Natale, Galleria Umberto I della città partenopea. Due clan rivali di ragazzini si contendono l’enorme e tradizionale pino natalizio, addobbato al centro della Galleria. Il clan del Rione Sanità riesce a portarselo via e lo brucia in mezzo ad una catasta di legname al grido “Quartierano primo nemico”.
Con queste immagini si apre l’ultimo lavoro di Claudio Giovannesi, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano (già conosciuto per i suoi romanzi come “Gomorra”, da cui l’omonimo film e serie TV), che racconta la quotidianità di un gruppo di sei ragazzi che sfrecciano contromano per i vicoli di Napoli, assetati di denaro per potersi comprare abiti firmati, motorini sofisticati e arredi di lusso per la propria famiglia, nonché prenotare un tavolo nella discoteca frequentata dai boss camorristi.
Un gruppo di amici capitanati da Nicola (interpretato da Francesco Di Napoli), che guida un cast di non professionisti, i cui nomi sono emblematici: Tyson, Biscottino, Lollipop, O’Russ e Briatò; anche se dai loro occhi traspare tutta la spontaneità per la loro giovane età, è subito evidente il grande squilibrio tra la loro età anagrafica, biologica o cronologica e mentale o psicologica, passando rapidamente dall'innocenza perduta e marchiata dal crimine, alla troppo precoce adultità.
Il furto dell’albero di Natale è vissuto come una bravata, che però prelude ad un’escalation e recrudescenza di azioni sempre più gravi e criminose.
Nicola incontra nella tintoria della madre, gli uomini del boss di turno che sono venuti a riscuotere il pizzo e che con arroganza si portano via un giubbotto appena lavato di un cliente. Inizia a montare nella testa di Nicola, la rabbia per il trattamento riservato dalla camorra alla madre e agli altri commercianti del Rione Sanità.
Per questo motivo, quando incontra Agostino Striano, figlio di un boss, cacciato con i suoi amici da un bar essendo la famiglia caduta in disgrazia perché non conta più fra i clan camorristi, Nicola costruisce subito con il giovane Striano un sodalizio e un’amicizia.
Agostino invita Nicola e il suo gruppo di amici nel palazzo dello zio, Tonino Striano, vittima della guerra tra boss della camorra, in cui l’ostentazione della ricchezza e del “kitsch” è evidente: quadri, mobili e suppellettili dorati o incastonati di pietre preziose, messi uno accanto all’altro senza alcun gusto, come fosse un’esposizione di fastoso modernariato.
Agostino regala a Nicola una foto dello zio Tonino, che Nicola mette in bella vista in camera da letto, come fosse il suo idolo.
Ma come fare per arricchirsi in fretta? Nicola organizza coi suoi amici una rapina a mano armata in una gioielleria, ma il boss di turno lo scopre e lo fa riempire di botte, come messaggio, anche per il possesso della foto del vecchio “rivale”. Nicola, per vendicarsi, decide allora di farsi arruolare insieme ai suoi amici dal boss di un altro quartiere, per spacciare la droga fuori dall’università (“studente tira studente”, dice il boss).
La droga viene da piantagioni in Brasile, e Nicola impara subito a tagliare i panetti di hashish in parti uguali per la vendita al dettaglio, o meglio, in dosi, e fa il suo primo tiro di cocaina.
Ma Nicola vuole conquistare, forte del gruppo di amici e delle armi rubate, oltre ad un posto in prima fila tra i boss, la gestione del racket delle estorsioni del suo quartiere per eliminarlo, nonché il cuore di Letizia. E non si fermerà davanti a nulla per riuscire nei suoi disegni criminosi e non, per ottenere potere, soldi e rispetto, perché è un adolescente che non teme la morte per ottenere tutto e subito ciò che vuole, credendo di poter diventare così un boss amato dalla gente del suo quartiere.
Il film (e il romanzo prima di lui) racconta e reinterpreta casi di cronaca reale dei quartieri napoletani con giovanissimi protagonisti. Sono tutti aspiranti camorristi di 10, 13, 15 anni e si confrontano con un mondo governato da adulti criminali senza scrupoli.
“La paranza dei bambini”, il cui titolo proviene dal nome di un peschereccio, diventa in quest’opera una macchina criminale che cattura adolescenti a strascico, ingannandoli con le accecanti luci del benessere economico, del rispetto sociale, del potere criminale.
La pellicola è diretta da Claudio Giovannesi, già conosciuto per le sue interessanti opere precedenti, tra cui “Alì ha gli occhi azzurri” e “Fiore”. Si tratta di una regia di qualità guidata da un approccio semi-documentaristico e mossa da sensibilità emotiva che regala momenti di neorealismo di forte intensità, che ci mostra il punto di vista dei ragazzi protagonisti, senza giudicarli né arrivare mai ad assolverli o giustificarli, rimanendo attaccata a loro con una macchina da presa tanto da non dargli tregua (i protagonisti sono ripresi spesso in primo piano).
Ma la regia è sostenuta dalla bella fotografia del noto Daniele Ciprì e dalla sceneggiatura di Roberto Saviano, Claudio Giovannesi e Maurizio Braucci.
L’opera, unico film italiano in concorso, ha vinto l’Orso d’argento al Festival di Berlino 2019 come miglior sceneggiatura, per essere riuscita a trasporre fedelmente ed efficacemente il romanzo di Saviano in immagini, facendoci entrare fin da subito nelle vite sregolate del gruppo di Nicola, che ha un’unica colpa, quella di non poter scegliere.
Il tema della libertà di scelta, ci ricorda l’interessante documentario “Liberi di scegliere” di Giacomo Campiotti, andato in onda su RAI 1 il 22 gennaio 2019.
Questi giovanissimi protagonisti appartengono allo stesso territorio in cui la criminalità è parte integrante – se non fondante – del tessuto sociale, e per loro è una scelta naturale quella di diventare criminali, perpetuando un codice di comportamento basato sul rispetto, la difesa del proprio territorio e l’esibizione del lusso.
Recensione pubblicata dal sito del Tribunale per i Minorenni di Milano
che ospita le recensioni di Joseph Moyersoen