Tsong è un ragazzo adolescente che trascorre la giornata immerso nella natura, lavorando duro facendo pascolare pecore e capre della sua famiglia e andando a vendere il loro latte in città per consentire al fratello minore di continuare gli studi. Siamo in un piccolo villaggio rurale della Mongolia, in cui la rivoluzione informatica e dei social è ancora lontana.
Il padre passa il tempo ad ubriacarsi, spendendo i risparmi familiari, mentre la casa è gestita dalla matrigna, che ha abbandonato Tsong e il fratello minore al loro destino.
Per fuggire da un contesto familiare difficile, Tsong si è costruito un idolo: un giovane monaco buddista di un racconto locale, perseguitato perché è riuscito a volare; ha ricreato le avventure del suo idolo col paracadute in un cartone animato fatto in casa, costituito da fogli mobili.
A seguito dell’ennesimo litigio tra il padre e la matrigna e impossibilitato a proseguire gli studi, Tsong decide di andarsene, e di stabilirsi per un periodo sul tetto di un edificio che domina la capitale Ulan Bator.
Incredulo dello spettacolo, Tsong inizia a “spiare” con un binocolo quanto accade negli appartamenti del condominio di fronte. Gente che entra ed esce di casa, che si prepara il pasto, che guarda la TV.
In particolare resta folgorato da Anu, una ragazza in crisi con il suo fidanzato, che vive in un bel appartamento con un grande televisori digitale e che appare insoddisfatta, come se non riuscisse a prendere il volo. Tsong inizia a seguire i suoi gesti e movimenti e, grazie ad un telecomando universale, riesce a mettersi in contatto con lei a distanza, e ad incorporarla nei sui sogni, sfruttando la sua abilità nel disegno.
Il regista Byamba Sakhya ha studiato cinema a Mosca e ha realizzato vari cortometraggi e documentari. “Alsin udirdlaga” è il suo primo lungometraggio di fiction, presentato e premiato in vari festival, tra cui Busan (Corea del Sud), Göteborg, Oslo e Rotterdam, e nella sezione Open doors del Locarno Film Festival 2019.
Il regista in un’intervista dichiara che la storia è anche una metafora dei cambiamenti in atto in Mongolia. Infatti, dopo l’iniziale cambiamento del sistema, la società mongola sta attraversando la sua adolescenza e, come il protagonista, sta vivendo di grandi aspettative e sogna un futuro splendente, mentre fatica ad identificare nuovi valori.
La pellicola è ricca di freschezza, ingenuità e immaginazione, che ritroviamo nelle opere degli albori del cinema.
Si tratta di una riflessione poetica sui sogni e sui riti di passaggio, su speranze e paure del futuro, sul nostro destino e sulla realtà e l’immaginazione, che ritroviamo in moltissime altre opere cinematografiche di altri ambienti e contesti, da “Stand by me - Ricordo di un’estate” (1986) di Rob Reiner fino a “Welcome” (2009) di Philip Lioret e a “Il sole dentro”2012) di Paolo Bianchini.
Come il giovane monaco, anche il protagonista vive nel suo mondo illusorio sognando di spiccare il volo lontano dalla realtà, vuole prendere il controllo della propria vita per far fronte alla propria realtà, fino al momento in cui dovrà fare una scelta importante, una scelta che gli cambierà la vita.
Recensione pubblicata dal sito del Tribunale per i Minorenni di Milano
che ospita le recensioni di Joseph Moyersoen