Spira è un adolescente che torna a Reboleira, quartiere molto povero alla periferia di Lisbona, dopo aver scontato 8 anni in un istituto di rieducazione.
Ritrova la sua casa, la sua famiglia e i suoi amici, Chandi e Giovani, le solite feste e i soliti pettegolezzi. Ma nel frattempo molte cose sono cambiate: le case/baracche abusive vengono via via abbattute, per lasciare il posto a grossi piani di riqualificazione edilizia, gli uomini della favela sono partiti a lavorare in Lussemburgo o in Svizzera, mentre le bambine sono diventate donne, come la bella Iara di cui Spira è innamorato.
“Qui, nessuna sofferenza, nient’altro che difficoltà”, ripetono rassegnati gli abitanti di Reboleira.
I tre amici, come una gang del quartiere, trascorrono il tempo bighellonando in strada, tra piccoli spacci e grandi sogni: Chandi vorrebbe comprare una casa dove tenere degli animali, mentre Giovani vorrebbe diventare un grande spacciatore e comprare un bar per riciclare il denaro frutto dell’attività di spaccio. Tutti accolgono bene Spira, che nel frattempo è diventato più taciturno e solitario, tranne Kikas, vecchio trafficante boss che gli fa subito capire chi comanda ora nel quartiere.
Spira per vendicarsi, compie un gesto ai danni di Kikas scatenando una serie di eventi che porranno drammaticamente fine al loro antagonismo.
Dopo aver diretto vari cortometraggi autoprodotti, il regista Basil Da Cunha entra in Thera Production nel 2008 e dirige “A Côté”, presentato al Festival di Locarno 2009 e al Festival del Gran Premio di Vila do Conde. Nel 2009 si trasferisce nel quartiere di Reboleira, dove nel 2011 dirige “Nuvem” e nel 2012 “Os vivos tambem choram”, entrambi selezionati per la Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes, dove presenta nel 2013 anche il suo primo lungometraggio “Até ver a Luz”.
Il suo secondo lungometraggio “O Fim do Mundo” è girato sempre a Reboleira nel 2017, ed è presentato nella sezione Concorso internazionale al Locarno Film Festival 2019.
Il regista, su questa sua opera, racconta:
“Con “O Fim do Mundo”, ho voluto raccontare le ultime ore del quartiere di Reboleira attraverso gli occhi della generazione che ho visto crescere e prendere possesso delle strade negli ultimi anni. La generazione di Spira (18), Chandi (17), Giovani (19) e Iara (16).
Generazione dei primogeniti della favela pur essendo quella dei social network. Generazione di un intero quartiere che è destinato a svanire a colpi di ruspa e decisioni politiche.
Ognuno di questi giovani protagonisti ha una relazione speciale con questa futura “città perduta”.
C'è Iara, una giovane ragazza madre-adolescente che aspira a un altro posto senza avere la minima idea di come raggiungerlo. C'è Chandi, l'amato figlio di sua madre. Giocatore, parsimonioso dei suoi movimenti e segugio davanti all'eterno. C'è Giovani, uno spacciatore giovane e selvaggio con un obiettivo chiaro: prendere possesso della “città”!
Infine, e in particolare Spira, che ritorna nel quartiere dopo diversi anni trascorsi in un istituto di rieducazione, un vero carcere minorile.
Incarna il destino di una generazione di figli di immigrati che il Portogallo non è riuscito a integrare nel suo racconto nazionale. Spira assorbe la violenza di un passato che scompare, un presente che sembra congelato e un futuro che lo rifiuta. Lui risponde con la ribellione.
Osservando questo corpo, diventa un estraneo nel suo paese, navigare tra guerre di gang, l’adolescenza e i suoi amori rubati, e la fine prossima del quartiere, è il ritratto di una gioventù danneggiata ma anche un affresco sociale che io ho cercato a tessere.
Tessere come per guadagnare tempo, tessere per ingannare una morte annunciata.”
Rispetto al trascorso di Spira, occorre evidenziare che il collocamento di minori autori di reato aventi un’età compresa tra i 12 e i 16 anni in Portogallo, non avviene in carceri minorili dato che l’età della responsabilità penale è fissata ai 16 anni (in Italia è fissata ai 14 anni), bensì in istituti o centri educativi o di rieducazione (come avviene in Italia attraverso i procedimenti cosiddetti amministrativi).
Tuttavia, dai dati risulta che tale misura in Portogallo è generalmente applicata ai minori di età compresa tra i 14 e i 16 anni. Tornando al nostro protagonista, è di forte impatto la realtà fuori dell’istituto di rieducazione. Sul tema dell’impatto sugli adolescenti col mondo esterno, quasi dimenticato e nel frattempo molto cambiato dopo un periodo trascorso in comunità o in carcere minorile, si ricordano ad esempio le opera nostrane “Manuel” (2017) di Dario Albertini, “Fiore” (2016) di Carlo Giovannesi, e “Non ci sto dentro”(2009) di Antonio Bocola.
Da Cunha ha assegnato i ruoli agli abitanti di Reboleira, quartiere in demolizione e drasticamente mutato dove ha vissuto per dieci anni, riprendendoli con rispetto e ricercatezza formale riuscendo a renderli misteriosi e surreali e a catturare il loro sguardo per dare loro voce.
Il regista riesce inoltre a trasmettere tutta la marginalità e la violenza del complesso contesto urbano in modo autentico e senza filtri né pregiudizi, trasformandolo in cruda poesia e in disperata bellezza.
Il giovane protagonista si muove nel chiuso orizzonte delle mura del quartiere, con lo sguardo che scruta oltre i suoi confini, come un fantasma malinconico vaga nei bui vicoli come fosse ancora rinchiuso nell’istituto o in un carcere, anche se ora le sbarre seppur invisibili appaiono più spesse e invalicabili.
Recensione pubblicata dal sito del Tribunale per i Minorenni di Milano
che ospita le recensioni di Joseph Moyersoen