Siamo andati avanti, abbiamo timidamente camminato, a volte corso senza vedere la meta, ci siamo ritirati, abbiamo chiuso il tempo fuori dalle nostre stanze, abbiamo imparato a comunicare, a lavorare, a studiare e ad insegnare in altro modo ma per fare questo, tutti, grandi e piccini, ci siamo rivolti al legame con l’altro che, nel mix interattivo tra la distanza e la presenza, nella fondatezza o nella precarietà del nostro Noi ha garantito la solidità del nostro Io o messo a dura prova la fragilità dello stesso.
Un Io strutturato su relazioni che, nonostante tutto, reggono alla prova del tempo e brillano oggi ancora di più di quella autenticità e di quella solidità che si è cementata nell’abbraccio di un noi interpersonale in cui regna l’ascolto, la comprensione, il sostegno e la cura, che apre il passo alla costruzione del leit motiv relazionale in cui i diversi modi di essere con l’altro, vuoi che siano professionali, affettivi, formativi, generazionali, rispecchiano un Io ben strutturato, forte e tenace, che sa di poter donare all’altro ma anche di poter contare sull’altro, ha fiducia, cerca l’appoggio emotivo, non ha timore del confronto. Un Io armonioso, che sa cavalcare gli alti e bassi dell’esistenza, e che esce oggi resiliente nel suo procedere verso la ristrutturazione della società a seguito della pandemia.
Un Io fragile, che non ha alla base la sicurezza emotiva di poter contare sull’altro, che ha invece subito una dura messa alla prova a seguito dell’emergenza, e che oggi si trova a dover fare i conti con quella precarietà emotiva che lo ha fatto sentire senza una base solida al quale appoggiarsi, con il timore di crollare da un giorno all’altro. Un Io di cristallo che proprio perché non è sprofondato nell’abisso della paura, del terrore, della solitudine, sa di poter contare su se stesso e riemergere proprio grazie al riconoscimento di questa fragilità che per essere riparata ha bisogno per prima cosa di essere riconosciuta da un Io resiliente in grado di interrompere relazioni malsane, distruttive, stigmatizzate da un annullamento del bisogno affettivo dell’altro, altre che ledono diritti, altre ancora che stigmatizzano ruoli in cui l’altro è strumento di sfruttamento, potere, possesso e non più persona.
Relazioni che forse allora non hanno superato la verifica della solidità del rapporto e nell’impatto del post-crisi stanno iniziando a sfaldarsi perché oggi più che mai, nel momento della ripresa, non si può continuare ad alimentare un rapporto ormai logoro, una comunicazione interpersonale basata su un non detto che stravolge imperiosamente il confine del non verbale, amicizie che non possono essere più definite tali, rapporti sdruccevoli con interessi poco metabolizzati internamente che seguono le mode del momento e ci allontanano dal centro di quell’Io che ha bisogno di veridicità, riconoscimento, onestà intellettuale e cura, che agisce questa volta in diretta comunicazione con un ME che ha bisogno di rinascere in quel cammino nuovo di chi, che soltanto per essere sopravvissuto al buio, sa di poter tornare alla luce e brillare finalmente di energia propria, generando così nuovi input relazionali in cui regna l’amore per l’altro e di riflesso per se stessi.
È tempo oggi di tornare al centro dell’Io di capire cosa vogliamo, dove desideriamo indirizzarci, dove ambiziosamente vogliamo arrivare, e come vogliamo colorare le nostre vite e quelle di chi è affettivamente legato a noi nei vari mondi interpersonali in cui abitiamo.