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15 luglio, Torino. Oggi si celebra la giornata mondiale delle capacità dei giovani, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2014 con lo scopo di sensibilizzare e far riflettere sull'importanza di investire nei giovani e sul loro impegno attivo e concreto, al fine di ridurre il più possibile le disuguaglianze sia di accesso alla formazione di base e di specializzazione, sia di entrata nel mercato del lavoro.
Dalla ricerca “Il disagio giovanile nelle periferie” promossa nel 2019 dall’Arcidiocesi di Torino, a cura di Mauro Zangola, emerge che a Torino i Quartieri che fanno registrare la più alta presenza di giovani sono anche quelli dove si registrano i più alti tassi di disoccupazione e la maggior presenza di NEET, cioè di giovani fuori dal mercato del lavoro e dall’istruzione. Falchera, Aurora, Barriera di Milano, Regio Parco e Mirafiori Sud sono i quartieri in cui è maggiore il disagio giovanile. Ciò che si evidenzia è che i quartieri in cui i giovani hanno più difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro sono gli stessi in cui gli adulti hanno un livello di istruzione più basso. L’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte interviene in questa Giornata per sollecitare la Rete dei servizi ad una più intensa collaborazione, l’unica via efficace per contrastare i circuiti di povertà e deprivazione, e le istituzioni a fornire più risorse perché ciò diventi la normalità e non una buona eccezionale pratica.
Antonio Attinà (Vice Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) afferma: “L’accesso al mercato del lavoro diventa sempre più difficile per chi non ha sviluppato specifiche competenze e abilità. Il rischio che si corre, con investimenti inadeguati per fronteggiare le disuguaglianze anche in questo ambito, è quello di condannare i giovani a divenire i futuri adulti poveri. Compito delle Istituzioni, in sinergia con il settore privato, è quello di garantire il diritto allo studio, abbattendo gli ostacoli che rendono difficoltoso l’accesso al mondo della formazione fornendo gli strumenti necessari per affrontare il percorso scolastico. Il voucher scuola della Regione Piemonte, ad esempio, è una misura importante, ma non sufficiente. Occorre sostenere i giovani e le famiglie durante tutto il processo formativo, offrendo corsi professionali regionali, tirocini o stage retribuiti, aumentare l’offerta formativa e di attività educative mirate che consentano di accrescere quelle competenze cosiddette “smart” e digitali”.
Focus dei servizi sociali è il contrasto di due fenomeni attuali e multidimensionali: la povertà educativa e la dispersione scolastica.
“Il mondo della scuola, insieme a quello dei Servizi sociali e alle famiglie, - racconta Chiara Biraghi (consigliere dell’Ordine regionale nonché assistente sociale presso un servizio sociale del biellese) - a causa del Covid-19 è stato costretto a far fronte a numerose sfide, una di queste la didattica a distanza. La DAD ha colto tutti impreparati: i diversi sistemi hanno dovuto implementare la loro collaborazione. I Servizi, affinché nessuno restasse indietro, hanno immediatamente rimodulato le loro attività, gli assistenti sociali sono stati di frequente sentinelle attente per intercettare i bisogni e ridurre le difficoltà, economiche, linguistiche e digitali di ogni famiglia”.
Una recente indagine Istat mostra un quadro non facile: il 14,3% delle famiglie con almeno un minore non possiede computer o tablet, e solo nel 22,2% delle famiglie ogni componente ha a disposizione un pc o tablet. E anche qui il grado d’istruzione influisce: nelle famiglie mediamente più istruite (in cui almeno un componente è laureato) la quota di quanti non hanno nemmeno un computer o un tablet si riduce al 7,7%. Nel 22,7% delle famiglie sono meno della metà i componenti che hanno a propria disposizione un pc da utilizzare. Solo per il 22,2% delle famiglie è disponibile un computer per ciascun componente.
“Per far fronte a questa drammatica realtà - aggiunge Carmela Francesca Longobardi (consigliera dell’Ordine piemontese e referente di progetti d’innovazione sociale presso un’impresa sociale) - il Terzo Settore ha tentato, insieme ai servizi sociali e ai territori, di fornire delle risposte creative e pratiche, grazie alla messa a disposizione, tramite bandi, di ben 24 milioni da parte delle Fondazioni bancarie piemontesi. Diviene sempre più importante consultare le comunità, co-progettando con loro mediante l’uso di strumenti partecipativi, al fine di immaginare soluzioni diverse a bisogni che si fanno più complessi. Non va dimenticato il fenomeno dei ritirati sociali. Soprattutto nelle situazioni più gravi, è necessario uscire dal virtuale per agganciare le famiglie nei luoghi in cui elle vivono”.
Antonio Attinà conclude: “Il virus è stato definito “democratico” e ha toccato tutti, indistintamente; alcune famiglie, le più fragili, hanno sofferto maggiormente l'impatto del lockdown compreso non poter accedere ai diversi servizi offerti normalmente dalla scuola e dalle istituzioni. Può essere utile un maggior coinvolgimento di tutte le forze sociali sul tema delle politiche del lavoro giovanili affinché si possa creare una sinergia ancora più strutturata che possa immaginare e sostenere progetti innovativi, finalizzati all'empowement dei giovani e all’acquisizione di competenze formali ed informali necessarie per l’ingresso nel mercato del lavoro, ed in questo noi siamo assolutamente disponibili”.
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel: 333.4896751
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Osservatorio Terre des Hommes e ATS Milano sugli studenti della Città Metropolitana ai tempi del Covid
8 ragazzi su 10 chiedono più attenzione alle esigenze dei giovani
“La scuola è fatta da persone e senza di esse non può definirsi tale”: una sintesi folgorante che contiene tutti i disagi e le preoccupazioni degli studenti italiani in questa fine dell’anno scolastico. È il commento di uno degli oltre 500 studenti delle scuole superiori della città metropolitana di Milano che hanno partecipato all’indagine online “Essere Studenti ai tempi del Coronavirus” lanciato da Terre des Hommes assieme alla rete di EducaPari, il programma di peer education e il programma Food Game di ATS Milano Città Metropolitana. Condotto nel mese di maggio, questo sondaggio segue quello realizzato su scala nazionale e raccoglie le opinioni degli alunni delle scuole milanesi sul periodo del lockdown e le loro proposte per la riapertura della scuola a settembre.
“La città metropolitana di Milano è stata una delle zone più colpite dall’emergenza Covid-19, per questo ci è sembrato importante capire l’impatto, soprattutto emotivo, che ha avuto sugli studenti” dichiara Manuela D’Andrea, responsabile del progetto Network Indifesa di Terre des Hommes in partnership con Associazione Kreattiva. “Da anni, con il nostro Osservatorio e la rete di webradio Indifesa, ascoltiamo le voci degli adolescenti su argomenti cruciali, come gli stereotipi e le discriminazioni di genere, bullismo e violenza on line. Soprattutto, attraverso il Network, incoraggiamo la piena partecipazione e il protagonismo dei ragazzi nei processi decisionali che li riguardano da vicino. Purtroppo, quest’ultima indagine ci conferma che i ragazzi non si sentono considerati a sufficienza da chi prende le decisioni: infatti solo il 15,6% degli intervistati pensa che le loro esigenze siano state prese in considerazione in questo periodo di emergenza Covid”.
“Sono stati mesi difficili ma hanno rafforzato ognuno di noi in modo diverso”
Nei mesi della chiusura la salute psicologica dei ragazzi milanesi è stata messa a dura prova. 3 studenti su 4 si sono sentiti soli e la cosa che è mancata di più è vedere gli amici (81%), andare a scuola (45%) e fare sport (38,4%). La convivenza in famiglia è andata bene o molto bene per più di 8 ragazzi su 10. Ma tra chi ha risposto “male” (il 14%), quasi la metà lo ascrive al cattivo rapporto con i genitori e il 39% alla mancanza di privacy. Il 30% si lamenta degli spazi troppo stretti in casa e il 26% dei litigi tra i genitori. 6 ragazzi su 10 dicono di essersi sentiti stressati, quasi 1 su 3 è stato triste, ansioso o confuso. Non manca però chi si è sentito felice (14,2%), tranquillo (15,6%) e fiducioso (15,2%). La metà dei ragazzi e delle ragazze afferma che questa emergenza li ha resi più consapevoli di ciò che accade attorno, un quarto dice di sentirsi più maturo o responsabile. Il 20% invece non si sente cambiato.
"Riteniamo queste risposte molto significative per comprendere meglio l'impatto emotivo che ha avuto questo periodo di lockdown sui nostri giovani", dichiara Nicola Iannacone, responsabile del programma Educapari di ATS Città Metropolitana di Milano. "Questa fase di ascolto è particolarmente importante per riuscire a coinvolgere sempre più ragazzi del nostro territorio per una promozione attiva della salute. Tale lavoro rientra fra le attività previste nel protocollo d'intesa siglato con Terre des Hommes".
“Dovrebbero darci più libertà per imparare seguendo noi stessi, non numeri di pagine, cosicché gli insegnanti siano guide e compagni più che robot alla cattedra”
Passando all’esperienza della didattica a distanza (DAD), più del 10% afferma di non essere riuscito a seguire le lezioni a distanza e il 30% non è riuscito comunque a seguire tutte le lezioni. Spesso la condivisione forzata dei dispositivi ha ostacolato gli studenti, dato che il 18% degli intervistati non possiede un pc e tablet personale per seguire la didattica. A più di 6 ragazzi su 10 è mancato soprattutto il rapporto con i compagni, mentre solo il 12% ha menzionato la mancanza del rapporto con gli insegnanti. Docenti che per il 47% degli intervistati non erano adeguatamente preparati per offrire una DAD di qualità. Non solo, anche dal punto di vista umano, quasi la metà degli studenti milanesi sentono di non aver ricevuto dagli insegnanti il necessario aiuto a comprendere e vivere meglio un momento così particolare.
Come strumento didattico però la DAD non è condannata tout-court: quasi la metà dei rispondenti la considera utile per supportare la didattica tradizionale in futuro e vede favorevolmente un mix di lezioni in presenza e online per gestire la ripresa scolastica a settembre se fosse ancora necessario mantenere il distanziamento. Uno studente su 3 invece preferirebbe i turni con classi più piccole e 1 su 4 lezioni solo online.
“Ho imparato il valore dell'attività fisica quotidiana e quello di una sana alimentazione, credo che questi mi abbiano permesso una crescita maggiore in questo periodo e che quindi li porterò avanti anche dopo l'emergenza Covid”
Ma cosa è cambiato per gli altri aspetti della vita quotidiana? Per un ragazzo su 3 lo stare sempre a casa ha peggiorato la propria alimentazione, mentre il 25% circa la ritiene migliorata. Le serie e i film sono stati il passatempo più gettonato per 6 ragazzi su 10, più della metà ha passato parte del suo tempo libero nelle chat e videocall con gli amici. La lunga permanenza sulla rete ha portato 3 ragazzi su 10 a sentirsi più esposto ai pericoli online e la metà dei ragazzi ritiene che i fenomeni di cyberbullismo e sexting siano aumentati, anche se solo il 4% dichiara di aver subito atti di cyberbullismo, trolling e sexting.
La chiusura ha significato per il 26% degli studenti la completa inattività fisica, mentre il 45,5% ha trovato nuovi modi (allenamenti online, tutorial, app) per fare sport. Il lockdown ha significato per molti la scoperta di nuovi hobby, spesso attività tradizionali che la frenesia del vivere cittadino aveva messo in secondo piano. Il 36% ha scoperto come nuovo hobby la cucina, il 18% la musica e 16,4% la lettura.
“Ho compreso profondamente che la nostra società ha bisogno di una radicale rivoluzione per fronteggiare una crisi che sarà molto più devastante e che colpirà soprattutto noi giovani in futuro, la crisi climatica”.
IL NETWORK INDIFESA E L’OSSERVATORIO SUGLI ADOLESCENTI ITALIANI
Da due anni Terre des Hommes, assieme all’associazione Kreattiva, ha dato vita al Network indifesa, la prima rete italiana di WebRadio e giovani ambasciatori contro la discriminazione, gli stereotipi e la violenza di genere, bullismo, cyber-bullismo e sexting. La rete, fondata sulla partecipazione e il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze attraverso il coinvolgimento attivo in tutte le fasi del progetto, ha stimolato ndo gli studenti degli istituti secondari di secondo grado a realizzare programmi radio mirati alla conoscenza e alla riflessione su violenza, discriminazioni e stereotipi di genere. Dopo essere stata ospite dell’ultimo Radio City Milano, adesso Radio indifesa si è estesa a tutto il territorio nazionale grazie anche al finanziamento del Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di BIC® e BIC Foundation. Al network hanno già aderito 12 WebRadio di tutto il territorio nazionale. Per info: www.networkindifesa.org
Terre des Hommes dal 1960 è in prima linea per proteggere i bambini di tutto il mondo dalla violenza, dall’abuso e dallo sfruttamento e per assicurare a ogni bambino scuola, educazione informale, cure mediche e cibo. Attualmente Terre des Hommes è presente in 67 paesi con 816 progetti a favore dei bambini. La Fondazione Terre des Hommes Italia fa parte della Terre des Hommes International Federation, lavora in partnership con EU DG ECHO ed è accreditata presso l’Unione Europea, l’ONU, USAID e il Ministero degli Esteri italiano - Agenzia Italiana per la Cooperazione Internazionale (AICS). Per informazioni: www.terredeshommes.it
Per maggiori informazioni e richiesta di interviste:
Rossella Panuzzo, Ufficio stampa Terre des Hommes
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1 giugno, Torino. Si festeggia la Giornata Mondiale dei Genitori, istituita nel 2012 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per ricordare che i genitori sono i primi autentici educatori dei bambini. Quest’anno la Giornata acquisisce un significato particolare perché l’emergenza sanitaria, che ha colpito pesantemente il Piemonte, ha alterato la vita delle famiglie, dei bambini, dei ragazzi e dei genitori, colpendo tutte le sfere della loro vita personale.
L’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte interviene per chiedere politiche sociali e azioni mirate volte al rafforzamento dei processi di sostegno alla genitorialità ed alla famiglia, nelle sue diverse e molteplici forme ed espressioni.
“L'emergenza – afferma Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) - ha amplificato e acuito le difficoltà legate al rapporto genitori-figli, a causa della perdita o mancanza di lavoro di uno o entrambi i genitori, alle criticità legate alla conciliazione cura familiare-lavoro, alla riduzione del reddito e allo sforzo di proiettarsi in un futuro ancora più incerto. Non deve inoltre essere sottovalutata la complessità a cui i bambini e i giovani sono stati sottoposti: improvvisamente le misure di contenimento dell’emergenza li hanno privati della socialità tra pari tipica del mondo scolastico, del mondo sportivo ed associativo. La nostra professione ci porta a stare accanto ai genitori con i quali avviamo processi di aiuto e percorsi di sostegno relazionale e/o materiale con il supporto della rete dei servizi socio sanitari ma non possiamo sottovalutare l’importanza, in questo periodo, di trovare il modo di aiutarli a spiegare ai figli, in modo adeguato al loro grado di comprensione e alla loro maturità emotiva, ciò che sta avvenendo intorno a loro. Soprattutto in un periodo di tensione e di perdita di riferimenti come la scuola, non ricevere spiegazioni dagli adulti, rischia di generare un'ansia ancora maggiore".
Simona Passanante, consigliera dell’Ordine regionale nonché assistente sociale presso servizi sociali di territorio, aggiunge: “Come Ordine degli Assistenti Sociali vogliamo rappresentare quanto contemplato negli art 11, 12 e 39 del nuovo Codice Deontologico, ovvero sollecitare scelte politiche “finalizzate al miglioramento del benessere sociale e della qualità di vita dei membri delle comunità maggiormente esposti a situazioni di fragilità, vulnerabilità o a rischio di emarginazione”, e di fungere da grimaldello perché si attuino le innovazioni e i cambiamenti strutturali necessari affinché il complesso sistema dei servizi sociali e socio sanitari diventi più efficace, più equo e più capace di utilizzare in modo integrato le risorse del settore pubblico e del terzo settore. Chiediamo alle istituzioni politiche sociali ed azioni mirate volte al rafforzamento delle risorse umane e sociali, che consentano ai servizi preposti di attivare processi di sostegno alla genitorialità in senso ampio, tenendo conto del fatto che gli effetti della precarietà e dell'incertezza saranno ancor più tangibili nel lungo periodo. La circostanza sanitaria ha richiesto impegno, spirito di inventiva e sforzi non indifferenti per gli assistenti sociali dei servizi sociali che in quanto servizi essenziali ed indifferibili hanno continuato a lavorare silenziosamente ed ininterrottamente, garantendo interventi necessari ed una vicinanza che seppure diversa ha costituito una importante àncora a cui aggrapparsi per tanti genitori e per tanti bambini”.
Quanto sta accadendo in queste ultime settimane, ci consente di immaginare che nel dopo-covid gli assistenti sociali si troveranno di fronte a nuove domande di aiuto di genitori resi ancor più fragili dalle circostanze di emergenza. Per tale motivo il sistema dei servizi a sostegno dei cittadini deve essere rafforzato con investimenti strutturali.
Rosina conclude: “Il nuovo Codice Deontologico entra in vigore proprio oggi e in questa nuova versione si precisa, rispetto alla genitorialità, quanto già presente nei principi professionali che non discriminano le persone in base alle loro scelte: l’assistente sociale riconosce le famiglie, nelle loro diverse e molteplici forme ed espressioni, nonché i rapporti elettivi di ciascuna persona, come luogo privilegiato di relazioni significative. Anche in questa prospettiva è importante che nessuno sia lasciato indietro e che le diverse espressioni di genitorialità siano appieno riconosciute”.
Carmela, Francesca Longobardi – Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass media – Ordine Assistenti sociali Piemonte / tel. 333.4896751
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In merito all emergenza Covid e alla realtà delle strutture di accoglienza , socioeducative e comunità terapeutiche per minori , si sta sollevando la questione , in prospettiva e in un' ottica di lungimiranza , questione "spinosa" , delicata ( ma tuttavia doverosa, da porsi) dei permessi relativi ai rientri a casa dei pazienti/ospiti minori e successivo rientro in Struttura perlomeno di quelli intraregione ( sulle visite dei familiari e sulla possibilità di fare dei piccoli gruppi in un qualche modo un apertura , con tutte le doverose accortezze del caso , c è stata, ma ancora è poco in quanto prevista solo come residuale ). Mi spiego:
La questione che si vuole porre , evidenziata alla fine di questo messaggio , come detto, concerne in particolar modo il tema dei rientri, dietro permesso, a casa. Questione da porsi, in prospettiva, nei prossimi mesi, giusto per essere lungimiranti, a meno che si vogliano assimilare queste Strutture a "Strutture di custodia" o involontariamente prefigurare, si passi la battuta, una sorta di "sequestro di persona". Non si danno soluzioni esaustive , ma l'intento è di sollevare la questione. Infatti:
1) l' ultimo decreto Conte prevede il ricongiungimento con i congiunti
2) in materia di sanità ha "parola ultima" la Regione.
3) Sulla questione rientri brevi dei pazienti c/o famiglie , nessuno finora si è chiaramente espresso ne regioni, ne ministero Sanità
4) Le Strutture per minori ( case famiglia , comunità terapeutiche) non sono luoghi di custodia
5) Allo stato i pazienti possono andare a casa qualora sospendano il programma o lo interrompono. E' l unico modo al momento per poter rientrare a casa, il che mi sembra alquanto paradossale. La Struttura non può permettere, ma il paziente ( o la famiglia) , giustamente, può decidere di interrompere un programma
6) la questione è studiare quale sia un protocollo che permetta , dopo un autorizzazione della Comunità ad un minore di rientrare a casa, per poi far rientro in Comunità, secondo criteri di sicurezza (tamponi/ test sierologici prima e dopo?)
7) Ad ora la cosa non è stata pensata poichè le varie ordinanze regionali e del ministero della sanità, non solo sono precedenti all' ultimo DPCM CONTE, ma sono state contemplate avendo in testa, in linea di massima , gli ospedali e le grandi organizzazioni ( io in un ospedale entro, ed esco quando sono guarito; ovvero non è contemplato in un programma ospedaliero il rientro a casa, se non quando sono stato dimesso. ). Il risvolto , di questa chiusura forzata, e' che si mettano a rischio rapporti terapeutici di fiducia costruiti faticosamente , con rischio concreto di drop-out. L altra aberrazione è questa : gli operatori possono andare a casa e tornare a lavorare in comunità . Per i pazienti questo non è valido . Si ravvisa in ciò uno sbilanciamento sottilmente pericoloso. È come se si partisse da un assunto implicito che le famiglie dei pazienti/ospiti , siano per definizione, sempre e comunque, famiglie scellerate. ...
Ecco quello che in maniera più articolata , prendendo spunto da alcune associazioni di categoria che hanno preparato due documenti ( che si allegano) e che si sono poste il problema ( Associazione per le Comunità Mito e Realtà , Fenascop , ecc) voglio porre alla Sua attenzione:
RIENTRI A CASA
Dal momento che nel DPCM 26 aprile us, vengono considerati come necessari gli spostamenti per incontrare i congiunti, si chiedono chiarimenti , per mezzo delle singole Regioni, in merito ai protocolli per la gestione dei permessi a casa e di rientro poi in comunità ( test in uscita e test al rientro?)
Difatti i permessi a casa - salvo un “abbandono” o sospensione del programma da parte del paziente o della famiglia → nei casi dei minori, laddove sono i genitori a detenere la responsabilità genitoriale - sono parte integrante del programma comunitario che non nasce con fini custodialistici e che prevede un’ aderenza volontaria del paziente al progetto terapeutico/riabilitativo.
Incontri e procedure nelle strutture residenziali – Comunità Terapeutiche per minori di età/adolescenti -
tra famiglie soggetti adulti e minorenni adolescenti a seguito Emergenza Coronavirus (COVID-19)
(clicca sul link per leggere il documento)
GESTIONE FASE 2 - OSSERVAZIONI E PROPOSTE A INTEGRAZIONE
(clicca per leggere il documento)
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OSSERVATORIO TERRE DES HOMMES E SCUOLAZOO: NON CONVINCE LA DIDATTICA ONLINE.
PER 6 MATURANDI SU 10 LA QUALITÀ DELL’APPRENDIMENTO È A RISCHIO.
Per far fronte all’emergenza coronavirus gli adolescenti italiani hanno dovuto reinventare il proprio tempo, fare i conti con la didattica a distanza e misurarsi con piattaforme virtuali per mantenere i legami affettivi. Ma quali sono i loro umori e le loro opinioni? 1 ragazzo su 2 dichiara che l’isolamento lo ha fatto sentire triste e sulla didattica a distanza hanno le idee chiare: c’è da lavorare sulla qualità dell’apprendimento. È quanto mettono in luce i risultati dell’Osservatorio “La scuola digitale per la Generazione Z” di Terre des Hommes e ScuolaZoo sull’impatto dell’emergenza covid-19 sugli adolescenti italiani.
Milano, 4 maggio 2020 – L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo”, recita una celebre dichiarazione di Nelson Mandela. Eppure, la didattica a distanza messa a punto non senza difficoltà per rispondere all’emergenza coronavirus, sta facendo emergere disuguaglianze e isolamento didattico mettendo, di fatto, a repentaglio il diritto allo studio e l’accesso ad un’istruzione di qualità. Sebbene il 97,8% degli studenti intervistati abbia seguito le lezioni online, solo il 10% crede che questo abbia migliorato la qualità dell’apprendimento mentre per il 42,4% è peggiorata. 7 ragazzi su 10 ritengono di ricevere un carico maggiore di compiti e il 60% teme che gli insegnanti non riusciranno a concludere il programma entro la fine dell’anno scolastico. Tuttavia, il 58% crede che la chiusura delle scuole non influenzerà in modo decisivo il voto in pagella. È questa la fotografia scattata da Terre des Hommes e ScuolaZoo attraverso i risultati dell’indagine online “La scuola digitale per la Generazione Z”, a cui hanno partecipato e risposto 5.000 studenti delle scuole secondarie italiane per raccontare l’impatto che l’emergenza Covid-19 sta avendo sugli studenti e quali scenari futuri si aspettano i ragazzi.
Un focus speciale è stato dedicato ai maturandi che, stando ai dati, sembrano essere la fascia di studenti più preoccupati per la situazione attuale e per il loro futuro. Quasi il 60%, infatti, pensa che la didattica a distanza abbia peggiorato la qualità dell’apprendimento, mentre il 75% dichiara di ricevere una mole di lavoro individuale maggiore ed è convinto che il programma non verrà completato. Inoltre, 1 maturando su 2 è preoccupato del fatto che tutto questo possa notevolmente influenzare il risultato finale dell’esame.
E quando ai ragazzi si chiede se pensano che la didattica a distanza avrà un futuro anche nella fase2 dell’emergenza, ritengono – e probabilmente sperano – che la scuola tornerà presto alla normalità, abbandonando il sistema della didattica online. Solo una minoranza (due studenti su 10) pensa che anche quando si tornerà alla normalità, la didattica a distanza potrebbe avere una qualche utilità.
Allargando poi lo sguardo a come i ragazzi hanno vissuto questi mesi di quarantena forzata, ai loro nuovi hobby scoperti in casa e a come sono cambiate le loro abitudini, dall’Osservatorio di Terre des Hommes e ScuolaZoo emerge che i ragazzi vogliono tenersi informati sulla crisi sanitaria e lo fanno soprattutto attraverso la tv (88%) e siti online di news (58%).
I canali tradizionali battono quindi i social network, che rimangono però i canali più utilizzati per mantenersi in contatto. Nonostante, infatti, il fiorire di nuovi software per organizzare videochiamate, Whatsapp e Instagram restano i preferiti. Inoltre, si scopre che, la generazione più “social” di tutte stia sfruttando l’occasione per dedicarsi anche ad altri hobby: il 73% guarda cinema e serie tv, il 52% ha iniziato a giocare agli e-sport e il 42% ha scoperto la passione per la cucina.
Guardando al futuro, però, il 62% degli studenti dichiara che non continuerà a incontrare gli amici via chat e più di 1 su 3 che abbandonerà le abitudini prese in isolamento. Di fondo, infatti, un ragazzo su due (48% del campione intervistato) ha dichiarato che l’isolamento sociale lo ha reso più triste, solo una piccola minoranza (il 4%) invece si è sentita più felice.
“Il benessere dei bambini e dei ragazzi è la ragione d’essere di Terre des Hommes e in un momento così difficile siamo più che mai interessati a conoscere la loro opinione. Per questo motivo abbiamo deciso di unire le forze con ScuolaZoo e ascoltare dalla voce dei ragazzi come stanno vivendo questo periodo e come si aspettano il futuro”, - dichiara Federica Giannotta, Responsabile Advocacy e Progetti Italia di Terre des Hommes. “Tramite l’Osservatorio e il nostro progetto Network Indifesa vogliamo portare la loro voce direttamente presso le istituzioni che si debbono occupare del loro benessere. Preoccupa infatti il loro stato d’animo a due mesi di lockdown, ma soprattutto l’insoddisfazione generale per la didattica a distanza, e la preoccupazione per il rendimento scolastico futuro. Sicuramente sono aree su cui le istituzioni dovranno lavorare nei prossimi mesi, se non vogliamo abbassare ulteriormente le performance degli studenti italiani e il numero di ragazzi che completano il ciclo superiore di studi”.
“Stiamo attraversando questa fase con un grande senso di responsabilità, perché sappiamo di essere un punto di riferimento per gli oltre 10 milioni di studenti che ci seguono sui diversi canali. Proviamo a essere un loro compagno, tutti i giorni, pubblicando informazioni e news sul mondo della scuola e provando a intrattenerli con una serie di format innovativi e affini al loro linguaggio”, - commenta Francesco Marinelli, Direttore Editoriale di ScuolaZoo. “Per fare questo però dobbiamo ascoltare quotidianamente i ragazzi e indagare le loro opinioni su temi che li riguardano direttamente. Per questo siamo felici di essere da sei anni in partnership con Terre des Hommes, un movimento di fama mondiale che come noi ha a cuore i diritti dei più giovani”.
IL NETWORK INDIFESA E L’OSSERVATORIO SUGLI ADOLESCENTI ITALIANI
Da due anni Terre des Hommes, assieme all’associazione Kreattiva, ha dato vita al Network indifesa, la prima rete italiana di WebRadio e giovani ambasciatori contro la discriminazione, gli stereotipi e la violenza di genere, bullismo, cyber-bullismo e sexting. La rete, fondata sulla partecipazione e il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze attraverso il coinvolgimento attivo in tutte le fasi del progetto, ha stimolando gli studenti degli istituti secondari di secondo grado a realizzare programmi radio mirati alla conoscenza e alla riflessione su violenza, discriminazioni e stereotipi di genere. Dopo essere stata ospite dell’ultimo Radio City Milano, adesso Radio indifesa si è estesa a tutto il territorio nazionale grazie anche al finanziamento del Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di BIC® e BIC Foundation. Al network hanno già aderito 12 WebRadio di tutto il territorio nazionale. Per info: www.networkindifesa.org
Terre des Hommes e ScuolaZoo dal 2014 collaborano per raccogliere le opinioni dei giovani italiani attraverso l’Osservatorio Indifesa, amplificarle, promuovere iniziative per la difesa dei loro diritti e favorire il dialogo tra gli adolescenti e le istituzioni. Al sorgere dell’emergenza Coronavirus Terre des Hommes in Italia ha subito messo disposizione una Helpline di sostegno psicologico per medici e operatori sanitari, ha supportato con donazioni l’Ospedale Buzzi di Milano e un centro d’accoglienza temporaneo per bambini rimasti soli a causa del Covid-19. In questi giorni sta distribuendo alimenti e tablet per la continuità didattica dei ragazzi a famiglie bisognose. Nel mondo è rimasta al fianco di migliaia di bambini con la condivisione di materiale informativo per la prevenzione, video didattici e ricreativi, e avviando attività di formazione per gli operatori sociali e insegnanti. Fin dal primo giorno di emergenza ScuolaZoo ha creato un fitto palinsesto di iniziative per informare, sostenere nella didattica a distanza e a far divertire i ragazzi.
About Terre des Hommes
Terre des Hommes dal 1960 è in prima linea per proteggere i bambini di tutto il mondo dalla violenza, dall’abuso e dallo sfruttamento e per assicurare a ogni bambino scuola, educazione informale, cure mediche e cibo. Attualmente Terre des Hommes è presente in 67 paesi con 816 progetti a favore dei bambini. La Fondazione Terre des Hommes Italia fa parte della Terre des Hommes International Federation, lavora in partnership con EU DG ECHO ed è accreditata presso l’Unione Europea, l’ONU, USAID e il Ministero degli Esteri italiano - Agenzia Italiana per la Cooperazione Internazionale (AICS). Per informazioni: www.terredeshommes.it
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Raffaele Di Staso, Media Relations
Gaia Marzo, Head of Corporate Brand
Rossella Panuzzo, Ufficio stampa Terre des Hommes
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28 aprile, Torino. La Giornata Mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, che si svolge il 28 aprile di ogni anno, è stata istituita nel 2003 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO/BIT). La manifestazione, di respiro mondiale, ha lo scopo di focalizzare l’attenzione internazionale sull’importanza della prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro e delle malattie professionali e sulla necessità di un impegno collettivo per la creazione e la promozione della cultura della sicurezza e della salute sul lavoro.
L’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte prende la parola insieme a due esperti del servizio sociale INAIL: Alessia Congia e Davide Damosso.
“L’emergenza Covid-19 - afferma Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) - rappresenta una tragedia umana drammatica sia dal punto di vista sanitario sia da quello sociale, economico ed occupazionale. La salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro costituiranno il cardine delle misure da adottare nella fase 2, con la riapertura graduale delle attività produttive e commerciali. La pandemia ha messo in forte crisi anche i servizi sociali, sono numerose le testimonianze che ci permettono di affermare che per la professione ha implicato un ripensamento importante. Obiettivo dei professionisti del sistema dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari, è contemperare a due esigenze antitetiche e difficili da coniugare: garantire la continuazione delle attività in quanto facenti parte di servizi essenziali nel rispetto delle disposizioni sul distanziamento sociale e sul divieto degli spostamenti e le relazioni di vicinanza relazionale con le persone, strumento fondamentale per portare avanti progetti di sostegno, accompagnamento, riconoscimento delle risorse personali, familiari, sociali. In queste settimane abbiamo individuato, attraverso diversi strumenti informatici (come skype, whatsapp, teams), non solo modalità per garantire il confronto con altri professionisti ma anche, ad esempio, per favorire l’incontro di gruppi di familiari di persone, con malattia mentale o patologie neurologiche. Deve inoltre essere riconosciuta l’attenzione nel mantenere, con incontri a distanza regolari, in sostituzione degli incontri in luogo neutro, la continuità affettiva tra bambini in affidamento o figli di coppie con vicende separative caratterizzate da alta conflittualità ed i loro genitori o nonni, tra gli anziani o le persone con disabilità inserite in strutture residenziali e le loro famiglie.”
Alessia Congia, assistente sociale INAIL, aggiunge: “La professione ha dato prova di sapersi reinventare e trovare soluzioni per poter essere vicini ai destinatari dei propri servizi, per “stare con l’altro” in sicurezza. Diverse e numerose sono state anche le iniziative per promuovere la solidarietà nelle comunità e tra i singoli, creando contatti, stimolando confronto e sostegno reciproci, formando vere e proprie reti di fronteggiamento”.
Il Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione dell’Inail, del mese corrente, attribuisce una classe di rischio (basso, medio-basso, medio-alto, alto) ai settori produttivi. Si considerano due variabili: l’esposizione e la prossimità. Il risultato prodotto viene combinato ad un terzo fattore, ossia l’aggregazione. Secondo questa classificazione, il comparto della Sanità e dell’Assistenza sociale presenta un rischio alto. Non è ovviamente l’unico.
“Importante sarà, quindi, - conclude Davide Damosso (Assistente sociale INAIL) - porre attenzione particolare alla salute psico-fisica di chi lavora nel sociale. Solo così si potranno garantire professionisti in grado di contribuire al sostegno di individui, famiglie ed alla ricostruzione delle comunità”.
Carmela, Francesca Longobardi – Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass media – Ordine Assistenti sociali Piemonte / tel. 333.4896751
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In questi giorni di difficoltà
Da quasi due mesi le nostre vite sono cambiate in modo improvviso e radicale. Dopo un momento iniziale di confusione e incertezza, forse di non piena consapevolezza di quanto stava per accadere, è stata presto chiara a tutti la dimensione drammatica del contagio e di questa emergenza.
Voglio anzitutto condividere la mia preoccupazione ed esprimere la mia vicinanza, a chi è stato colpito nei suoi affetti e al personale medico e sanitario impegnato nell’assistenza ai malati. A subirne le conseguenze più pesanti sono gli anziani. Una generazione di uomini e donne che hanno costruito con sacrificio, nel dopoguerra, la società in cui viviamo. E non solo loro. Il contagio colpisce in modo trasversale la nostra comunità e ci chiama tutti a seguire in modo responsabile le indicazioni su isolamento e distanziamento, per il bene nostro e, ancor di più, delle persone con cui veniamo in contatto.
Milano sta cercando con tutte le sue forze di affrontare questo dramma. Il Consiglio comunale, dopo l’approvazione del bilancio, avvenuta il 5 marzo, ha ripreso la sua attività a distanza, per la prima volta nella storia del Comune di Milano. Per questa via viene garantita la possibilità di riunire le Commissioni, di effettuare confronti in collegamento remoto; sono riprese dal 16 aprile in modo virtuale anche le sedute di Consiglio comunale. È stato istituito un Tavolo permanente di confronto sull’emergenza, Tavolo che ho il compito di presiedere e che vede presenti i capigruppo di tutte le forze politiche, il sindaco o un suo delegato, e l’assessore al bilancio. Si sta riunendo ogni settimana ed è l’occasione per allineare le informazioni, condividere le strategie, confrontarci con la Giunta comunale e audire i diversi attori della città.
È un’iniziativa che, in un momento così difficile in cui non possiamo più lavorare come lavoravamo fino a due mesi fa, garantisce che i rappresentanti dei cittadini abbiamo occasioni di confronto anche dialettico per far emergere priorità, problemi, strategie per rispondere all’emergenza.
In queste settimane il Comune di Milano si è speso il più possibile per mettere in atto iniziative di contrasto all’emergenza che stiamo vivendo: un fondo di 3 milioni stanziato dal Consiglio comunale a cui si è aggiunto un fondo di mutuo soccorso sostenuto da generose donazioni dei cittadini e dei privati per la gestione della crisi sanitaria e un fondo gestito insieme alla Curia per il sostegno ai più deboli; ha potenziato i servizi legati al numero 020202 con iniziative mirate agli anziani (consegne di pasti e medicinali a domicilio) anche grazie alla rete di volontariato a cui si è fatto appello sin dal primo momento; si è attivato autonomamente per distribuire mascherine ai medici di base, commercianti e tassisti, operatori sociali e nei quartieri popolari della città, dove il Comune ha deciso di mettere a disposizione 300mila mascherine, stimando di raggiungere circa 60mila nuclei familiari tra residenti nelle case popolari; ha messo a disposizione l’hotel Michelangelo e le sue 300 stanze dell’autorità sanitaria per fornire spazi di isolamento e quarantena; i primi ingressi dal 30 marzo; ha rafforzato le misure sanitarie e ampliato gli orari di apertura dei centri per senza fissa dimora; ha avviato la sanificazione delle strade in tutti i quartieri e di tutti i mezzi pubblici; attraverso una procedura straordinaria; ha prorogato di 4 mesi tutti i pass emessi dagli uffici della mobilità; prorogato la scadenza delle carte di identità al 31 agosto; ha ristabilito le frequenze dei mezzi nelle fasce di punta dopo che la Regione ne aveva imposto la riduzione con una ordinanza; ha sospeso la sosta a pagamento in tutta la città, aperto AreaC e AreaB, ha esentato le famiglie dal pagamento per i mesi di chiusura straordinaria dei nidi e prorogato il pagamento della frequenza degli stessi del mese di gennaio al 30 aprile. Le famiglie che hanno già effettuato il pagamento dell’intero anno avranno diritto al rimborso dei mesi di chiusura; per i contributi al servizio di refezione scolastica a Milano Ristorazione Spa: ha deciso il differimento al 15 maggio 2020 di tutti i termini di pagamento per gli alunni frequentanti le scuole dell’Infanzia Comunali e Statali, le scuole Primarie e le scuole Secondarie; ha stabilito il rinvio del pagamento delle prime tre rate del 2020 degli affitti e delle concessioni dovute al Comune per gli immobili di sua proprietà assegnate ad attività commerciali, culturali, giovanili, sport e del tempo libero nonché alle imprese; ha previsto la facoltà di dilazionare il pagamento della Tari in 4 rate invece che due; ha disposto il differimento del termine di pagamento di canoni e spese degli alloggi popolari del Comune al prossimo 30 settembre, con possibilità di rateizzazione che potrà tenere conto delle situazioni economiche dei nuclei familiari, in analogia con provvedimenti già emessi dall’Amministrazione; ha istituito i buoni spesa per le famiglie in difficoltà per assenza di reddito o perdita del lavoro; ha organizzato una serie di HUB per la consegna di cibo alle famiglie più povere e pubblicato sul sito una mappa in continuo aggiornamento dei negozi che, nei vari quartieri, effettuano le consegne a domicilio.
Altre iniziative verranno pensate e avviate in base ai bisogni e all’evolversi della situazione.
Qualche considerazione su quello che sta accadendo
È difficile non restare sgomenti e senza parole, di fronte alla sofferenza e alle difficoltà di molte persone, delle strutture sanitarie e dei suoi operatori, degli infermieri e i medici in prima linea. Quello che sta accadendo, l’enormità dei lutti e delle sofferenze che la nostra comunità sta vivendo, ci ammutolisce. Ma dobbiamo reagire, da subito. È fondamentale in questo momento unire le energie per dare più forza alla risposta della nostra città a questa terribile emergenza.
In questo momento di emergenza l’attenzione di tutti è rivolta, come giusto, alla dimensione sanitaria dell’emergenza, alla situazione degli ospedali, dei reparti di rianimazione, alla condizione drammatica di lavoro di medici e infermieri. Un riconoscimento doveroso viene fatto all’impegno di tutti i lavoratori delle catene essenziali di produzione e commercio cui si deve la sopravvivenza di tutti i cittadini in isolamento in questi giorni: i lavoratori del settore alimentare, gli autotrasportatori, i farmacisti, e così via.
Poca attenzione viene però riservata a strutture dell’assistenza ai più deboli e vulnerabili: case di riposo, comunità per disabili, comunità di accoglienza per minorenni, comunità terapeutiche. Sono strutture altrettanto essenziali per la nostra società. Questi servizi stanno reggendo grazie al grande sforzo degli operatori, che affrontano una situazione molto difficile, anche da un punto di vista psicologico.
Il sociale è un settore trascurato, nei confronti del quale c’è poca attenzione a livello pubblico. Anche che le reti sociali stanno subendo un colpo durissimo. Questa crisi che stiamo vivendo anche per il Sociale non sarà una semplice parentesi, ma un colpo durissimo dopo il quale il terzo settore si troverà molto indebolito, proprio quando, tra pochi mesi, si troverà a dover affrontare bisogni ancora più grandi.
La rete di fronteggiamento dei bisogni che ha garantito in questi anni coesione sociale e sostegno ai più vulnerabili sarà infatti più fragile, a partire anzitutto dagli operatori che stanno pagando un prezzo durissimo, per affrontare con responsabilità e professionalità il loro compito quotidiano, nell’isolamento cui sono costretti loro e i loro ospiti.
Esiste poi la questione inderogabile delle responsabilità per la situazione tanto drammatica e difficile in cui versa la nostra regione, che sta pagando il prezzo più alto nel nostro Paese per questa emergenza. Dobbiamo interrogarci su cosa non ha funzionato e su cosa non stia funzionando, su cosa va immediatamente cambiato nelle strategie di prevenzione e intervento per arginare il contagio. Esiste poi la questione drammatica delle RSA, le strutture per anziani, del loro abbandono e, come sembra, di procedure e provvedimenti inefficaci e forse irresponsabili, su cui sta indagando la magistratura. Se fossero confermati non potrebbero trovare alibi alcuno nell’urgenza ma prefigurerebbero una pesantissima e scellerata negligenza. Quello che leggiamo sui giornali, il dolore dei familiari e i loro racconti nelle inchieste televisive, lasciano addolorati, sconcertati, indignati. La domanda di verità e di giustizia per i nostri moltissimi concittadini parenti di anziani deceduti nelle Rsa è sempre più forte e su questo si dovrà approfondire e far chiarezza senza sconti nelle sedi opportune.
Oltre a interrogarsi su cosa non ha funzionato, bisogna capire cosa cambiare da subito, ora, nelle strategie di risposta all’epidemia, che sembrano inefficaci se paragonate non dico a quelle di altri Paesi, ma a quelle di altre Regioni. Occorre mettere a punto una strategia di contenimento efficace del virus, utilizzando in modo massivo e puntuale i tamponi, per contrastare il fenomeno dei contagi intra-familiari e per tutelare le persone che stanno lavorando. Occorrerebbe pensare a una Fase 2 non solo dei processi di ripresa produttiva ed economica ma, innanzitutto, a quella propedeutica di diffusione e trasparenza dei dati sul contagio. Dopo oltre un mese di chiusura, prima di dare la responsabilità ai singoli cittadini per i loro comportamenti individuali, sarebbe molto più importante capire, al di là dei numeri assoluti, chi sono i nuovi contagiati, dove si stanno contagiando (in ospedale, nelle Rsa, a casa, al lavoro?), che vita fanno, chi hanno incontrato, e così via. Mi chiedo: se oggi una persona si ammala in modo lieve ma con sintomi precisi della malattia, perché non viene effettuata prontamente una verifica? Di più: se una persona si ammala in una famiglia, perché non esiste un protocollo automatico, non discrezionale, che funzioni in tutti i Comuni della nostra Regione, per effettuare il tampone immediatamente a tutti i familiari?
In queste settimane abbiamo sentito quotidianamente un profluvio di opinioni tecniche, sanitarie e ancor più politiche, informazioni e opinioni spesso contrastanti che ci hanno disorientato, un presenzialismo mediatico che non sta portando chiarezza. È inderogabile la richiesta di informazioni e dati, di quella trasparenza cui fino ad oggi chi governa la Regione si è sottratto.
È stato richiesto un radicale cambiamento di vita, di abitudini, un sacrificio senza precedenti ai cittadini per arginare il contagio, e Milano ha saputo recepire questa necessità in modo responsabile. Occorre ora un radicale aggiustamento di rotta delle politiche sanitarie e della comunicazione istituzionale.
In prospettiva
Oggi abbiamo un doppio compito. Da una parte gestire l’emergenza e stare vicini alle persone più esposte e più vulnerabili, in questa fase così difficile. Su questo fronte, condivido il cambio di strategia chiesto dai sindaci della città metropolitana di Milano ormai molti giorni fa e non ancora recepito, con un passaggio da una gestione soprattutto emergenziale e ospedaliera, che sta ormai arrivando alla saturazione delle possibilità di risposta, a una basata sulla sorveglianza attiva territoriale.
Dall’altra parte, dobbiamo incominciare a pensare anche alla ricostruzione. Tra pochi mesi l’emergenza del contagio sarà ridimensionata, speriamo, e dovremo essere pronti e lucidi per affrontare quanto avremo di fronte. Questa è una crisi senza precedenti, che sta provocando un “effetto domino” sulle attività produttive e, simultaneamente, un crollo dei consumi e degli investimenti.
Ricostruire vorrà certo dire intervenire sulle leve della ripresa economica ma anche infondere nella società e nei cittadini fiducia, desiderio e possibilità di risollevarsi: questo avviene solo quando le persone sentono vicine e presenti le istituzioni, per rispondere ai bisogni dei singoli e delle categorie sociali, con provvedimenti adeguati, senza lasciare nessuno nella disperazione e nella solitudine. Il modo in cui ci orienteremo nella ricostruzione non è indifferente, dovremo procedere facendo tesoro della lezione di quanto avvenuto.
Questa è una tragedia inedita per le sue caratteristiche e per la sua vastità, una minaccia fisica che colpisce gli uomini e le donne nel corpo, mette a rischio la loro stessa possibilità di sopravvivenza e solleva in modo potente e ineludibile un fattore così semplice e così tragico, di cui tanto persone da tempo, nel mondo, stanno sottolineando la gravità: la rottura degli equilibri ambientali. È uno shock del sistema che ci porta una volta di più a interrogarci su cosa abbiamo fatto del nostro rapporto con l’ambiente e con la natura. Le politiche, in futuro, dovranno a mio giudizio fare un salto di qualità, puntando anzitutto a trasformare il sistema a partire da una rinnovata centralità dell’uomo e dell’ambiente. La trasformazione del sistema dovrà prevedere politiche trasversali che proteggano, predispongano e prevengano.
La minaccia al nostro benessere di comunità e di cittadini, in futuro, avrà due grandi polarità: quanto può derivare dal cambiamento climatico, dal deterioramento dell’ambiente, da un rapporto predatorio con la natura e con i viventi non umani; le nuove e drammatiche disuguaglianze economiche e sociali prodotte da questa crisi senza precedenti.
Indietro non si potrà tornare, quello che stiamo vivendo dovrà essere la lezione per un salto di qualità delle politiche, improntate a un futuro che veda una società rinnovata nei suoi equilibri, nelle sue tutele dei diritti fondamentali, nella sua attenzione all’ecologia.
Con il progetto Milano 2046 abbiamo compreso come le società siano esposte sempre di più a shock improvvisi, catastrofici. Sarà lungimirante investire sulla resilienza della nostra città, e del nostro Paese, predisponendo strumenti di tutela e risposta di fronte a questi fattori imprevedibili di crisi, che si possono comunque contenere nei loro effetti più devastanti.
Penso a un nuovo welfare, a un sistema sanitario rafforzato, democratico e accessibile, non centrato solo sui grandi ospedali ma con una forte presenza territoriale e una maggiore cura della medicina di base, a un rilancio della ricerca, della scuola, a un’economia non più così determinata dall’interesse di pochi. Uno dei rischi più grandi, infatti, sarà quello di doverci confrontare con nuove e più forti diseguaglianze. Penso, in altre parole, a una radicale inversione di rotta.
Sarà molto impegnativo ma ne avremo la forza, ne sono sicuro. Quello che stiamo vivendo ci renderà più consapevoli, più altruisti, più determinati a volere una società migliore.
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Le misure fin qui adottate dal Governo non proteggono e tutelano i bambini più vulnerabili, rendendoli di fatto invisibili.
Stiamo parlando di 450.000 bambini e adolescenti che in Italia sono in carico ai servizi sociali, 91.000 a causa di maltrattamenti che subiscono in casa.
Questi bambini stanno vivendo l’esperienza traumatica dell’isolamento probabilmente senza adulti in grado di spiegare loro cosa stia succedendo e tutelare in modo adeguato il loro benessere psicologico.
In tanti casi, le restrizioni connesse all’emergenza sanitaria hanno interrotto o fortemente diminuito il supporto educativo che ricevevano, proprio perché già in situazioni di rischio.
Nei casi più drammatici vivono chiusi in casa senza vie di fuga dalla violenza fisica e psicologica che subiscono tutti i giorni.
- Scritto da Ubiminor
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Il “lavoro agile”, o smart working, come viene spesso chiamato, non è – o almeno non dovrebbe essere – la conseguenza di una costrizione, come avviene oggi nel caso dell’emergenza Covid-19. Definito nella legge n. 81/2017, il lavoro agile partiva dal presupposto della volontarietà: il datore di lavoro e il dipendente stringevano un accordo perché il secondo potesse svolgere alcuni compiti da remoto. Non è agile – per quanto necessario – essere obbligati a restare in uno spazio limitato, in cui dover anche lavorare. È evidente che questa situazione rischia di compromettere l’equilibrio di molte persone, oltre che l’efficacia stessa dell’impegno lavorativo. L’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna riparte dal concetto iniziale di smart working, per comprenderlo meglio e auspicabilmente attuarlo meglio, appena sarà possibile.
In realtà, lo smart working è un progetto che prevede nuove organizzazioni e nuove modalità di lavoro, anche al di fuori dell’azienda. Sostanzialmente, il lavoro agile è un accordo basato sulla fiducia e sul confronto sui risultati, che diventano il fondamento retributivo, scalzando l’orario di lavoro, finora considerato elemento principale di ogni contrattazione. In quest’ottica, il lavoro agile favorisce il sentimento di appartenenza e di partecipazione della persona alla propria realtà lavorativa, promuovendo benessere e produttività.
Il lavoro agile richiede capacità di autogestione di spazi e tempi: il rischio, infatti, è di comportarsi come se si fosse sempre a lavoro. Anche per questo lo smart working non può essere l’unica forma di lavoro, conservando in parallelo impegni lavorativi ben delimitati nel spazio e nel tempo. D’altra parte, se la “modalità agile” fosse esclusiva, porterebbe all’isolamento dei dipendenti, all’assenza del confronto tra colleghi, che, seppur presenti in forma virtuale, verrebbero privati del rapporto necessario alla condivisione. Il setting, il contesto, è una parte essenziale dello svilupparsi delle relazioni e dell’empatia tra colleghi.
Ciò che sta accadendo oggi è, piuttosto che lavoro agile, la risposta più rapida possibile a un’emergenza sanitaria di proporzioni enormi. In futuro, bisognerà ripensare il modo di lavorare in remoto, ripartendo dal progetto iniziale, in modo da recuperare la dimensione in presenza, almeno in alcuni momenti della settimana, con la possibilità di gestire da vicino, senza la mediazione di uno schermo, emozioni, conflitti, rapporti e impegni lavorativi: la possibilità, in sostanza, di restare umani.
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Le mura di casa possono salvare le persone dal contagio del Covid-19, ma al loro interno possono nascere o crescere la violenza fisica, psicologica ed economica. Queste situazioni rischiano di venire amplificate dalla necessaria limitazione ai movimenti, diventando un’emergenza nell’emergenza. Dai primi dati dell’indagine basata su questionari “Mutamenti sociali in Atto-COVID19” del CNR-Irpps, comunicati il 27 marzo, emerge che in Italia circa 2 persone su 10 segnalano che il protrarsi di una convivenza forzata potrebbe generare un aumento della violenza fisica, prevalentemente degli uomini sulle donne. Una persona su dieci segnala anche un problema di violenza psicologica delle donne sugli uomini.
Dando anche seguito all’invito del Ministero dell’Interno a informare e sensibilizzare sul tema, l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna ritiene indispensabile porre l’attenzione sulla violenza domestica in situazioni di convivenza forzata, una violenza che più del solito rischia di restare taciuta. È noto come nei periodi ordinari, durante i fine settimana o le vacanze, si registri un aumento degli episodi di violenza: in modo particolare, quindi, quando la vita in comune diventa più intensa. Lo stesso rischia di avvenire ora.
La vita sociale, l’attività lavorativa e la scuola in situazioni di violenza domestica, normalmente, sono luoghi sicuri dove poter chiedere aiuto portando i propri segnali di violenza subita. Oggi, però, la forte riduzione dei contatti sociali e di compresenza obbligata può compromettere questa possibilità per le vittime. In considerazione di tale circostanza, da più parti sono state sollecitate misure idonee a supportare in particolare donne e minori.
La Commissione Pari Opportunità dell’Ordine degli Psicologi dell’Emila-Romagna rilascia la seguente nota ufficiale: “È fondamentale, per noi psicologhe e psicologi, professioniste e professionisti della salute, rassicurare le persone, comunicare loro che la rete antiviolenza è presente e attiva nella nostra regione anche in questo periodo e che sono garantite consulenza, sostegno psicologico e protezione.
Riteniamo inoltre indispensabile sottolineare l’importanza che chiunque assista o venga a conoscenza di situazioni di violenza contatti le forze dell’ordine. Ognuno di noi può aiutare una persona vittima di violenza domestica e di violenza assistita salvaguardandone la salute psicofisica.
Di seguito rendiamo noti a colleghe e colleghi, a tutte le persone, i riferimenti presenti sul nostro territorio regionale, attualmente funzionanti per richiedere aiuto”.
CONTATTI UTILI
- 1522 è il numero nazionale gratuito attivo 24 h su 24.
- I Centri antiviolenza sulle donne accreditati e presenti in Regione ER sono elencati alla pagina: https://parita.regione.emilia-romagna.it/violenza/temi/la-rete-delle-case-e-dei-centri-antiviolenza
- Per richieste da parte di uomini maltrattanti, si segnala la presenza delle seguenti associazioni:
- su Rimini il DIRE UOMO, https://www.vincenzovannoni.it/associazione-direuomo/
- su Reggio Emilia, https://www.libera-mente.org/s-u-m-servizi-per-uomini-maltrattanti/
- su Bologna, http://www.senzaviolenza.it/il-centro/
- sul territorio interprovinciale della Romagna, http://www.informafamiglie.it/ravenna/servizi-alle-famiglie/sostegno-psicologico/ldv-azienda-usl-romagna
- Centro Uomini Maltrattanti, per Ferrara e altre sedi in Italia: https://www.centrouominimaltrattanti.org/