"La figura di Adele è centrale. Donna dal carattere asciutto, silenzioso e schivo, dedita ai sacrifici e al duro lavoro per il forte senso di responsabilità e della famiglia allargata da mantenere, ma anche poco incline all’accettazione di altri stili e scelte di vita, come il desiderio di recitare di Maria Concetta da Adele denigrato e schernito, e l’inquietudine e la rabbia adolescenziale di Ina che rifiuta di studiare per prendere la maturità".
La recensione di Joseph Moyersoen
Un nucleo familiare tutto al femminile: Salvatrice (la nonna, interpretata da Anna Boccadamo), Adele (la madre, interpretata dalla brava e intensa Celeste Casciaro, nonché moglie del regista), Maria Concetta (la sorella, interpretata da Barbara De Matteis) e Ina (la figlia di Celeste Casciaro nel film e nella vita reale, interpretata da Laura Licchetta). A causa dei debiti cumulati e della bancarotta della ditta familiare di fasonisti dovuta anche alla concorrenza cinese, le quattro protagoniste si vedono costrette a vendere anche la casa e a trasferirsi in una piccola masseria abbandonata nella campagna di Finis Terrae, Santa Maria di Leuca, sul suggestivo confine dei due mari Ionio e Adriatico, per coltivare la terra e vivere di baratto tra il verde degli ulivi e l’azzurro del mare.
Un film al femminile, tant’è che le uniche figure maschili presenti fanno da sfondo: il fratello e l’ex compagno di Adele, l’amico funzionario di Equitalia (interpretato da Gustavo Caputo, co-fondatore col regista della casa di produzione Saietta Film), il vecchio contadino e i fidanzati di Ina. Quattro donne protagoniste, sempre pronte a scontrarsi duramente senza freni, sempre pronte a criticarsi senza peli sulla lingua, ma anche pronte a salvaguardare il loro legame familiare e affettivo, l’unico che la crisi non riesce a spezzare, capaci di conciliare accordi e disaccordi.
Calato nel nostro tempo caratterizzato da una profonda crisi non solo economica, l’ultimo lungometraggio di Edoardo Winspeare è interamente girato nel Salento, tra i Comuni di Tricase e Castrignano del Capo. Recitato in dialetto salentino, come alcune opere precedenti tra cui ricordiamo “Sangue vivo” (2000), il film è una piccola storia sulla complessità delle relazioni umane e sulle dinamiche relazionali nel lento scorrere della quotidianità e nei momenti veramente importanti e critici della vita.
Con il punto di vista della gente comune, il film è intriso di grandi temi, come il peso della fatica di vivere, la crisi economica, la dignità del lavoro, la religione più come retaggio culturale dal sapore antico che come vero e proprio culto cristiano, il ritorno a e il forte legame con la natura e la terra, il conflitto transgenerazionale adulti/adolescenti, l’amore di chi è diversamente giovane, l’accanimento della società pubblica Equitalia incaricata della riscossione dei tributi, ma soprattutto la speranza della felicità. Le conseguenze delle scelte di ciascuno, come la condanna al carcere per il fratello e l’ex compagno, la gravidanza inattesa, il matrimonio della nonna, sono tutte frutto dell’accettazione o meno delle risposte alla crisi e delle decisioni prese dalla capofamiglia Adele.
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