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Il 28 settembre si celebra l’International Right to Know Day, ovvero una giornata di consapevolezza sul diritto alla conoscenza, stabilita dalla Conferenza generale dell’UNESCO in seguito alle pressioni dei sostenitori dei diritti civili internazionali i quali, durante una conferenza tenutasi il 28 settembre 2002 a Sofia in Bulgaria, hanno sollecitato una maggiore trasparenza nell’informazione al fine di migliorare la libertà degli standard divulgativi. Sensibilizzare l’opinione pubblica sul diritto all’accesso alle informazioni è anche uno degli obiettivi dell’Ordine degli Assistenti Sociali in quanto la comunità professionale riconosce il diritto alla conoscenza e al sapere come principi fondamentali e irrinunciabili dell’essere umano.
Afferma Rosina (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte): “Avere accesso alle informazioni è un diritto universale che è alle fondamenta della nostra libertà di espressione perché è il presupposto di una piena partecipazione come cittadini alla vita democratica. La giornata internazionale del diritto alla conoscenza è una importante occasione per ricordare quanto sia urgente e indispensabile che anche in Italia vi siano norme che garantiscano la libertà di accesso ai dati”.
Nel contesto italiano, l’unico strumento di accesso alle informazioni era la Legge n. 241 del 1990. Con l’approvazione del Decreto Trasparenza da parte del Consiglio dei Ministri nel marzo 2013 (33/2013), l’Italia iniziava a estendere il diritto dei cittadini ad accedere alle informazioni detenute dalle Pubbliche Amministrazioni. Il Decreto Trasparenza non sanciva però “l’accesso generalizzato” che avrebbe dovuto garantire a chiunque di chiedere qualsiasi documento.
Il diritto di accesso all’informazione è regolato da norme conosciute internazionalmente come “Freedom of Information Acts” (FOIA). Il primo FOIA in Italia è stato emanato con il Decreto Legislativo n. 97 del 25 maggio 2016 che ha riordinato la disciplina riguardante la diffusione delle informazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni. Secondo il “Right to Information Rating”, la graduatoria internazionale dell’accesso alle informazioni stilata in base all’analisi delle leggi sulla trasparenza di oltre cento Paesi, l’Italia è passata dall’essere tra i dieci peggiori Paesi alla 55esima posizione.
Francesca Belmonte, Consigliera Segretario dell’Ordine regionale, precisa: “La visione del Croas Piemonte è far sì che gli iscritti diventino agenti stessi di trasparenza. Attraverso le comunicazioni a mezzo mail, PEC e tramite la pubblicazione dei post sul gruppo chiuso Facebook, l’obiettivo del Croas Piemonte è costruire un sapere condiviso e comune grazie all’accesso libero, trasparente e gratuito alle informazioni inerenti l’Albo, la formazione continua e l’azione professionale”.
L’Associazione “Diritto di Sapere” ha condotto un monitoraggio sull’applicazione del Foia italiano, al fine di analizzare come le amministrazioni rispondono alle richieste di accesso. I risultati sono stati pubblicati nel report “Ignoranza di Stato”, titolo che fa trapelare il quadro generale in materia di accesso alle informazioni detenute dalle Pubbliche Amministrazioni italiane. A fronte dei principali dati emersi, in particolare in riferimento alla percentuale dei silenzi amministrativi (73%) e dei dinieghi illegittimi (35%), il titolo “Ignoranza di Stato” non potrebbe essere più appropriato. Tuttavia, per quanto allarmante, il quadro che emerge dal monitoraggio dà anche una speranza di miglioramento, a detta dell’Associazione “Diritto di Sapere” perché, se il Foia italiano viene applicato con meno discrezionalità da parte delle amministrazioni, potrebbe davvero contribuire a rendere l’Italia un po’ più trasparente. A tal fine però, pare necessario un investimento che garantisca un’adeguata formazione dei dipendenti pubblici, requisito basilare per la corretta applicazione e per il rispetto degli obblighi sanciti dal Foia – ovvero le tempistiche di 30 giorni, le motivazioni di diniego, indicazioni sulle modalità con cui inviare una richiesta di accesso.
Rosina conclude “Un miglioramento della norma è auspicabile in quanto è necessario formare i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni a promuovere il diritto d’accesso alle informazioni, ricevere reclami sulla gestione delle richieste e valutare sanzioni se necessario per garantire il rispetto della norma. L’attenzione dell’Ordine Assistenti sociali del Piemonte, riconoscendo l’importanza di tale aspetto, da diversi anni investe sulla massima diffusione delle informazioni a beneficio degli iscritti e dei cittadini che alla professione si rivolgono”.
Carmela, Francesca Longobardi – Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass media/ tel. 333.4896751
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Per l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna è fondamentale riflettere su alcuni assunti di base - non sempre espliciti e consapevoli - che condizionano la relazione di coppia e di conseguenza la definizione di compiti e responsabilità alla nascita di un figlio. Uno dei primi passi è opporsi allo stereotipo che da sempre impone all’uomo il ruolo di colui che deve “portare il pane a casa”, e fare riferimento al concetto di genitorialità piuttosto che a quello di maternità. Stereotipi di questo tipo si possono superare psicologicamente e culturalmente, anche con il supporto di cambiamenti normativi.
A questo proposito, bisogna notare che il parlamento europeo ha recentemente approvato la direttiva 2019/1158 (http://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20190402IPR34670/lavoro-e-famiglia-nuove-regole-ue-su-congedo-parentale-e-di-paternita) che prevede dieci giorni lavorativi di congedo di paternità retribuito alla nascita (attualmente in Italia i giorni sono cinque, legge n. 145 del 30/12/18), più il diritto individuale a due mesi di congedo parentale non trasferibile e retribuito nei primi anni di vita del figlio. L’Italia, come gli altri Stati membri, dovrà adeguarsi.
Il congedo di paternità è il diritto che dovrebbe far vivere pienamente la propria identità di genitore al padre. Diritto che, per essere esercitato, presuppone l’acquisizione di un nuovo modello di pensiero che superi pregiudizi discriminanti. In una società in cui gli uomini e le donne si possono realizzare sia all’interno che all’esterno della famiglia non si può prescindere dal concetto di parità in tutti i campi - come da principio fondamentale dell’Unione Europea, art. 3 TUE, e art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - e dalla parità tra madre e padre.
Tale parità, che qui va intesa come diritto di entrambi i genitori a porsi come esempi di persone realizzate, anche tramite una relazione affettiva e educativa diretta nei confronti dei figli, comporta l’accettazione concreta della “bi-genitorialità”. Concetto da interpretarsi come processo dinamico interattivo che inizia nel momento in cui una coppia pensa di avere un figlio e si realizza con la sua nascita, permettendo alla coppia di diventare genitori. Persone capaci di prendersi cura e di rispondere in modo sufficientemente adeguato ai bisogni fisici e affettivo-psicologici dei bambini, condividendo responsabilità, soddisfazioni e piaceri. È indispensabile trasmettere ai figli che, pur avendo la stessa dignità, lo stesso valore e i medesimi diritti, mamma e papà salvaguardano le proprie differenze, che sono preziose. I piccoli sperimentano così che entrambi i genitori hanno caratteristiche proprie, uniche, specifiche e ciò permette loro di strutturare due punti di riferimento diversi, complementari e rassicuranti.
Il coinvolgimento del padre nello sviluppo dei figli, soprattutto nei primi mesi di vita, è essenziale per il loro sviluppo emotivo. Una ricerca dell'università di Oxford (https://bmjopen.bmj.com/content/6/11/e012034), pubblicata nel novembre 2016, che ha preso in esame 10.440 bambini dai primi mesi di vita fino ai 9-11 anni, ha evidenziato quanto sia fondamentale la relazione con il padre per lo sviluppo psicologico e per l’acquisizione di comportamenti positivi nei bambini. La ricerca dimostra che il valore dei congedi di paternità si manifesta non solo per il contributo al lavoro di cura, ma anche in termini relazionali, affettivi ed educativi.
I padri che sperimentano il congedo spesso manifestano un maggiore desiderio di passare più tempo con i figli, sviluppano capacità di accudimento e senso di responsabilità che li fa essere co-genitori attivi. Diventano più attenti alle necessità della madre e non semplicemente i suoi “aiutanti”. Il loro coinvolgimento nel ruolo di cura e accudimento - che presuppone da parte delle madri la disponibilità psicologica a delegare serenamente parte del proprio ruolo e funzione culturalmente determinati - può evitare sentimenti di frustrazione, gelosia e rabbia che potrebbero mettere in crisi la coppia.
La condivisione paritaria dell’impegno diventa quindi una sorta di gioco di squadra che aiuta la relazione e favorisce la complicità, facendo sentire protagonisti entrambi i genitori nei nuovi equilibri che necessariamente si vanno a costruire. Il figlio così si potrà confrontare con una situazione familiare basata su responsabilità, fiducia, compartecipazione e aiuto reciproco.
L’utilizzo del congedo di paternità, in alternativa a quello di maternità, nella parte che rimarrà trasferibile, può inoltre consentire alle madri di potersi dedicare anche a se stesse e al proprio lavoro: permette di far convivere il ruolo domestico con quello sociale, supportate non solo psicologicamente ma anche nella pratica dal partner. La madre in questa situazione di condivisione e sostegno è facilitata a trovare la giusta dimensione per il benessere della famiglia e di se stessa.
Ufficio Stampa Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna
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31, agosto. Si celebra oggi la Giornata internazionale della solidarietà, istituita dall'Onu nel 2005 per sensibilizzare le persone al tema e, al contempo, stimolare azioni di sostegno e collaborazione nei confronti di chi vive situazioni di disagio.
Il tema della solidarietà è richiamato anche all’art. 2 della Costituzione, quale principio posto tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente riconosciuto e garantito, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale. In occasione della Giornata, l’Ordine Assistenti sociali del Piemonte interviene per ricordare che la solidarietà si realizza in un processo che muta e si evolve costantemente in quanto correlato ai tempi storici, economici e politici.
«Ricordare e riconoscere nel contesto socio politico attuale - afferma Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti sociali del Piemonte) - che i diritti umani sono “inviolabili” è fondamentale. Così come è prioritario dare valore alla solidarietà, senza distinzioni di età, di sesso, di religione, di condizione sociale ed economica. Diritti e solidarietà se sono strettamente connessi definiscono ed influenzano la convivenza sociale e lo sviluppo della persona umana a vantaggio di sistemi democratici».
«All’interno di servizi depotenziati, - precisa Simona Passanante (consigliera Ordine assistenti sociali Piemonte) - con risorse spesso scarse e non sempre adeguate, si collocano gli assistenti sociali, impegnati tra le altre cose nel farsi promotori del processo di solidarietà. Centrale è la funzione svolta dai professionisti dell’aiuto come attivatori/ri-attivatori di reti sociali, esperti e co-costruttori di comunità. Da non dimenticare sono le tante iniziative locali non istituzionali, dell’associazionismo, che intervengono in aiuto di chi “fa fatica a stare dentro al sistema”. Le istituzioni e le organizzazioni di servizio sociale, al fianco delle reti informali, devono avere il compito di “alimentare” - con più forza - il sistema di relazioni e di esperienze, generatrici di competenze e conoscenze, che unisce le persone tra loro».
Secondo Rosina ciò rappresenta una sfida: «Tutti noi siamo impegnati a interpretare e promuovere una forma rinnovata di solidarietà tra pari, di vicinanza, al fine di fronteggiare le vulnerabilità frutto dei cambiamenti e delle grandi incertezze del tempo presente. Sfida questa che ci fa ritenere imprescindibile sollecitare, laddove necessario, la politica e le istituzioni affinché al centro delle politiche sociali ci sia attenzione alle fragilità ma anche alle risorse che possono essere espresse dalle nostre comunità».
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel: 333.4896751
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La rete “#5buoneragioni” condivide le raccomandazioni dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. E sull’Inchiesta Bibbiano: «La politica non strumentalizzi un caso. Non vanno messe in discussione le misure di accoglienza e tutela che restano necessarie»
Milano 31 luglio 2019 - «Sottoscriviamo in pieno le raccomandazioni sul sistema della tutela minorile formulate dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Si tratta di richieste che le organizzazioni che accolgono in affido familiare o in comunità bambini e ragazzi temporaneamente allontanati dalla propria famiglia d’origine avanzano da anni, ma che finora sono rimaste inascoltate». La rete “#5buoneragioni” commenta così la conferenza stampa tenuta ieri dalla Garante Filomena Albano.
«Da tempo chiediamo al legislatore un intervento strutturale per colmare le criticità del sistema. Ci associamo quindi alle sollecitazioni venute oggi dalla Garante e sproniamo le Istituzioni a recepire le raccomandazioni dell’Autorità».
Tra le misure da introdurre subito si sottolinea la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, strumento indispensabile per garantire l’esigibilità dei diritti per tutti i minorenni presenti a qualunque titolo sul territorio italiano e l’omogeneità del servizio in tutte le Regioni. Al legislatore le organizzazioni chiedono poi di istituire banche dati uniche (per minorenni, strutture di accoglienza e affidatari) e di garantire al minorenne la nomina del curatore speciale.
La rete “#5buoneragioni” torna a ribadire l’urgenza di convocare subito l’Osservatorio Nazionale Infanzia e Adolescenza per la definizione di un nuovo Piano Nazionale Infanzia. Allo stesso modo, sollecita Regioni e Comuni a recepire al più presto le linee di indirizzo messe a punto dal Ministero del Lavoro in materia di affido familiare e accoglienza residenziale per minorenni.
Per contrastare possibili illeciti – il cui accertamento resta di competenza esclusiva della Magistratura – secondo le organizzazioni occorre definire in modo puntuale e coordinato criteri e obiettivi delle azioni di controllo sulle strutture di accoglienza a partire dalle funzioni istituzionali già previste dalla norme (Procura per i minorenni, Regioni e Comuni).
«Non servono misure spot introdotte sull’onda emotiva di un caso», dicono le organizzazioni richiamando l’inchiesta sui presunti affidi illeciti che ha coinvolto il Comune di Bibbiano. «Condanniamo in modo assoluto qualunque reato verrà accertato dalla magistratura, ma rifiutiamo generalizzazioni e strumentalizzazioni. A rischio viene messo un intero sistema – quello dell’accoglienza e della protezione – che resta necessario e grazie al quale ogni anno quasi 27mila bambini e ragazzi vulnerabili trovano accoglienza», concludono.
La rete “#5buoneragioni” è costituita da Agevolando, Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia (Cismai), Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), Coordinamento Nazionale Comunità per Minori (CNCM), Progetto Famiglia e SOS Villaggi dei Bambini. Insieme rappresentano centinaia di strutture d’accoglienza in Italia e migliaia di ragazzi e ragazze cresciuti in un contesto di accoglienza diverso dalla famiglia d’origine.
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L’Associazione Italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia a seguito dei recenti fatti di cronaca relativi ad indagini penali in corso presso la Procura della Repubblica di Reggio Emilia, in ordine ai quali è doveroso il giusto riserbo in attesa delle decisioni del caso, pur non escludendo, in alcune situazioni, criticità e possibili comportamenti censurabili
ritiene
che, in via generale, debba riconoscersi e apprezzarsi l’attività svolta dai servizi sociali nel compito istituzionale di protezione e sostegno dell’infanzia e adolescenza e delle famiglie in difficoltà secondo la disciplina in vigore e nel rispetto dei principi costituzionali, valutato anche l’impegno frequentemente reso più gravoso dalle carenze organizzative, dalla mancanza di personale e dalle sempre minori risorse economiche sia in territori connotati da povertà educativa e ad alto rischio di devianza e criminalità, sia in territori ove la crisi della funzione genitoriale e della responsabilità adulta appare sempre più marcata
rileva
come non sia rinunciabile la costante sinergia tra i servizi pubblici territoriali e quelli sanitari al fine degli approfondimenti psicologici, dello studio della personalità, della condizione di sviluppo psico-fisico delle persone di minore età nelle situazioni di prospettato disagio, soprattutto se riconducibile a fatti di abuso o maltrattamento, fondata su tecniche di ascolto e psicodiagnostiche accurate e condivise dagli ordini professionali, correttamente predisposte mediante continuo confronto e aggiornamento scientifico,
rappresenta
che il sistema della Giustizia Minorile, improntato sui criteri di specializzazione e multidisciplinarietà, nel corso degli anni ha affinato strumenti di conoscenza delle persone e delle relazioni familiari, attraverso informazioni o accertamenti peritali condotti nell’ambito di procedimenti ispirati ai principi del giusto processo quali la garanzia di terzietà del giudice , del contradittorio , della difesa e della ragionevole durata, ricercando una costruttiva interlocuzione con le associazioni forensi dedicate alla famiglia e ai minorenni,
richiama
quanto previsto dalla recente risoluzione del CSM in data 9-9-2019 in tema di “organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati di violenza di genere e domestica” con riferimento ad un intervento integrato, non soltanto mediante forme di collaborazione interna al sistema Giustizia fra i diversi uffici giudiziari a vario titolo coinvolti, ma anche sul versante esterno al fine di un’ azione multisettoriale con enti locali, strutture sanitarie, servizi sociali e soggetti del terzo settore presenti sul territorio, in un’ottica di corresponsabilità, volta anche ad evitare ricostruzioni fuorvianti delle situazioni rilevate in un ambito di osservazione ristretto,
ricorda
che allo scopo di garantire il contradditorio processuale, con la legge n. 149 del 2001, oltre alla assistenza legale del minore, nella procedura per dichiarazione di adottabilità è stato introdotto l’obbligo di avviso ai genitori di nominare un difensore di fiducia, in mancanza del quale il giudice dovrà provvedere alla nomina di un difensore d’ufficio , e, con la medesima legge, è stato previsto all’art. 336 cod. civ. u.c. che anche nei procedimenti sulla responsabilità genitoriale “ i genitori e i minori sono assistiti da un difensore” e che attraverso questa rappresentanza processuale tutte le parti possono conoscere gli atti del procedimento e contro dedurre ovvero richiedere mezzi istruttori tipici, quale la consulenza tecnica d’ufficio,
ricorda
che l’applicazione degli istituti giuridici di protezione e salvaguardia delle persone di minore età , tra i quali l’affidamento etero-familiare, sono comunque ispirati al principio di solidarietà alle famiglie d’origine in difficoltà ( art. 30 , 2 comma , Cost. ) e rientrano tra gli “ strumenti necessari “ prescritti dalla Corte Edu al fine di consentire il recupero delle relazioni familiari e il riconoscimento del diritto del minore a essere educato e crescere nella propria famiglia , e costituiscono, molto spesso, esperienze esistenziali profondamente faticose e complesse per il cui svolgimento occorre una dedizione e una motivazione particolare,
auspica
che, al fine di garantire il principio solidaristico appena ricordato, i servizi sociali territoriali possano essere tutti dotati di un ufficio” dedicato “ alla formazione, individuazione e al monitoraggio di famiglie disponibili all’accoglienza, consensuale o giudiziale, temporanea dei minori in difficoltà anche per la garanzia di massima trasparenza di questo delicato settore di intervento pubblico,
ritiene
altamente dannoso da parte degli organi di informazione il ricorso a semplificazioni dei fatti non approfondite né contestualizzate, specie in una materia di grandissima complessità e delicatezza , la cui trattazione richiederebbe un elevato livello di specializzazione, con la conseguenza di gettare indiscriminato discredito su ampie fasce di operatori scrupolosi che perseguono, abitualmente, la lealtà, la collaborazione e la trasparenza nei confronti dei propri utenti e così cagionando, al contrario, fratture e contrapposizioni disfunzionali ad un coeso e efficace sistema di protezione dell’infanzia e di aiuto alle famiglie più fragili,
ribadisce
il proprio impegno verso la ricerca di modalità comunicative che – salvaguardando il diritto di cronaca – evitino il diffondersi di comunicazioni sugli interventi di protezione dell’infanzia non supportate dal dovuto approfondimento
Roma 01.07.2019
Il Segretario generale Susanna Galli
Il Presidente Maria Francesca Pricoco
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Il 2 luglio 1947 ci fu l’incidente di Roswell, uno schianto al suolo di un pallone sonda appartenente alla United States Air Force.
Secondo le prime notizie divulgate dai giornali, tuttora sostenute da ufologi, si pensava di trattasse dello schianto di un Ufo. Per questo il motivo oggi si “festeggia” la giornata mondiale degli Ufo, un’iniziativa nata nel 2001 finalizzata ad incoraggiare i governi a rendere pubblici i dati da loro in possesso riguardo agli oggetti non identificati.
Ci sono diversi possibili modi per celebrare il giorno dedicato agli extraterrestri: visitare luoghi caratteristici dell'ufologia, restare a casa a guardare una maratona di film riguardanti gli alieni, fare feste di benvenuto. Oppure si può pensare alla professione di Assistente Sociale esercitata in Italia da quasi 45000 persone.
“Stiamo parlando - afferma Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti sociali del Piemonte) - di professionisti che quotidianamente affiancano persone in difficoltà, costrette a lasciare la casa, gli affetti, per salvarsi da guerre e/o da persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche. Sono al fianco di storie di sofferenze, di umiliazioni, di separazioni, di violenze ai danni di donne, uomini e bambini. Persone i cui diritti sembrano sgretolarsi ogni giorno di più”.
Continua Rosina, “gli ultimi giorni sono stati difficili per gli #assistentisociali e per gli operatori dei servizi. Giorni in cui tra la gente serpeggiano la sfiducia e la paura e nei professionisti grande preoccupazione. Solo ieri abbiamo ricevuto segnalazione di due gravi aggressioni ad operatori dei servizi nella nostra Regione. In uno dei due una persona "voleva indietro il figlio". A suo dire rapito dal servizio. Nell'altro parenti di una persona anziana hanno insultato, accusato, minacciato di morte e di gravi danni affermando che gli operatori erano "colpevoli di lucrare e di spartirsi i soldi della assistenza domiciliare". Risultati? Terrore, ansia e desiderio di cambiare lavoro. Altri risultati? Persone che non riescono a pensare con fiducia al sistema di protezione del nostro Paese. Altri risultati ancora? Persone in difficoltà che finiscono nel circuito penale. Ribadiamo, rispetto ai fatti emersi in Emilia che se qualcuno ha sbagliato deve pagare, come dice la legge, col metro più duro e con le pene più severe. Ma gli assistenti sociali italiani si dissociano dal tentativo di voler ricondurre quanto accaduto all’intero sistema di protezione dei bambini, delle famiglie, degli adulti e degli anziani in difficoltà”.
Antonio Attinà, Consigliere dell’Ordine del Piemonte, spiega: “nel mio lavoro mi rendo conto di poter sembrare un alieno agli occhi di tanti bambini e di tanti adulti. Dico cose che altri adulti non direbbero, mi colloco sempre dalla parte delle persone, qualunque cosa accada: è il mio mestiere. Ai bambini ed alle bambine che incontriamo serve tempo per fidarsi di noi, siamo alieni. Eppure questi extraterrestri fanno quello che devono: parlano con le mamme, con i papà, con i nonni, con le maestre. E poi con i carabinieri, proprio quelli che intervengono a casa quanto i papà e le mamme si picchiano davanti ai loro figli. E poi trovano il bandolo di intricate matasse: magari fanno stare i bambini a casa di altre famiglie per un po' e intanto convincono padri o madri a farsi seguire dai servizi per le dipendenze o per la salute mentale. Sostengono mamme e papà consigliando di andare da uno psicologo e persino nel trovare lavoro. Gli assistenti sociali spesso lavorano insieme agli educatori, agli infermieri, agli operatori socio sanitari. Quando i nostri progetti vengono compresi dalle persone e sono affiancati dalla loro motivazione, i bambini tornano a vivere a casa e la trovano diversa, pulita e imbiancata. I padri sorridono e non perdono più il lavoro e le madri invece dei lividi portano sul volto un leggero trucco che le fa più belle. In questi momenti ci sentiamo davvero degli alieni: quando i bambini non possono credere a cosa vedono, ci guardano negli occhi e pensano che si, questo è proprio suonato oppure è un extraterrestre”.
Per celebrare questa Giornata mondiale oggi invitiamo tutti a guardare con fiducia agli assistenti sociali e agli operatori del sistema dei servizi sociali e sanitari: possono essere UFO, “oggetti non identificati”. Spesso non sono riconosciuti, spesso bersaglio di attacchi ed incomprensioni, ma quotidianamente spendono la loro professionalità per sostenere con la loro storia e la loro scienza, orientati dai diritti che sono espressi nella nostra Carta Costituzionale, persone e comunità in difficoltà.
Concludono Rosina e Attinà: “per guardare dove altri non guardano, anzi dove a volte non possono o vogliono guardare, bisogna essere di un altro pianeta; per pensare che chi sbaglia non è un soggetto unicamente da condannare ma una persona a cui dare una possibilità, bisogna essere di un altro pianeta; per riuscire a pensare che i diritti siano un bene da tutelare e non uno strumento per fare sensazionalismo, bisogna essere di un altro pianeta. Per entrare in ufficio al mattino sapendo di rischiare una aggressione, minacce verso i propri cari, danneggiamenti delle proprie cose, bisogna essere di un altro pianeta.
Quel pianeta è il posto in cui vogliamo stare, è il posto in cui vogliamo costruire progetti insieme alle persone che aiutiamo, quel pianeta è un posto qui sulla terra che vogliamo contribuire a costruire.”
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel: 333.4896751
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Appuntamento martedì 2 luglio a Casa Chiaravalle per un confronto pubblico sui temi dell'accesso legale in Italia per i richiedenti asilo. E per condividere le esperienze vissute nei centri di accoglienza gestiti dalle realtà del Cnca Lombardia, che il 30 giugno hanno cessato le loro attività Milano, 1° luglio 2019 - Martedì 2 luglio il Cnca Lombardia, insieme a “Il Melograno Onlus” e alle cooperative federate, promuove a Casa Chiaravalle l’iniziativa pubblica “Porti chiusi, porte aperte”, per condividere con la cittadinanza le esperienze di accoglienza vissute con i richiedenti asilo sino al 30 giugno 2019. Giorno in cui sono stati chiusi i Centri di accoglienza straordinaria (CAS) gestiti dalle realtà del Cnca Lombardia, come previsto dalle convenzioni firmate con le Prefetture. L’incontro vuole essere una chiamata alla città di Milano, per affrontare insieme il tema, sempre più urgente, delle vie d'accesso legale in Italia e in Europa, unico strumento efficace per impedire viaggi disumani che aggiungono traumi su traumi a persone fragili e vulnerabili. Oltre ai rappresentanti delle cooperative che hanno presentato ricorso al Tar del Lazio contro il bando della Prefettura di Milano, l’incontro vedrà il confronto sui temi della fragilità e delle politiche migratorie e d’asilo europee, a partire dai contributi di Alessandro Metz (armatore sociale di “Mediterranea Saving Humans”), di Lamberto Bartolé (presidente del consiglio Comunale di Milano), di Michele Usuelli (consigliere di Regione Lombardia, salito a bordo di “Mediterranea” nei giorni in cui le era stato imposto il divieto di attracco in Italia), di Paolo Oddi (avvocato dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione - Asgi) e Silvia Bartellini (presidente di "Passepartout") e i rappresentanti delle cooperative fuori dal sistema CAS. “L’incontro vuole essere un’occasione per ribadire quanto il Cnca Lombardia rivendichi il proprio modello di accoglienza diffusa e umana, mettendo a disposizione piccoli centri e appartamenti, a partire dei quali abbiamo incontrato e fatto incontrare le storie dei migranti con le storie dei territori e dei cittadini che li ospitavano”, spiega Tiziana Bianchini dell’esecutivo regionale del Cnca Lombardia. Lo scorso marzo, infatti, “Cooperativa Lotta Contro l’Emarginazione Onlus”, “Diapason Cooperativa Sociale”, “Passepartout Consorzio di Imprese Sociali”, “Fondazione Somaschi” (appartenenti a Cnca Lombardia) si sono rifiutate di partecipare al bando di gara pubblicato dalla Prefettura di Milano per “l’accoglienza” dei richiedenti protezione internazionale.Il rifiuto è stato dettato dal fatto che non è possibile praticare una buona accoglienza diffusa dietro il corrispettivo di appena 18 euro al giorno per persona. Perché non è possibile praticare buona accoglienza all’interno di un sistema che ha tolto tutte le misure di supporto all’inclusione, a partire dall’insegnamento della lingua italiana. Le cooperative hanno rifiutato di aderire a un modello di accoglienza che si riduce alla semplice “custodia” degli ospiti e che prevede -tra l’altro- l’uso di piatti di plastica e lenzuola monouso da buttare ogni tre giorni. “Siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto in questi quattro anni di esperienza, così come siamo orgogliosi di non essere conniventi con questo disegno politico che alimenta paura ingiustificata, ribadendo il nostro essere cooperatori e cooperatrici che coniugano il lavoro educativo con le politiche di inclusione”, conclude Tiziana Bianchini. I richiedenti asilo finiranno così in grandi centri collettivi o nelle caserme. Suscitando il timore e le proteste dei cittadini che vedranno concentrarsi in un solo piccolo comune o in un solo quartiere centinaia di persone. Il disegno politico di continuare a creare insicurezza prosegue, alimentando una paura ingiustificata alla quale la gente crede, piegando testa e cuore. |
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Inchiesta di Reggio Emilia,
nessuna difesa di chi avrebbe operato
contro minorenni, ma evitare processi sommari
a comunità e famiglie affidatarie
Marelli: "Tanti operano con passione, responsabilità e competenza
per accompagnare bambini e ragazzi verso un futuro possibile
e nel loro superiore interesse"
Roma, 28 giugno 2019
"Apprendiamo dalla stampa", dichiara Liviana Marelli, responsabile Infanzia, adolescenza e famiglie del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), "quanto sta avvenendo in riferimento alla vicenda che coinvolge diversi minorenni e le loro famiglie e che ha comportato numerosi arresti a carico del sindaco di Bibbiano (RE) e di professionisti e operatori collegati all'organizzazione Hansel e Gretel. Siamo certamente allarmati di fronte a quanto finora emerso dalle stampa e laddove siano stati commessi abusi e reati quali quelli contestati, i responsabili devono risponderne. Nessuna difesa per coloro che avrebbero operato a danno dei bambini e dei ragazzi negando diritti e rispetto per ogni minorenne e per ogni famiglia. La presenza di una indagine giudiziaria chiede, però, a tutti di sospendere il giudizio nell'attesa degli esiti dell'attività dei preposti organi inquirenti."
"Ciò che ci preme sottolineare", continua Marelli, "è che questa vicenda non sia utilizzata come un'ulteriore occasione per infangare il lavoro costante, quotidiano di molte comunità e di tante famiglie affidatarie che con passione, responsabilità e competenza accolgono e accompagnano bambini e ragazzi verso un futuro possibile e nel loro superiore interesse. Occorre, quindi, evitare improprie generalizzazioni e strumentalizzazioni facendo di tutta l'erba un fascio."
"Il sistema della tutela, dell'accoglienza e dell'accompagnamento dei minorenni e delle loro famiglie – con particolare riferimento alle situazioni di vulnerabilità e fragilità –", conclude Marelli, "richiede senza dubbio politiche chiare, continuative e capaci di sostenere le competenze genitoriali e prevenire l'allontanamento dei bambini e dei ragazzi dalle famiglie d'origine e contestualmente garantire la buona qualità dell'accoglienza ben utilizzando le procedure e le modalità di verifica e controllo già normativamente previste."
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La nostra comunità professionale è profondamente scossa da quanto è emerso sui media circa l’indagine in corso nella provincia di Reggio Emilia che vedrebbe indagati colleghi psicologi, psicoterapeuti, operatori socio-sanitari e amministratori pubblici. Non si conoscono ancora i dettagli di questa vicenda, ma le notizie trasmesse dai media fanno trapelare fatti che appaiono di gravità sconcertante e che, se confermati, farebbero emergere condotte gravissime e del tutto incompatibili con l’etica degli psicologi e con il nostro codice deontologico, le cui norme hanno l’obiettivo di offrire le massime al garanzie all’utenza.
Il campo della tutela della salute famigliare e della protezione dell’infanzia e della adolescenza è un campo delicatissimo che non può essere trasformato in un’occasione per trarre profitti illeciti. Fermo restando che bisogna stare attenti a non fare di tutte le erbe un fascio e distinguere cattive prassi da buoni interventi. L’affido familiare è un istituto giuridico utile, talvolta strumento elettivo, per preservare il benessere dei bambini, per proteggerli da situazioni di pericolo, violenza e abuso. In moltissimi casi è l’unica risposta riparativa possibile alla sofferenza di tanti minori, il cui progetto coinvolge tanti nostri colleghi che svolgono con coscienza, competenza e dedizione valutazioni, consulenze, supporto psicologico e psicoterapia.
Comunichiamo che come Consiglio dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna non mancheremo di procedere in via disciplinare nei confronti dei colleghi coinvolti nonché, qualora le indagini in corso esitino in rinvii a giudizio, di costituirci parte civile.
I presidenti e i consiglieri degli Ordini regionali e provinciali degli psicologi da sempre avvertono la massima responsabilità e profondono il proprio impegno soprattutto nei riguardi delle persone più deboli e fragili. È quindi necessario distinguere tra cattive condotte e buone prassi che hanno come scopo la tutela della salute psicofisica delle persone.
Per noi psicologi, professionisti sanitari, operare nell’ambito della tutela delle persone di minore età significa proteggere e promuovere il diritto alla salute di bambini e adolescenti, al fine di preservarne le potenzialità e favorire le condizioni necessarie al loro miglior sviluppo. L’ascolto psicologico specialistico, come primo intervento di protezione, è fondamentale per la comprensione dei bisogni profondi, premettendo l’interesse del minore all’interesse degli adulti.
Diritti dei minori e doveri degli adulti in questo caso non vanno posti in antitesi: nelle persone in età evolutiva, devono essere tutelati i “diritti relazionali”. Il diritto di ogni bambino di essere allevato nell’ambito della sua famiglia di origine corrisponde al diritto del genitore di essere in grado o di essere messo nelle condizioni di assolvere ai suoi doveri fondamentali nei riguardi dei figli. Garantire, perciò, i diritti dei minori - in quanto figli - significa promuovere, sostenere, affiancare le funzioni genitoriali e mettere in atto, quando possibile, tutti gli interventi necessari per superare le problematiche (interne ed esterne) che rendono disfunzionale una famiglia.
Lo psicologo che opera nell’ambito dell’età evolutiva può venire a contatto con situazioni di maltrattamento in cui vi sono forme di violenza diretta o indiretta a opera di adulti, in particolare di quelli che dovrebbero avere compiti di protezione e cura, i genitori. Ogni forma di violenza, specialmente se sperimentata precocemente e ripetutamente nelle relazioni primarie di cura - cioè con le persone che dovrebbero garantire sicurezza, affidabilità, stabilità, contenimento affettivo ed emotivo -, in carenza o assenza di fattori protettivi nel bambino, produce traumi psichici/interpersonali, che possono esitare in condizioni psicopatologiche gravi se non intercettate. È quindi fondamentale intervenire precocemente per evitare che il danno e le sue conseguenze si strutturino. Ascoltare il minore d’età maltrattato per comprendere cosa c’è dietro ai suoi silenzi, alle sue paure e far emergere elementi che aiutino a capire in modo oggettivo se c’è vittimizzazione è un lavoro tecnicamente molto complesso che implica formazione specifica, condivisione con altri professionisti della tutela.
Operare nel campo della protezione del minore, infatti, richiede competenze professionali adeguate alla valutazione del caso e all’individuazione di strategie e modalità operative efficaci nei confronti sia dei minori che delle loro famiglie.
Quando, a seguito di un percorso di valutazione specialistica, effettuato non solo dallo psicologo, si evidenziano situazioni di estrema gravità a elevato rischio psicofisico per bambini e adolescenti, l’allontanamento dalla famiglia biologica rappresenta una misura di protezione indispensabile. Misura che viene comunque valutata e messa in atto dall’autorità giudiziaria.
Ufficio Stampa Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna
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- Scritto da Ubiminor
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Si è conclusa la conferenza regionale “L’accoglienza etero-familiare e il leaving care visti con gli occhi dei ragazzi e dei professionisti del settore: spunti di riflessione e sollecitazioni per i decisori”, promossa da Agevolando, Cnca e SOS Villaggi dei Bambini
Milano, 28 giugno 2019
Si è svolta giovedì 27 giugno dalle 9,30 alle 13,30, a Milano presso Casa dei Diritti del Comune di Milano la conferenza regionale dal titolo “L’accoglienza etero-familiare e il «leaving care» visti con gli occhi dei ragazzi e dei professionisti del settore: spunti di riflessione e sollecitazioni per i decisori”.
Un importante momento di riflessione e restituzione degli esiti di due percorsi che – in parallelo – sono stati realizzati sul territorio regionale: il “Care Leavers Network Italia” e “Leaving Care”.
Il “Care Leavers Network Italia” è un network nazionale promosso dall’associazione Agevolando in collaborazione con Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza) e con il contributo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali composto da ragazzi e ragazze tra i 16 e 24 anni che vivono o hanno vissuto parte della loro vita “fuori famiglia” (comunità di accoglienza, casa famiglia, affido), coinvolti in un percorso di partecipazione e cittadinanza attiva.
Attraverso il progetto “Leaving care”, co-finanziato dalla Commissione Europea, SOS Villaggi dei Bambini vuole contribuire – con un modulo formativo implementato quest’anno in tre città italiane – allo sviluppo delle competenze di professionisti che lavorano con giovani in uscita da percorsi di accoglienza fuori famiglia, affinché possano prepararli al meglio per una reale partecipazione ad una dignitosa vita adulta all’interno della società in cui vivono.
La conferenza si è aperta con i saluti di Paolo Formigoni, Dirigente U.O. Politiche di inclusione sociale e integrazione, sviluppo delle formazioni sociali, disabilità di Regione, Federico Zullo, presidente associazione Agevolando e Roberta Capella, Direttore di SOS Villaggi dei Bambini Italia.
Samantha Tedesco, Responsabile Area Programmi e Advocacy di SOS Villaggi dei Bambini, ha presentato il Progetto Leaving Care, grazie al quale in collaborazione con il Comune di Milano 40 operatori hanno ricevuto una formazione in accompagnamento all’autonomia. Le loro Raccomandazioni inoltre sono state raccolte e - insieme a una delle assistenti sociali che hanno partecipato al percorso formativo, Laura Fincato - portate all’attenzione delle Istituzioni presenti al fine di migliorare le politiche e le prassi a livello locale, regionale e nazionale: «All’interno dei Villaggi SOS sono molte le iniziative e i progetti che hanno l’obiettivo di accompagnare all’autonomia i care leavers. Da un lato lavoriamo con i ragazzi aiutandoli ad acquisire le competenze professionali e relazionali necessarie alla transizione alla vita indipendente. Dall’altro lavoriamo con gli operatori dell’accoglienza per consolidare le competenze che mettono al servizio dei giovani in uscita. Il nostro impegno del resto non è rivolto solo ai bambini e ai ragazzi accolti nei Villaggi SOS ma a tutti i care leavers, nessun escluso».
A seguire Diletta Mauri, Coordinatrice del Care Leavers Network Italia, con Nadia Agnello e i ragazzi e le ragazze del Care Leavers Network della Lombardia hanno portato le loro riflessioni sui percorsi di accoglienza in comunità, affido e casa-famiglia e su cosa accade al termine di questi percorsi, quando i ragazzi devono cavarsela da soli.
Sei emozionanti lettere ad altrettanti interlocutori: un giudice, un’assistente sociale, un responsabile dei servizi sociali, un’equipe di educatori, una psicologa, accompagnate dalle Raccomandazioni dei ragazzi.
I care leavers chiedono ai professionisti di essere “preparati, motivati, presenti” e di saperli ascoltare in modo autentico: “Non potete capire che cosa stiamo vivendo ma provate a mettervi nei nostri panni e provate ad aiutarci il più̀ possibile, ascoltandoci e standoci accanto. Sarebbe bello sentirvi chiedere spesso “come stai” e “come va”, è importante sapere che vi interessate a noi! Spesso siete il nostro unico punto di riferimento. Fateci sentire persone e non numeri”.
Hanno risposto alle loro sollecitazioni e si sono assunti impegni: Stefano Benzoni, Neuropsichiatra Infantile e Psicoterapeuta, Anna Maria Caruso, Garante dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Comune di Milano, Liviana Marelli, Referente Cnca per Infanzia, Adolescenza e Famiglie, Francesca Codazzi e Maria Carbone, referenti del gruppo tutela minori e famiglia del Croas Lombardia, Silvia Zandrini, coordinatrice servizi sociali 2°liv. e specialistici settore politiche sociali - Area territorialità, Comune di Milano. A moderare Sara De Carli, giornalista di Vita non profit.
Conclude Federico Zullo: “È stato un evento molto ricco e denso che conferma l’importanza del lavoro che come organizzazioni stiamo facendo e quanto è importante che i ragazzi possano portare le loro riflessioni e confrontarsi in un setting dove sentirsi liberi e sereni nel condividere la propria esperienza”.
Il testo con le Raccomandazioni degli operatori e quello con le Lettere e le raccomandazioni dei ragazzi sono disponibili sul sito www.agevolando.org
L’evento è stato realizzato in collaborazione con: Fondazione Casa della Carità G. Abriani, coop. Comin, coop. La Grande Casa, associazione Gruppo di Betania, Villaggio SOS di Saronno, L’Albero della vita, coop. Diapason e con il supporto di Casa dei Diritti e Commissione Europea.
CARE LEAVERS NETWORKCARE LEAVERS NETWORKLOMBARDIA
Le nostre lettere e le nostre raccomandazioni
(clicca per scaricare il pdf)
Un decalogo per gli adulti nell’accompagnare
la transizione dei care leavers
(clicca per scaricare il pdf)
Ufficio stampa:
Silvia Sanchini – 347 1660060
Marco Simonelli - 06 44160821 - 3735515109
Federica Giovannetti – 06 44160841
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L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto “CLN Italia: sviluppo di welfare generativo attraverso l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva di giovani fuori dalla famiglia di origine”, ai sensi dell’articolo 72 del Codice del terzo settore, di cui al dl n.117/2017 – annualità 2017 finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e realizzato in ATS da Associazione Agevolando e CNCA (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza)