Siamo nel 1984, nel pieno bum della discomusic, di nuove tendenze e nuove droghe, Stella (Flavie Delangle) è una ragazza parigina di diciassette anni, schiva, riservata, che non ama studiare preferendo ballare, che fatica a comunicare con gli altri e che deve affrontare un anno di vita intriso di cambiamenti e di rotture: il “bac” (maturità francese), la separazione dei genitori, la vendita del “Café” (Bar) gestito dai genitori, la deriva della madre (Marina Foïs) con cui vive e le distrazioni e dimenticanze del padre (Benjamin Biolay).
Nel primo piano sequenza con una voce fuoricampo e inquadrature in oggettiva, conosciamo Stella che, alla fine delle vacanze estive trascorse con due amiche e compagne di classe in Sicilia e al ritmo del brano “Vado via” di Drupi, sfreccia sulla mitica Vespa 50 con Nino, un coetaneo italiano con cui ha avuto un’avventura e col quale per comunicare non è stato necessario parlare la stessa lingua.
Al rientro dalle vacanze Stella scopre la novità: il padre immaturo, che se n’è andato con l’amante molto più giovane e incinta di lui, la madre che, abbandonata e indebitata, fatica a gestire da sola il Café in cui Stella è cresciuta e quindi lo vende e le affitta una stanza di una mansarda per farla andare via di casa e poter così viverci con il proprio amante.
Stella, non vista dai genitori incentrati su sé stessi, si trova così in un primo cambiamento drastico, costretta a crescere più e troppo in fretta, oltre che a ricercare una compensazione affettiva altrove, oltre ai sensi di inadeguatezza di fronte a ciò che la società chiede e alle difficoltà di non stare al passo coi cambiamenti più consoni all’età adolescenziale delle amiche e compagne di classe che, nonostante lei a scuola si senta considerata come un’emarginata sociale, le restano vicine anche nei momenti in cui lei le allontana e si estranea da tutto e da tutti. Ma qualcosa accade: la scoperta de “Les Bains douches”, discoteca stile “Studio54” di New York e del giovane ballerino André, di cui rimane folgorata vedendolo ballare a ritmo di “Last night a DJ save my life”degli Indeep (1983) - la scena è girata en rallenty - la apre a un nuovo mondo e a nuove esperienze.
Nel locale “Les Bains douches”, simbolo di un’epoca di libertà, si concentrano le sequenze in cui si percepisce che Stella spicca il volo delle emozioni, grazie ad atmosfere, suoni, sudori e sapori intrisi di realismo, accompagnati dal ritmo frenetico della discomusic, dei suoni ipnotici e delle luci psichedeliche, delle note musicali di cui seguire la cadenza dei passi (di danza). Stella balla e ci fa ballare con lei, al ritmo di brani come “Face to Grey” dei Visage (1982), oppure “Blue Monday” dei New Order (1983) che si sono anche esibiti in quel locale, in un vortice di movimenti, luci e colori, che peraltro ben raffigurano sia quel periodo storico, sia la sete di vita della ragazza, ma anche i suoi tanti dubbi di cuore, ben lontani da certezze e sicurezze.
La regista Sylvie Verheyde, ha trascorso la sua infanzia nei quartieri poveri di Parigi dove i suoi genitori gestivano un Café, come nella pellicola quindi autobiografica. Ha frequentato il liceo Rodin durante il ginnasio. “Entre Chiens et Loups” è il titolo del suo primo cortometraggio che si è distinto al Festival di Clermont-Ferrand nel 1993. Il suo primo lungometraggio “Un frère” è stato presentato in vari Festival, tra cui al Festival di Cannes e al Sundance Film Festival, rivelando la giovane Emma de Caunes, che ha vinto il César come attrice rivelazione, e con la quale la regista ha lavorato due anni dopo in “Princesses” nel 1999. “Un amour de femme” del 2001 è il suo primo lungometraggio per la TV che ha riscosso grande successo in Francia. Nel 2004 è stata poi la volta di “Scorpion” da lei scritto e del quale ha ceduto i diritti per la sceneggiatura. “Sang froid” e “Stella” sono stati i suoi primi film diretti nel 2006 e 2008, quest’ultimo autobiografico, in cui ha ripercorso la vita della stessa regista, anche sceneggiatrice, ambientato alla fine degli anni Settanta.
Verheyde dirige l’opera “Stella est amoureuse”, descrivendo con naturalezza ed empatia le molteplici oscillazioni dell’adolescenza come fosse il “sequel” di “Stella”, e l’ha presentata al 75° Locarno Film Festival, nella sezione “Concorso internazionale”. Degna di nota la scena omaggio al film cult “Stand by me – Ricordo di un’estate” di Rob Reiner (USA, 1986), in cui Stella con le amiche cammina lungo le rotaie in aperta campagna.
L’uso delle inquadrature in oggettiva, si sussegue durante tutto il film, con una camera che segue quasi ininterrottamente il volto, lo sguardo, i movimenti del corpo di Stella, trasmettendoci con intensità le sue fatiche del vivere e il suo disagio personale, familiare e sociale, ma anche il suo desiderio di evasione, per poter vivere il presente con più leggerezza.
Anche nella sua storia col ballerino André, Stella dimostra di innamorarsi dell’amore più che del ragazzo, restando incapace di costruire una relazione affettiva, parla poco, non si racconta e non chiede nulla, mentre lui e i suoi amici le parlano con entusiasmo di artisti come Jackson Pollock, che lei non conosce. In fondo, sente vicini a sé solo i personaggi de “La Comedie humaine” di Honoré de Balzac (1842-48), in cui i personaggi si incontrano in un crocevia, si salutano e passano oltre. Una pellicola sul tempo di scoperte, trasgressioni, turbamenti e sollecitazioni palpitanti, ma anche in grado di confondere e confondersi, che può ricordare “La Boum” (Il tempo delle mele) di Claude Pinoteau (Francia, 1980). È l’opera che ha lanciato Sophie Marceau, in cui un’adolescente è confrontata alle prese con le sue prime esperienze amorose, anche se l’ambiente sociale parigino è completamente diverso.
Un’ultima nota sulla protagonista, le cui mutazioni improvvise di sguardo, gesti e reazioni offrono il volto giusto a una ragazza che alla fine decide una sola cosa, forse la più importante: riuscire a cogliere l’esistenza così come viene, giorno per giorno. “Il futuro?” dice Stella mentre la ritroviamo in vacanza in Sicilia dopo un Bac superato, “ci penserò a settembre”.
Recensione pubblicata dal sito del Tribunale per i Minorenni di Milano
che ospita le recensioni di Joseph Moyersoen