VOLO!
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