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Roma, 28 dicembre 2022
Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) esprime grave preoccupazione e dissenso circa il previsto anticipo al 28 febbraio 2023 dell’entrata in vigore della riforma del processo civile.
Condividiamo pienamente quanto già evidenziato in proposito sia dall’Avvocatura unita nelle sue componenti istituzionali, politiche e associative, sia dall’AIMMF (Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per le Famiglie).
Riteniamo infatti che l’anticipazione al 28/02/23 dell’entrata in vigore delle modifiche previste dalla legge 206/21 – i cui contenuti peraltro sono stati oggetto di inascoltato seppur motivato dissenso in sede di iter di approvazione – non risponda al requisito del superiore interesse della persona di minore età e della sua famiglia, perché non tiene conto dell’attuale reale, precaria situazione tecnico-organizzativa e di dotazione strumentale in cui sono costretti a operare i settori e gli organi dei Tribunali, con particolare riferimento ai Tribunali per i minorenni, e rappresenta di fatto un accelerato, pericoloso e insensato “salto nel vuoto” in un settore decisivo e importante per la vita di bambin*, ragazz* e delle loro famiglie.
Ci uniamo pertanto alla richiesta dell’AIMMF e dell’Avvocatura tutta nel chiedere con urgenza al Governo e, nello specifico, al ministro della Giustizia la rivalutazione dei tempi di entrata in vigore di detta riforma, la definizione di tempi e misure coerenti con la praticabilità dei processi di cambiamento, nel superiore interesse delle persone di minore età e delle loro famiglie, nonché l’avvio di un dialogo proficuo e costruttivo tra i preposti organi dello Stato e la società civile nella sue diverse composizioni (AIMMF, Avvocatura, Coordinamenti nazionali, Terzo settore) quale espressione di costruzione responsabile del bene comune.
Aderiscono al comunicato: ANFAA nazionale, CISMAI, CNCM, Agevolando.
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La vicenda della fuga dei sette ragazzi dall’Istituto Penale per Minorenni Beccaria di Milano ci propone diversi interrogativi e spunti di riflessione.
Vengono in considerazione in primo luogo, come ricordato già da altri, i problemi che affliggono l’IPM Beccaria ormai da molto tempo e che con ogni probabilità hanno contribuito a rendere pensabile e possibile l’“evasione di Natale”: carenza di personale, lavori di ristrutturazione che durano da troppo, mancanza di una Direzione stabile da quasi vent’anni. Questioni già evidenziate in passato anche dalla Camera Minorile di Milano e purtroppo ancora oggi in attesa di superamento.
Al di là del caso specifico (la fuga dall’IPM di Milano, sette ragazzi con sette storie, i relativi procedimenti, ecc.), cogliamo l’occasione per ricordare, ancora una volta, le gravi conseguenze che derivano dall’esiguità delle risorse destinate non solo per gli IPM ma più in generale per l’intero sistema – ché tale deve essere – della giustizia minorile. Nel nostro lavoro di avvocati minorili ci imbattiamo sempre più spesso in vere e proprie, per quanto non volute, violazioni dei diritti dei nostri giovani e a volte giovanissimi assistiti: violazioni derivanti dal trovarsi collocati in IPM fuori regione dato il sovraffollamento del Beccaria, dall’insufficienza dei posti in comunità in Lombardia per i ragazzi e le ragazze coinvolti in procedimenti penali, dalla carenza e comunque dall’elevato turn over di educatori o assistenti sociali, ciò che come ovvio ostacola lo sviluppo delle necessarie competenze, dalle difficoltà di accesso ai servizi specialistici del territorio, insufficienti e sempre in affanno, dalla scarsità di personale e di mezzi degli stessi uffici giudiziari minorili milanesi.
Abbiamo nel nostro Paese per i ragazzi e le ragazze autori di reato una normativa ancora oggi all’avanguardia che senza fare sconti di responsabilità propone una forte attenzione a che i percorsi penali siano occasioni anche di crescita, mai standard ma personalizzati. La stessa riforma recentemente approvata con l’introduzione della disciplina organica della giustizia riparativa (non solo per i minorenni) prosegue in quella direzione. Talvolta però le carenze sopra indicate ed evidenti anche nella nostra “ricca” Lombardia portano a tradire i principi e indebolire le norme e – ciò che più conta – a trascurare le persone, con conseguenze dannose per i singoli coinvolti ma anche per il benessere e la stessa sicurezza dell’intera società.
Vediamo da qualche tempo nel nostro territorio - che pur non è privo di opportunità - un mondo giovanile segnato da frustrazioni, rabbia, fragilità personali anche importanti, che a volte portano drammaticamente alla chiusura in se stessi e a volte esplodono in prove di forza nei confronti dell’autorità, familiare o istituzionale che sia, ovvero in veri e propri fatti di reato. E’ un mondo sempre più distante da noi adulti, singoli e istituzioni, che siamo spesso in difficoltà nel comprendere e nell’essere considerati interlocutori credibili e che molte volte, pressati dall’emergenza, siamo tentati di pensare che la soluzione realisticamente migliore sia una risposta forte o comunque in qualche misura innanzitutto contenitiva.
Come avvocati minorili sappiamo – lo vediamo quotidianamente nei processi - che gli interventi di rieducazione, riabilitazione o recupero che dir si voglia funzionano quando sono il risultato di un coinvolgimento attivo del ragazzo o della ragazza interessati e addirittura lo stesso giudizio di condanna ovvero i provvedimenti limitativi della libertà mantengono senso anche per i destinatari ed efficacia se accompagnati da una chiara volontà e capacità di tenere aperto il canale dell’ascolto e del riconoscimento.
I ragazzi fuggiti dal Beccaria ci propongono quindi come associazione e come avvocati un supplemento di impegno, nella formazione e nelle iniziative ai vari livelli oltre che nel quotidiano esercizio della professione, per contribuire al sempre miglior funzionamento della giustizia minorile e per accrescere le capacità di ascolto, di riconoscimento, di proposta e insomma di relazione con i ragazzi e le ragazze, anche quelli più “difficili”.
Milano, 27/12/2022
il Consiglio Direttivo della Camera Minorile di Milano
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E’ assai recente la notizia che nella legge di bilancio che deve essere a giorni discussa, il Governo abbia inserito l’anticipazione della entrata in vigore della riforma del processo civile.
A questo proposito AIMMF
SOTTOLINEA
come già in precedenza con numerose lettere al Ministero di Giustizia, appelli e comunicati, fossero state evidenziate serie perplessità circa la fattibilità di una riforma che sin dalla sua stesura non ha ritenuto di prendere in considerazione le effettive realtà degli uffici giudiziari e dei territori, prevedendo peraltro la sua complessa realizzazione ad invarianza finanziaria e senza aumento di organici.
EVIDENZIA
come la previsione approvata il 17 ottobre scorso con DL 149/22 dell’entrata in vigore al 30 giugno prossimo fosse già fonte di notevole preoccupazione dal momento che i tribunali per i minorenni
- continuano a non disporre del processo civile telematico e non sono in grado di dialogare con gli altri uffici giudiziari, con la necessità di costringere i difensori a muoversi dalle loro sedi a quella distrettuale per il rilascio di copie cartacee e la visione degli atti di controparte;
- dispongono di un numero di addetti amministrativi assolutamente carente, di talché gli adempimenti rapidi richiesti dalla riforma per garantire il rispetto del contraddittorio sconteranno certamente tempi non in linea con quelli previsti dalle norme approvate;
- hanno piante organiche di giudici togati del tutto inadeguate a fronteggiare una mole di lavoro sempre più esplosiva dopo la pandemia, specie nella impossibilità prevista dalla riforma di utilizzare appieno per le istruttorie la componente dei giudici onorari, senza la cui ampia collaborazione i tribunali per i minorenni non potranno più garantire tempi di trattazione delle procedure in linea con le stringenti esigenze di protezione dei minori, con conseguente importante aumento dei tempi di definizione dei processi, ottenendo quindi un risultato contrario alla finalità della riforma;
- sono stati esclusi dall’Ufficio del Processo (art.16 octies D.L. 179/2021) e non potranno quindi avvalersi del personale reclutato per la composizione dell’UPP.
RENDE NOTO
che per tali ragioni i ventinove presidenti di tutti i tribunali per i minorenni italiani hanno recentemente inviato una preoccupata missiva al signor Ministro della Giustizia, il cui contenuto si condivide integralmente
ESPRIME
intenso rammarico per la volontà espressa dal Governo di anticipare di quattro mesi l’entrata in vigore della riforma al prossimo 28 febbraio 2023, in assenza di qualsiasi riflessione sulla possibilità concreta di dare attuazione alle numerose modifiche legislative introdotte senza risorse adeguate.
SEGNALA
come ciò abbia provocato forte sconcerto, una sensazione di solitudine e seria preoccupazione per il caos in cui fra pochi giorni saremo catapultati, senza mezzi e strumenti necessari.
AGGIUNGE
peraltro il fatto che gli uffici minorili sono uffici promiscui che trattano sia la materia civile che quella penale e pertanto in questo tempo sono gravati dalla necessità di dare applicazione anche alla complessa riforma penale che non poche difficoltà attuative pure porta con sé.
ESPRIME
il convincimento che, oltre alla irrinunciabilità delle risorse, un adeguato tempo di studio dedicato a reperire soluzioni più confacenti per poter applicare la volontà del legislatore e dare agli uffici giudiziari, ma anche agli avvocati, la possibilità di organizzarsi al meglio, sarebbe stata una soluzione sensata e pertinente; mentre al contrario una accelerazione come quella proposta rischia di provocare malfunzionamenti, confusioni, prassi difformi e sostanzialmente denegata giustizia alla collettività che la attende e denegata tutela ai soggetti più fragili.
EVIDENZIA
come il settore minorile non abbia alcuna attinenza alla esecuzione del PNRR, né possa essere di interesse per l’Europa, che al contrario esige tempi maggiormente contenuti per i procedimenti civili più direttamente collegati al comparto economico.
AUSPICA
che, per evitare che la giurisdizione in questo settore importantissimo per la vita delle persone si trovi a compiere un vero e proprio “salto nel vuoto”, siano con urgenza rivalutati i tempi di entrata in vigore della riforma con un intervento immediato e una previsione trasparente circa tempi e misure che il Ministero dovrà necessariamente adottare per garantire la effettiva percorribilità delle normative approvate.
Roma, 22 dicembre 2022
Il Segretario Generale Il Presidente
Susanna Galli Cristina Maggia
Lo sconcerto di CNF e OCF
Con un comunicato stampa congiunto del 20 dicembre 2022, Consiglio nazionale Forense e Organismo Congressuale Forense hanno espresso sconcerto per l’emendamento del Governo sulla legge di bilancio in tema di anticipazione della riforma del processo civile al 28 febbraio 2023, rispetto alla data prevista del 30 giugno 2023.
"Suscita sconcerto la decisione del Governo di anticipare l’entrata in vigore delle disposizioni più rilevanti della riforma del processo civile al 28 febbraio 2023. L’emendamento governativo alla legge di Bilancio, con l’anticipazione delle principali novità del rito civile, stride peraltro con la decisione di posticipare, invece, la riforma del processo penale e soprattutto appare del tutto irragionevole e disfunzionale visto il caos in cui getterà cancellerie, magistrati e avvocati”.
In questi termini esordisce la nota stampa, che riporta le dichiarazioni della presidente del Consiglio nazionale forense (Cnf), Maria Masi, nonché del coordinatore dell’Organismo congressuale forense (Ocf), Mario Scialla.
La necessità di entrare a regime
“Innovazioni di forte impatto – proseguono Masi e Scialla - come la nuova fase introduttiva del giudizio di cognizione, infatti, richiedono negli operatori il giusto livello di approfondimento e consolidamento che non sarà possibile con un’anticipazione di quattro mesi rispetto alla data originaria di entrata in vigore. Questo tipo di considerazioni, d’altronde, hanno indotto opportunamente il Governo ad operare la scelta opposta in riferimento al processo penale. Non si comprende in nessun modo, dunque, la scelta vista la consapevolezza mostrata circa il già grave affanno della giustizia civile, definita prima causa di sofferenza dello Stato, con i ritardi dei processi che costano il 2% di Pil”.
Le criticità a carico del diritto di difesa
La presidente Cnf Masi e il coordinatore di Ocf Scialla hanno infine concluso: “E neppure ignora il Governo le criticità della riforma, di cui si appresta ad accelerare l’entrata in vigore, sotto il profilo del diritto di difesa. Criticità che aveva annunciato di voler risolvere, rispondendo all’auspicio dell’avvocatura di un intervento normativo sugli aspetti più spinosi della riforma della giustizia civile che, così come è, non è in grado di contrarre i tempi medi dei processi, con un inutile sacrificio delle garanzie di difesa e del contraddittorio, e senza una vera incidenza sugli obiettivi individuati dal Pnrr”.
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Al termine dell’assemblea nazionale i rappresentanti delle organizzazioni di tutta Italia hanno scelto la vicepresidente della cooperativa sociale Open Group: “Oggi più che mai credo nell’importanza di questa realtà che riesce a coniugare, in direzione ostinata e contraria, pratica, cultura e politica partendo dai territori e dalle persone che li abitano, soprattutto da chi fa più fatica”.
Milano – Per la prima volta ci sarà una donna alla guida del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA). Caterina Pozzi è stata eletta all’unanimità dai delegati e dalle delegate che il 15 e il 16 dicembre si sono dati appuntamento a Milano, presso la struttura del TeatroLaCucina all’interno dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, per l’assemblea nazionale “Comunità Accoglienti”.
Il CNCA è un’organizzazione presente in 19 regioni con oltre 240 enti del terzo settore associati: una rete che conta oltre 29mila soci, 14mila addetti e 5mila volontari che ogni anno si fa carico attraverso i servizi territoriali dei suoi associati di 4mila nuclei familiari e 45mila persone.
Caterina Pozzi, già amministratrice delegata e poi vicepresidente della Cooperativa sociale Open Group di Bologna, guiderà un Consiglio Nazionale del CNCA di cui fan parte 33 persone tra cui i 14 presidenti dei livelli regionali di coordinamento: Barbara Balbi (Veneto), Claudio Bassetti (Trentino Alto Adige), Lorenzo Camoletto (Piemonte e Liguria), Paolo Cattaneo (Lombardia), Domenico Di Palma (Puglia), Anna Paola Fabbri (Marche), Francesca Fiorentino (Calabria), Massimo Ippoliti (Abruzzo e Molise), Matteo Lami (Toscana), Piero Mangano (Sicilia), Stefano Nonino (Friuli Venezia Giulia), Stefano Regio (Lazio), Silvia Salucci (Emilia Romagna), Fedele Salvatore (Campania). Marina Galati rappresenta la rete di associazioni di volontariato del CNCA e sono 18 gli eletti in rappresentanza degli associati: Andrea Albino, Emiliano Bertoldi, Barbara Bussotti, Domenico Chionetti, Salvatore Costantino, Silvia Dalla Rosa, Mattia De Bei, Riccardo De Facci, Alessandra De Filippis, Jenny De Salvo, Michelangelo Marchesi, Liviana Marelli, Luigi Nardetto, Alessia Pesci, Massimo Ruggeri, Stefano Trovato (tesoriere) e Angelica Viola.
Il nuovo Consiglio segna una crescita della rappresentanza femminile e l’apertura alla partecipazione di 15 consiglieri al primo mandato. “Il mio essere donna e presidente”, spiega Caterina Pozzi, “vuole affermare un’idea di leadership diffusa e democratica, in cui le tante sensibilità, differenze e intelligenze delle persone del CNCA possano essere valorizzate e avere modo di esprimersi, all’interno di un’organizzazione che ha davanti sfide sempre più complesse”.
In un passaggio storico in cui il welfare può fare la differenza per migliaia di famiglie in scivolamento verso la povertà, il lavoro sociale attraversa una crisi causata da una delegittimazione che è urgente portare al centro dell’agenda politica, e il fare rete consente un confronto virtuoso e un rafforzamento della voce.
“Oggi più che mai credo nell’importanza di questa realtà che riesce a coniugare, in direzione ostinata e contraria, pratica, cultura e politica partendo dai territori e dalle persone che li abitano, soprattutto da chi fa più fatica”, ha dichiarato la neopresidente, che ha voluto ringraziare il suo predecessore Riccardo De Facci e la vicepresidente Marina Galati per l’impegno profuso e il sostegno ricevuto in questi anni.
Il 2022 è un anno particolare per il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza: “Son quarant’anni di CNCA”, prosegue Caterina Pozzi, “e il mondo va sempre peggio, verrebbe da dire parafrasando James Hillman; ma non ci perdiamo d’animo perché in questa mancanza e inadeguatezza ci abbiamo fatto casa, sognatori con i piedi nel fango assieme a tutte le persone che per amore o necessità abbiamo scelto di accogliere con le loro – e le nostre – vite complicate, fragili e vulnerabili”.
“In questo anno abbiamo anche cambiato nome”, prosegue, “da Comunità di Accoglienza a Comunità Accoglienti, perché ci riconosciamo in un cammino di prossimità con le persone e le organizzazioni, dentro le relazioni e i legami con i territori”.
Nella due giorni il CNCA ha confermato l’intenzione di supportare proposte generative e concrete di lavoro sociale e sociosanitario, come le cooperative di comunità, le comunità energetiche, il budget di salute, le case di comunità, l’educatore finanziario, le varie forme di housing sociale, la creazione di diversificati percorsi di inclusione sociale e i progetti di giustizia riparativa. Proposte che sono descritte nel volume Ostinatamente controcorrente, cercando giustizia sociale e ambientale.
Oltre a questo testo sono stati poi consegnati ai partecipanti il Taccuino sui grovigli e l’opuscolo Il tempo della consegna.
Conclude Caterina Pozzi: “Come CNCA assumiamo l’impegno affinché si eviti il rischio di una rigida contrapposizione tra pubblico e Terzo settore, superando la logica attuale che vede il Terzo settore mero esecutore di prestazioni. Il lavoro di cura, il lavoro sociale ed educativo richiedono pluralità di sguardi, competenza e un’esperienza diffusa e articolata: è un orientamento alla buona vita, alla gestione del bene comune e svolge una fondamentale “funzione pubblica” di responsabilità verso tutte le cittadine e tutti i cittadini”.
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Nell’ambito del progetto “Applying Safe Behaviours – Attuare comportamenti sicuri di prevenzione e risposta alla violenza tra pari” è ora disponibile anche un corso di formazione online gratuito per adulti di riferimento, docenti, professionisti della tutela e dell’educazione per apprendere a prevenire e rispondere al fenomeno del bullismo e della violenza tra bambini e ragazzi.
Il corso è gratuitamente disponibile al link:
https://iversity.org/en/courses/applying-safe-behaviours-prevenire-e-rispondere-alla-violenza-tra-pari
ed è fruibile in differita in modalità MOOC / e-learning: questo significa che potrete interrompere e riprendere la visione in qualsiasi momento.
Il suo completamento non richiede più di 1 ora e, al termine, è possibile scaricare un attestato di partecipazione.
In questo breve video di presentazione troverete un assaggio del corso:
https://www.youtube.com/watch?v=Z2dz8qBM2ZU&list=PLjEB0zJj8n2Fsh-e98UhH5UW3W1nXY7fe
Team “Applying Safe Behaviours”
SOS Villaggi dei Bambini
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Droga e Adolescenza …. il sottile limite tra trasgressione e fuga dalla paura
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