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“Come fanno gli esseri umani a generare tanti angoli retti quando il loro comportamento è totalmente illogico?”, e "Perché le gocce d'acqua prendono sempre la strada con la resistenza minore al contrario degli esseri umani?", e ancora “Non ero uno sbandato, ero solo un bambino scappato di casa”. 
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Sono alcune delle riflessioni del piccolo protagonista dell’ultima opera fiabesca di Jean-Pierre Jeunet, dedicato ad una vicenda umana toccante e intensa, ad un viaggio on the road, passaggio simbolico dall’infanzia all’adolescenza.

T.S. (interpretato dal bravissimo Kyle Catlett) è un piccolo e timido Leonardo Da Vinci del Montana, ha 11-12 anni e la passione per la fisica, la cartografia e le invenzioni. T.S. vive in un Ranch del Montana con il padre cow-boy (Robert Maillet), la madre entomologa (Helena Bonham Carter), la sorella maggiore Gracie (Niamh Wilson) e il fratello gemello eterozigota, sportivo e spigliato, Layton (Jakob Davies).

Un giorno, mentre T.S. e Layton giocano nel fienile, parte un colpo accidentale che uccide Layton. Da quel momento T.S. inizia a soffrire di un forte senso di colpa aggravato dal fatto che l’argomento dell’incidente diventa un tabù, tanto che nessuno aiuta il piccolo a rielaborare il lutto e sarà solo il suo coraggio, nonostante si considerasse un grande fifone, a permettere di esternare il disagio in un contesto inaspettato.

T.S. è costretto dagli eventi a rinchiudersi nel proprio mondo, come ognuno dei familiari fa per sopravvivere, facendo sentire T.S. ancora più solo. Ma il mondo di T.S. è un mondo di ricerche e di esperimenti.

Attirato dalla lezione di un professore anziano sul moto perpetuo, T.S. presenta allo Smithsonian Institute una macchina a moto perpetuo e un giorno riceve una telefonata che annuncia la sua vittoria dell’ambìto premio Baird. Per riscuoterlo T.S. deve andare a ritirarlo a Washington D.C., iniziando alle 4 di mattina in segreto l’avventuroso viaggio in cui attraversa gli sconfinati spazi del Montana, su un treno merci.

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Presentato al Festival Internazionale del Cinema di Roma nel 2014, e vincitori di vari premi tra cui il César per la fotografia, il lungometraggio è la trasposizione cinematografica del romanzo “Le mappe dei miei sogni” (“The Selected Works of T.S. Spivet”) di Reif Larsen.

È stato realizzato dal regista, sceneggiatore e produttore Jean-Pierre Jeunet, già conosciuto per la sua opera prima e pluripremiata “Delicatessen” (1991), ma anche per “Il favoloso mondo di Amélie” (2001) e per “L'esplosivo piano di Bazil” (2009).

Jeunet è un regista visionario, creativo, sorprendente e metodico, che cura in modo maniacale tutti i dettagli della lavorazione di una pellicola: partendo dalla sceneggiatura che scrive sempre lui in prima persona, fino agli storyboard i cui disegni cura lui direttamente. Tanti disegni, una specie di valvola di sfogo a tutta la sua fantasia e immaginazione che riesce a trasporre nelle sue curiose e fiabesche opere cinematografiche.

Una menzione va fatta, oltre che per la potenza visiva della fotografia di Thomas Hardmeier, anche per le musiche trascinanti ed emotive di Denis Sanacore.

Il parallelismo è immediato: come il piccolo protagonista inventa cose, così il regista crea storie, e anche in questo caso è riuscito a creare una bella favola, che racconta sia di un’America dimenticata, lirica e straordinaria, sia di un ragazzino resiliente che riesce a forzare il proprio coraggio per riconciliarsi con sé stesso e con la propria famiglia.

Recensione pubblicata dal sito del Tribunale per i Minorenni di Milano
che ospita le recensioni di Joseph Moyersoen


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