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Ady è un ragazzo di tredici anni di origini africane, cresciuto coi genitori nella banlieue di Parigi. Sfrontato, per nulla rispettoso delle regole che dei genitori cercano di dargli, invischiato in una banda di amici devianti.
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Non sapendo più come prenderlo e con la scusa dell’approssimarsi delle vacanze estive, il padre di Ady decide di spedirlo presso lo zio paterno Amadou, che vive in uno sperduto villaggio del loro paese di origine: il Burkina Faso.

Atterrato a Bobo-Dioulasso, una città trafficata e caotica, lo aspetta il cugino Jean, che lo accompagna a 190 km di distanza, attraversando savana, villaggi e foreste, su strade per la maggior parte sterrate.

L’impatto per Ady è scioccante, la famiglia e l’Africa sono molto diverse da come se le immaginava: lo zio Amadou che si rivolge a lui in bambara, dialetto locale che Ady non parla, la semplicità e povertà con cui vive serenamente tutta la famiglia allargata, dalla doccia col secchio “a cielo aperto” all’amaca con la zanzariera come letto, sono per Ady disorientanti, tanto che all’inizio il ragazzo si isola ascoltando musica con le cuffie e l’iPhone ultimo modello e tenta di fuggire.

Ady non fa in tempo ad iniziare ad orientarsi, che Amadou lo accompagna all’ufficio postale del villaggio dove viene smascherato per l’imbroglio che il ragazzo ha portato avanti da tempo: invece di versare in posta a Parigi l’itera somma che il padre mensilmente gli consegnava, destinata alla famiglia allargata in Africa, il ragazzo di volta in volta ne tratteneva una quota per comprarsi capi di abbigliamento firmati: 500 euro in tutto.

Così lo zio gli propone un accordo: lavorare per lui finché il ragazzo non riesca a ripagare l’intero importo derubato. All’inizio Ady rifiuta trovando anche degli escamotage poco graditi dallo zio: vende le scarpe e l’iPhone, proponendo allo zio il denaro guadagnato, che per Amadou è denaro “rubato” e quindi non accettabile. Poi, pian piano, lo stile di vita e il contesto faranno cambiare idea a Ady. Soprattutto sarà segnato dall’incontro con la nonna che vive in un altro villaggio in collina, raggiungibile attraverso un percorso pedestre tortuoso e ricco di insidie.

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Berni Goldblat è un cineasta svizzero – burkinabé, che ha diretto, prodotto e distribuito per lo più documentari sul Burkina Faso e sull’Africa occidentale. È formatore e autore per AfricaDoc Network, la rete di documentaristi africani sostenuta dall’Unesco, ed è membro della giuria degli African Movie Academy Awards, gli Oscar africani che ogni anno si tengono in Nigeria. Con “Ceux de la Colline”, documentario del 2009, selezionato in più di cinquanta festival, ha vinto il Festival internazionale del film francofono di Namur e il Brooklyn Film Festival.

Wallay, selezionato alla Berlinale 2017, è il suo primo film di finzione che, seguendo i canoni del romanzo di formazione, racconta con toni a tratti drammatici e a tratti umoristici e leggeri gli stravolgimenti nella vita del giovane protagonista immergendolo nelle sue origini.

È un vero e proprio viaggio iniziatico quello di Ady, che lo aiuta a capire chi è e da dove viene, a conoscere e ad apprezzare i veri valori della vita.

Il regista scrive che “Ady ha un’identità complessa e Wallay mostra la diversità come una grande ricchezza, una fonte di crescita e sviluppo e di maggiore comprensione tra culture.

In tutto il mondo, e in particolare in Francia, il concetto di comunitarismo, ovvero il singolo inteso come parte di una società e di una comunità, sta diventando sempre più diffuso.

Questo film non persegue la finalità di mettere in contraddizione le due culture del protagonista ma, al contrario, Ady realizzerà che il luogo ideale non esiste, quello che conta veramente è sapere da dove veniamo. Il film segue il cammino del protagonista verso la riconciliazione con sé stesso che avviene nel momento in cui comincia a non sentirsi più straniero ovunque si trovi…

Dovendosi confrontare con le sue diverse origini, e affrontando varie sfide, Ady finirà per mettere in discussione le sue conoscenze e le sue certezze, per accettare abitudini insite nel suo essere e per comprendere la sua capacità di inserirsi in una società a cui già apparteneva, senza saperlo.

La scoperta, la rivelazione, l’accettazione della sua identità a cavallo tra due culture permetteranno ad Ady di conoscersi e di crescere. Questa è la storia di Wallay, la storia di un adolescente francese meticcio che dovrà perdersi in Burkina Faso per poter capire chi è davvero.”

Recensione pubblicata dal sito del Tribunale per i Minorenni di Milano,
che ospita le recensioni di Joseph Moyersoen


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