24 dicembre 2006, porto di Reggio Calabria. L’adolescente Giovanni Tripodi (interpretato da Vincenzo Palazzo) incontra all’imbarco del traghetto per Messina Marco Lo Bianco (interpretato da Alessandro Preziosi), il giudice del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria che lo ha seguito negli ultimi anni.
Le loro strade sono destinate a dividersi, anche perché Giovanni è diventato maggiorenne, e resta così escluso dalle competenze civili e penali del giudice minorile.
Giovanni sta andando ad incontrare la madre Enza (interpretata da Nicole Grimaudo), i fratellini gemelli Domenico e Teresa (interpretati da Carmine Buschini e da Federica Sabatini) e il padre Antonio (interpretato da Francesco Colella) latitante per reati di ‘ndrangheta in un nascondiglio sull’Aspromonte.
Subito si assapora la trasmissione dei codici di comportamento mafioso nelle generazioni: le figure femminili sottomesse a quelle maschili, entrambi i gemelli venerati con regali molto costosi e il maschio che deve imbracciare un kalashnikov; mentre tutti si accingono a condividere la cena di Natale, fanno irruzione le forze dell’ordine che mandano a monte la cena ma il padre riesce a dileguarsi da una delle uscite secondarie del nascondiglio.
Il giudice minorile viene svegliato alle 5.22 e si reca subito in carcere a trovare Giovanni che afferma: “E’ mio padre, lo dovevo salvare”.
A seguito della perquisizione di casa Tripodi, in cui il piccolo Domenico dice alla sorellina “non ti preoccupare, ti proteggerò io”, il giudice minorile convoca la madre Enza coi gemelli in Tribunale. Le ricorda la storia del marito Antonio, e dei fratelli di lui, uno ucciso e l’altro ergastolano, e le propone di portare via i figli prima che sia troppo tardi per loro, lontano dalla Calabria.
Passano gli anni. È la volta di Domenico, oramai adolescente che viene fermato per possesso d’armi. Essendo ancora incensurato, il giudice Lo Bianco gli revoca la misura cautelare, ma dispone contestualmente un provvedimento amministrativo di allontanamento di Domenico dalla famiglia e dalla Calabria.
Nella fiction così come nella realtà, questo provvedimento osteggiato dal difensore e dalla famiglia del ragazzo, e criticato dall’avvocatura, dalla magistratura e dalla stampa che parla di “deportazione di minori”, segna il punto di svolta della giustizia minorile ed è al centro della fiction “Liberi di scegliere” e prodotta da Rai Fiction e Bibi Film Tv, andata in onda su Rai Uno il 22 gennaio 2019 e visionabile su RaiPlay.
L’opera di Giacomo Campiotti, prende spunto dall’esperienza di Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, e dall’omonimo progetto “Liberi di scegliere”, frutto del tentativo costruito giorno dopo giorno di strappare i figli di famiglie ‘ndranghetiste dal loro destino e finalizzato a facilitare il loro allontanamento e reinserimento abitativo e lavorativo fuori Regione.
Questo progetto ha portano alla sottoscrizione di due Protocolli d’intesa - uno tra i Ministeri della giustizia e dell’interno, la Regione Calabria e gli uffici giudiziari regionali, e l’altro tra il Dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio, il Tribunale per i minorenni, la Procura per i minorenni quella distrettuale di Reggio Calabria, la Procura nazionale antimafia e l’Associazione Libera, sostenuto dalla Conferenza episcopale italiana – e ad una risoluzione approvata all’unanimità dal Consiglio superiore della magistratura in data 31 ottobre 2017.
Occorre innanzi tutto esprimere un ringraziamento a Roberto Di Bella, per il messaggio in primis educativo che è riuscito a far veicolare non solo attraverso il titolo molto significativo del progetto e della fiction, ma anche attraverso il “cambiamento” che la tipologia di intervento messi in atto ha scatenato e che consente di dare davvero speranza e di contaminare un contesto così impervio e chiuso, interrompendo quella trasmissione generazionale di ruoli e funzioni che sembrava davvero inarrestabile.
È altresì degno di nota il lavoro realizzato dal gruppo di sceneggiatori, in primis Monica Zapelli, perché è riuscito a ricostruire fedelmente e realisticamente un contesto per molti poco conosciuto, a far risaltare la capacità e il desiderio del presidente Di Bella di comprendere fino in fondo, il suo coraggio, così come la sua capacità di ascoltare i ragazzi in modo empatico, il lavoro di squadra dei giudici del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria ed il lavoro di rete con i servizi sociali e con le comunità residenziali, a dare profondità al personaggio di Domenica contraddistinto da un evidente tormento tra due mondi e due scelte contrapposte (da un alto la voglia di riscatto e di cambiamento e dall’altro la fedeltà nei confronti della propria famiglia d’origine, la “famiglia d’onore”), infine a far risaltare la presa di coscienza che una via d’uscita esiste.
È quasi un'impresa titanica riuscire a sintetizzare in un'ora e mezza di fiction, un percorso così complesso che è durato anni.
Occorre sottolineare che in questa fiction, finalmente, ne escono vincenti lo Stato, la Giustizia e le regole.
È un’opera da vedere e da diffondere soprattutto nelle scuole, per questo motivo Roberto Di Bella ha ricordato che la Rai ha deciso di cedere il film al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, all’Associazione Libera e al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per il potenziale educativo.
Recensione pubblicata dal sito del Tribunale per i Minorenni di Milano
che ospita le recensioni di Joseph Moyersoen