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In data odierna, all’esito di una articolata e spedita attività investigativa coordinata da questo Ufficio, è stata data esecuzione, dalla Squadra Mobile della Questura di Varese, a tre ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti di tre dei quattro minorenni autori dei gravissimi fatti occorsi a Varese nei giorni scorsi. Un quarto minorenne, anch’esso coinvolto, era stato già sottoposto a fermo di polizia giudiziaria in data 20 novembre, alla luce di un accertato e concreto pericolo di fuga; per quest’ultimo è stata celebrata in data odierna l’udienza di convalida, al termine della quale è stata disposta dal GIP la custodia cautelare.
L’asciutto riserbo di questo Ufficio, a fronte del legittimo allarme mediatico dei giorni scorsi, è stato imposto dalla necessità di acquisire elementi probatori irrinunciabili, quali l’esame della vittima, da pochi giorni in grado di riferire quanto subito, nonché il sopralluogo presso il garage dove si sono consumati i fatti. Il compendio probatorio è stato così sottoposto al vaglio del G.I.P. presso il Tribunale per i minorenni di Milano, che ha tempestivamente valutato la sussistenza delle ipotesi delittuose prospettate e l’assoluta necessità di provvedimenti cautelari.
E’ stato, infatti, accertato che la giovanissima vittima, il 9 novembre scorso, è stata minacciosamente avvicinata da quattro coetanei e condotta presso un garage poco distante, nel quale è rimasta rinchiusa per circa tre ore e mezzo. Qui, il minore è stato sottoposto a percosse, minacce e sevizie. Per quanto acclarato allo stato delle indagini, dopo essere stato legato su una sedia con cavi di acciaio, è stato a più riprese percosso dai quattro indagati; spogliato, a torso nudo e senza scarpe, gli è stata versata addosso acqua gelida e sapone liquido sugli occhi; gli è stato mostrato un coltello, la cui lama gli è stata appoggiata sulla mano immobilizzata, minacciandolo di tagliargli un dito; alcuni colpi gli sono stati inferti, con intento minaccioso, con un bastone ferrato; uno dei sequestratori si è temporaneamente assentato, promettendo di ritornare con i pitbull di una parente, che sarebbero stati aizzati contro la vittima; gli veniva avvicinato un accendino con una bomboletta di gas minacciando di dargli fuoco; più volte il giovane sequestrato è stato minacciato di essere trattenuto nel garage ad oltranza, fino alla morte. Le invocazioni di aiuto sono state tacitate con la minaccia di sigillare la bocca del sequestrato con nastro adesivo, così rendendo difficoltosa anche la respirazione. La liberazione è stata decisa solo a fronte di ulteriori percosse e reiterate promesse di silenzio. Gli è stato, da ultimo, asportato il telefono cellulare ed un orecchino dallo stesso indossato.
I minori sottoposti alle indagini parrebbero aver fumato marijuana prima di commettere i delitti.
Il movente dell’odiosa azione criminale è da rinvenire nel saldo di un preteso credito maturato nei confronti di altro minorenne amico della vittima, sullo sfondo del piccolo spaccio. Allertante l’esiguità della cifra pretesa (appena 40,00 euro), e la pervicacia della pretesa stessa, perseguita anche nei giorni seguenti, fino al raggiungimento della soddisfazione, il 13 novembre successivo.
I minori sono tutti italiani, ad eccezione di uno di loro, di origini ivoriane. Frequentano le scuole medie inferiori o le prime classi delle scuole medie superiori, con percorsi di studio non regolari. Sono tutti giovanissimi, tra i quattordici ed i quindici anni.
I reati contestati da questo Ufficio di Procura sono: il sequestro di persona aggravato, le lesioni personali aggravate, la rapina aggravata; è stato, altresì, contestato anche il delitto di tortura, di recente introduzione nel nostro sistema normativo, alla luce del verificato e comprensibile trauma psichico cagionato nella giovane vittima.
In conclusione, va senz’altro rimarcato il solerte e discreto lavoro encomiabilmente svolto della Squadra Mobile di Varese, nonché la continenza di quanti, nel mondo mediatico, hanno inteso rispettare il riserbo richiesto da questo Ufficio, nella certezza di lavorare nel solco della conciliazione tra diritto all’informazione, garanzie processuali e difesa sociale.
Milano, 23 novembre 2018
Il Procuratore della Repubblica
Ciro Cascone
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Le sottoscriventi associazioni del Gruppo CRC esprimono preoccupazione in relazione al Disegno di Legge n. 735 S. concernente la modifica delle norme riguardanti l'affidamento dei figli a seguito della disgregazione della coppia genitoriale. Questo disegno di legge, pur con una inadeguata e confusa declinazione, prende tuttavia atto della trasformazione di alcuni ruoli (i padri sono oggi molto più presenti e attenti alle esigenze quotidiane dei figli rispetto alle generazioni passate) e della necessità di degiurisdizionalizzare l’ambito delle separazioni in favore di una mediazione che vede nei genitori e non nel giudice gli artefici del proprio futuro. Esso mira, ma senza la necessaria flessibilità, ad introdurre nell'ordinamento una netta preferenza verso il regime del doppio domicilio dei figli e della loro permanenza preso ciascun genitore con tempi paritetici, con conseguente esclusione della assegnazione della casa familiare al genitore collocatario (essendo entrambi ugualmente collocatari dei figli) e del contributo al mantenimento (sul presupposto che entrambi i genitori provvedano in via diretta al mantenimento dei figli).
In base ai contenuti del disegno di legge ci sembra opportuno richiamare alcuni principi fondamentali per la tutela dei diritti delle persone di minore età.
Infatti tale proposta introduce un’eccessiva rigidità nell'individuazione del modello di affidamento e di collocazione dei figli,. È opportuno rammentare che il principio del superiore interesse del minore (art. 3 CRC) non delinea un modello predeterminato, ma impone, al contrario, di valutare i diritti, i bisogni, i desideri e le aspirazioni di ogni singola persona di età minore. Non è lecito, pertanto, prevedere automatismi o forzature, dovendo essere il giudice (se i genitori non riescono a pervenire a un accordo) ad esaminare, caso per caso, la situazione concreta, le condizioni di vita del figlio e dei suoi genitori ed ogni altro elemento utile a ricercare la migliore soluzione nel suo interesse.
La mediazione è certamente uno strumento importante, tanto che la Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori del 1996, all’art. 13 incoraggia “il ricorso alla mediazione e a qualunque altro metodo di soluzione dei conflitti atto a concludere un accordo, ma non appare opportuno, e comunque rischia seriamente di non essere utile allo scopo prescriverne l’obbligatorietà quale condizione di procedibilità. Peraltro fermo restando il divieto di mediazione in caso di violenza e maltrattamento, così come disposto dalla Convenzione di Istanbul ratificata dall’Italia, qualora la mediazione sia utile nel superiore interesse del minorenne dovrebbe essere servizio garantito gratuitamente.
In linea con quanto sancito dalla Convenzione ONU (art.12 CRC) il bambino o il ragazzo devono essere protagonisti dei procedimenti che li riguardano e ciò significa esaminare, anche attraverso il loro diretto ascolto svolto in maniera attenta e competente, di volta in volta, il loro vissuto, le relazioni preesistenti, le capacità di cura nonché quelle economiche di entrambi i genitori, assicurando che la separazione, già di per sé dolorosa, non determini ulteriori lacerazioni fra i componenti del nucleo familiare.
A tal fine, è altresì necessario assicurare che tutti gli operatori della giustizia, dai magistrati agli avvocati, dai consulenti agli operatori dei servizi territoriali e consultoriali, siano messi in condizione di svolgere il loro lavoro in maniera efficace, celere e competente, in modo da fornire una risposta equilibrata e tempestiva alle persone che ad essi si rivolgono: è auspicabile dunque che siano messe in campo azioni concrete volte a migliorare i servizi che ruotano intorno alla famiglia, sia sul piano giurisdizionale che su quello sociale e sanitario, assicurandone la massima specializzazione e professionalità.
La competenza specialistica degli operatori, insieme all'efficienza del servizio sono strumenti indispensabili a garantire l'adozione di decisioni effettivamente rispondenti ai diritti del minore e di entrambi i genitori ed a fornire una risposta tempestiva ed efficace anche nei casi di violazione di tali diritti.
Riteniamo infine importante evidenziare come sarebbe, sotto altro profilo, auspicabile un impegno delle istituzioni nel promuovere la cultura della bigenitorialità attraverso campagne di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza ed agli operatori del diritto, più che intervenire sul piano legislativo, quando purtroppo è ormai tardi per ricucire rapporti irrimediabilmente conflittuali. Sarebbe pertanto utile un intervento di promozione sociale, finalizzato a porre in luce i vantaggi derivanti dalla reale condivisione della responsabilità genitoriale sostenendo le coppie in crisi, ed al contempo prevenire i danni provocati ai minori dalla esasperata conflittualità fra i genitori o, in misura ancora maggiore, da atteggiamenti di strumentalizzazione dei figli.
ACP- Associazione Culturale Pediatri
Agedo
AISMI – Associazione Italiana per la Salute Mentale Infantile
Alama
ALI per Giocare – Ass. italiana dei Ludobus e delle Ludoteche
ALPIM
ANPE – Ass. Nazionale dei Pedagogisti
Anpef –Ass. Nazionale dei Pedagogisti Familiari
Fondazione Arché Onlus
Arciragazzi Nazionale
A.Vita - Carrobiolo
Cammino – Camera nazionale avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni
CARE – Coordinamento delle Associazioni familiari adottive e affidatarie in Rete
CIAI - Centro Italiano Aiuti all'Infanzia.
CESVI
Cittadinanzattiva
Comitato Giù le Mani dai Bambini Onlus
CGD - Coordinamento Genitori Democratici
CNCA – Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza
CISMAI – Coordinamento italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia
EDI - Educazione ai Diritti dell'Infanzia
Geordie Onlus
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Helpeople Foundation onlus
International Adoption
IPDM
L’Accoglienza soc. coop. soc. onlus
L'Albero della Vita
La Gabbianella ed altri animali
MAIS ong
Fondazione Mission Bambini Onlus
Fondazione Paideia
Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
Fondazione Roberto Franceschi Onlus
Save the Children Italia
SOS Villaggi dei Bambini onlus
Terre des Hommes Italia
UNICEF Italia
Unione Nazionale Camere Minorili – UNCM
WeWorld
Associazione 21 luglio
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20 novembre, Torino. Con la Risoluzione 836 (IX) del 14 dicembre 1954, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite raccomandò a tutti i Paesi di istituire la Giornata Universale del Bambino, da osservare come giorno di fratellanza e comprensione tra i bambini in tutto il mondo. In questa giornata vi fu anche l’emanazione della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo e, nello stesso giorno nel 1989, si adottò la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.
L’Ordine Assistenti sociali del Piemonte riflette sulla celebrazione della giornata universale del Bambino e celebra l’anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza con due finalità: dire stop ad abuso, abbandono, sfruttamento e violenza nei confronti dei minori d’età e sollecitare tutti, ancora una volta, a riconoscere i bambini come individui capaci di autodeterminarsi.
«Il diritto alla vita, alla salute, all’istruzione e al gioco, - afferma Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti sociali del Piemonte) - così come il diritto alla famiglia, alla protezione dalla violenza, alla non discriminazione e all’ascolto della loro opinione, sono alcuni degli enunciati espressi dalla convenzione che tuttavia rischiano, ancora oggi, di essere mera teoria. Persistono situazioni e contesti dove i bambini non sono “visti”: si pensi ai minori che assistono ai conflitti tra genitori durante le transizioni separative, ai bambini stranieri ai quali, sebbene nati sul nostro territorio nazionale e cresciuti come cittadini italiani, vengono negati diritti, o ancora ai bambini vittime di maltrattamenti ed abusi. Si pensi inoltre all'insicurezza, all'indifferenza, al clima di intolleranza e di violenza sociale del quale sono spesso spettatori, quando non vittime».
I dati del Rapporto Caritas Italiana 2018 su povertà e politiche di contrasto evidenziano la particolarità di questi anni di post crisi riguardante la questione giovanile: da circa un lustro la povertà tende ad aumentare al diminuire dell’età, decretando i minori e i giovani come le categorie più svantaggiate (nel 2007 il trend era esattamente l’opposto). Tra gli individui in povertà assoluta i minorenni sono 1 milione 208mila (il 12,1% del totale) e i giovani nella fascia 18-34 anni 1 milione 112mila (il 10,4%): oggi quasi un povero su due è minore o giovane.
«Le disuguaglianze - precisa Giovanna Bramante, consigliera dell’Ordine regionale e assistente sociale presso il Comune di Torino - si trasmettono di generazione in generazione in un circolo vizioso che ha notevoli conseguenze economiche, politiche e sociali. La povertà educativa, ad esempio, rimane un fenomeno principalmente ereditario, ancora presente nel nostro Paese».
ll rapporto della CRC (Convention on the Rights of the Child) segnala che il 14,7% dei 18-24enni italiani ha raggiunto soltanto la licenza media e che tra i 14-15enni si registrano i tassi più alti di non ammissione alle classi successive e di interruzione del percorso di studi. Elevata anche l’assenza di tempo pieno: il 68,87% delle scuole primarie ne è privo.
«Questi - dichiara Rosina - sono numeri allarmanti. L’Ordine Assistenti sociali piemontese è costantemente impegnato sul tema dei diritti dei bambini e delle bambine con la sua assidua partecipazione ai tavoli istituzionali regionali e la collaborazione con il Garante dell’infanzia e adolescenza. Lo scopo primario è quello di creare nuove sinergie e nuovi processi di diffusione della cultura dei diritti. Servono investimenti e azioni mirate perché ogni bambino ed ogni bambina abbiano una possibilità nella vita e nessuno venga lasciato indietro».
Rosina conclude: «Non possiamo infine non evidenziare che la Costituzione, che è anche un patto tra i cittadini, individua come dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli. Riteniamo che per non lasciare indietro i nostri bambini e le nostre bambine, il futuro del nostro Paese, i genitori debbano essere sostenuti, soprattutto laddove in difficoltà nel fronteggiare i compiti parentali, ed aiutati a migliorare le loro competenze. Gli assistenti sociali, in quest’ottica, sono promotori dei diritti dei bambini ma anche delle loro famiglie d’origine, considerate le protagoniste dei processi d’aiuto nei quali si lavora per la consapevolezza, la scelta responsabile, il miglioramento della condizione di vita di tutti i componenti del nucleo. A ciascuno di noi, come cittadini, l'impegno di non voltare lo sguardo e di pensare - responsabilmente - a quanto possiamo fare individualmente prima ancora che collettivamente per ridurre il clima di violenza, anche mediatica, nel quale crescono troppi bambini».
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel.: 333.4896751
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L’aggressività e la violenza nella nostra società si possono presentare in varie forme, alcune più evidenti, altre più nascoste. Molte di queste nascono dall'incapacità della persona di accettare il rifiuto e distaccarsi da una vita affettiva spesso immaginata perfetta; uno dei fenomeni patologici più diffusi, in queste situazioni, è quello dello stalking. Tra i reati commessi contro le donne in Emilia-Romagna, infatti, le denunce di stalking sono il 23% del totale (anni dal 2013 al 2016, http://www.assemblea.emr.it/lassemblea/commissioni/comm-par/comunicati-stampa-commissione-par/@@comunicatodettaglio_view?codComunicato=73311). In occasione del 25 novembre, "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne", l'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna analizza il fenomeno, evidenziandone alcuni aspetti ricorrenti e fornendo indicazioni su come comportarsi per minimizzare i rischi legati al crescendo di violenza che è spesso correlato allo stalking.
Lo stalking è una forma di aggressione psicologica e fisica finalizzata ad annientare la volontà della vittima, esaurendo la sua capacità di resistenza attraverso uno stillicidio incessante, in un crescendo persecutorio. Vi sono in particolare due ragioni che possono indurre ad atti di stalking: da una parte la volontà di creare una relazione con un’altra persona o di ristabilire un rapporto precedente, dall’altra quella di vendicarsi per un vissuto di ingiustizia subita. Il persecutore può manifestare un’evidente problematica nell’area affettivo-relazionale e comunicativa che però non sempre corrisponde a un preciso quadro psicopatologico, può vivere un disturbo psichico di cui spesso non è consapevole e che non sa gestire.
Dal punto di vista psicologico, lo stalker attua dei comportamenti molto simili a quelli messi in atto da chi manifesta una significativa dipendenza affettiva. Può mostrarsi intrusivo, insistente, incapace di sopportare la distanza fisica e il rifiuto, può negare la realtà perché per lui troppo dolorosa e rifiutarsi di riconoscere la mancanza d’amore dell’altro. Desidera a ogni costo avere un contatto con la persona che ritiene oggetto d’amore, la sua vittima, che può essere una persona con la quale ha intrattenuto una relazione sentimentale, anche breve e spesso già finita, oppure non corrisposta.
Solitamente - ma non necessariamente - la vittima è una donna, protagonista della vita affettiva anche illusoria dello stalker, che è stata oggetto d’amore sia ricambiato che presunto, senza mai davvero sfociare in una relazione. Oppure la futura vittima può aver manifestato il desiderio di interrompere la relazione o ha posto fine al rapporto, ritenendolo terminato o nocivo. Lo stalker è il soggetto che con maggiore frequenza trova correlazione con l’autore del femminicidio. Le sue minacce sono spesso la premessa a violenze più gravi che non devono essere sottovalutate.
"Bisogna sempre resistere alla tentazione di convincere il proprio persecutore a fermarsi. Soprattutto se si tratta di una persona che ha bisogno di cure, le risposte possono essere interpretate come un preciso interesse e rinforzare il suo agire: divengono segnali di attenzione. Anche la restituzione di un regalo, una risposta negativa a una telefonata o a una lettera vanno evitati. I contatti dovrebbero essere interrotti immediatamente dalla vittima, perché altrimenti potrebbero alimentare il comportamento persecutorio, favorendone un crescendo devastante." Commenta Anna Ancona, Presidente dell'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna.
La vittima viene violata nella sua dimensione privata, la paura per quello che sta accadendo favorisce l’isolamento e, di conseguenza, per lei può essere più difficile chiedere aiuto. Può manifestare forti emozioni che da un iniziale stato di stress psicologico possono evolvere in una intensa sintomatologia psicopatologica. In seguito, la vittima può essere portata a evitare qualunque situazione che possa ricordare il trauma e a rifuggire ogni attività sociale: il rischio in questi casi è l’insorgenza di un distacco emotivo dall’ambiente, una affettività ridotta e una visione negativa del futuro. Questa sintomatologia può essere transitoria e in ogni caso dipende dalla resilienza della persona.
La Presidente Anna Ancona sottolinea come sia indispensabile che l’azione terapeutica avvenga parallelamente alla messa in atto di strategie pratiche anti-molestie e associata a operazioni utili a mantenere o ristabilire la vita sociale. Talvolta, per riuscire a chiedere l’intervento e la tutela da parte delle forze dell’ordine può essere necessario il sostegno psicologico che renda la vittima più forte e capace di chiedere aiuto.
Ufficio Stampa Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna
a cura di Rizoma | Studio Giornalistico Associato | tel. 0510073867
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Tocca tutte le regioni, dal Nord al Sud dell’Italia, dal Piemonte alla Sicilia, con sit in, cortei, incontri pubblici, presidi in oltre 50 città, la mobilitazione contro il disegno di legge Pillon su separazioni e affido, mentre la petizione lanciata su Change.org da D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, ha raggiunto quasi le 100.000 firme.
Una mobilitazione imponente, che vede uniti centri antiviolenza e associazioni donne, organizzazioni sindacali e del terzo settore, il movimento Non una di meno, associazioni professionali, comitati cittadini formatasi ad hoc, associazioni che si occupano di infanzia, e alla quale ha aderito anche il Partito Democratico.
Tutti uniti nel chiedere il ritiro del Disegno di legge Pillon e degli altri 3 disegni di legge sulla stessa materia attualmente in discussione al Senato, che rischiano di trasformare la separazione e l’affido in un campo di battaglia permanente.
L’appuntamento a Roma è STATO SPOSATO IN PIAZZA MADONNA DI LORETO sabato 10 novembre alle ore 11.
Gli appuntamenti nelle altre città:
- Alessandria, incontro con la cittadinanza, Istituto scienze giuridiche ed economiche dell’Università del Piemonte Orientale, via Mondovì 8, ore 10.30
- Ancona, piazza Roma, dalle 10
- Bari, piazza Madonnella, ore 17
- Bergamo, piazza Matteotti, davanti al Municipio, ore 10
- Bologna, piazza Re Enzo, dalle 15 alle 18
- Bolzano, incontro pubblico con proiezione del film L’affido, Liceo Carducci, ore 20
- Brescia, corso Zanardelli, ore 16. A seguire il 12 novembre, assemblea pubblica alla Sala Civica Pasquali a partire dalle ore 17.30
- Brindisi, incontro pubblico, Palazzo Nervegna, sala Università, via Duomo 20, ore 17,30
- Cagliari, piazza Garibaldi, ore 16
- Caserta, piazza Vanvitelli, ore 17
- Catania, via Etnea, angolo Prefettura, dalle 17
- Catanzaro, piazza della Prefettura, ore 17
- Crema, piazza Duomo, dalle 10 alle 12. E l’8 novembre dibattitto preparatorio con proiezione del film L’affido al Cinema multisala Portanova, ore 21
- Cosenza, cinema S. Nicola, ore 18: proiezione de L’affido e dibattito
- Faenza, piazza del Popolo, dalle 9 alle 12 e incontro pubblico presso centro antiviolenza SOS Donna, via Laderchi 3, ore 9-12
- Ferrara, piazza Savonarola, ore 15.30
- Firenze, assemblea pubblica c/o ARCI, piazza dei Ciompi 11, ore 10
- Follonica: 9 novembre Parco Centrale, Mercato del venerdì, ore 10.30-12.30 e 10 novembre, via Chirici (davanti al Supermercato), ore 10.30-12.30
- Forlì, piazza Saffi, ore 15
- Genova, Giardini Luzzati, dalle 15 e passeggiata femminista da Piazza Matteotti alle 17.30
- Grosseto, piazza Baccarini (centro storico), dalle 16 alle 19.30
- Imola, viale Amendola 8, davanti al Consultorio familiare, ore 10, flashmod itinerante
- Lecce, incontro pubblico, via Santa Maria del Paradiso 12, ore 10.30. A seguire incontri pubblici a Diso (Lecce), il 13 novembre, piazza dei Cappuccini alle 16, e Squinzano (Lecce), il 14 novembre, via del Crocifisso 12, ore 17
- Lucca, piazza San Michele, dalle 10 alle 17
- Lugo, 7 novembre, Mercato di Lugo, ore 9-12 e 10 novembre, incontro porte aperte, Centro antiviolenza Demetra Donne in aiuto, corso Garibaldi 116, ore 10-12
- Milano, piazza della Scala, dalle 15
- Modena, piazza delle Torri, dalle 17 alle 18.30
- Napoli, piazza Salvo D’Aquisto, dalle 10
- Orbetello, mercato settimanale del sabato, dalle ore 10 alle 12
- Orvieto, Torre del Moro nel centro storico, ore 10-19 e 12 novembre, dibattito con proiezione del film L’affido, Nuovo Cinema Corso, ore 20.45
- Padova, sul Liston, via VII Febbraio di fronte a Palazzo Moroni, sit ore 15, a seguire passeggiata femminista dalle 16.30
- Palermo, manifestazione regionale con corteo da Piazza Croci a Piazza Verdi, partenza ore 15.30
- Parma, via Mazzini, dalle 10 alle 13
- Perugia, piazza Italia, ore 15
- Pescara, incontro di approfondimenti presso Libreria Feltrinelli, via Milano, ore 11-12.30, a seguire presidio in piazza Unione dalle ore 17
- Piacenza, piazza Cavalli, ore 10.30. Il 16 novembre dibattito pubblico con proiezione del film L’affido, sala
- Pisa, Largo Ciro Menotti, ore 16, corteo a partire dalle 17.30
- Pizzo Marina, incontro pubblico Centro La Tonnara, ore 17
- Prato, 12 novembre, dibattito con proiezione del film L’affido, Cinema Eden, ore 20.30
- Potenza, piazza Mario Pagano dalle 11 alle 13
- Ragusa, piazza San Giovanni, ore 16
- Ravenna, piazza Unità d’Italia, ore ???
- Reggio Calabria, Scalinata Teatro Cilea, dalle 16 alle 19.30
- Scicli, piazza Municipio, ore 18
- Terni, piazza della Repubblica, ore 17.30
- Torino, piazza Carignano, ore 15.30
- Trento, il 13 novembre alle 20, Cinema Astra, dibattito pubblico con proiezione del film L’affido
- Valdichiana, staffetta nei 10 comuni con proiezione del film L’affido dal 1 al 10 novembre
- Varese, presidio, piazza da confermare, ore 17
- Venezia, Campo San Giacomo di Rialto, ore 11.30
- Viareggio, piazza Mazzini, dalle 15.30 alle 18.30
- Vicenza, corteo dall’Esedra di Campo Marzio a piazza Matteotti, con partenza alle ore 10
- Viterbo, volantinaggio performativo in varie piazze, vari orari
La mobilitazione vede unite D.i.Re Donne in rete contro la violenza – la rete nazionale dei centri antiviolenza, UDI Unione donne in Italia, Fondazione Pangea, Associazione nazionale volontarie Telefono Rosa, Maschile Plurale, CGIL, CAM Centro di ascolto uomini maltrattanti, UIL, Casa Internazionale delle donne, Rebel Network, il movimento Non una di meno, CISMAI Coordinamento italiano servizi maltrattamento all’infanzia, ARCI e Arcidonna nazionale, Arcigay, Rete Relive, Educare alle Differenze, BeFree, Fondazione Federico nel Cuore, il Movimento per l’Infanzia, Le Nove, Terre des hommes, Associazione Manden, CNCA Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza, Rete per la parità, Associazione Parte Civile, DonnaChiamaDonna, One Billion Rising, Futura, UDU Unione degli universitari, LAIGA
Libera associazione italiana ginecologi per l'applicazione della L. 194, Palermo Pride, e tante altre realtà, e si svolgerà con presidi e interventi pubblici in moltissime città.
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Il Fight Club dei giovani piacentini: l'esibizione della violenza per colmare il vuoto.
Il commento della Presidente dell'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna
Il nuovo e preoccupante fenomeno delle risse in strada tra giovanissimi, scoppiato a Piacenza nelle ultime settimane, allarma l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna.
La Presidente Anna Ancona chiarisce:
“È innanzitutto di fondamentale importanza, per arginare il fenomeno, comprendere i meccanismi che vi sono alla base, per rispondere nel modo più adeguato. Gli autori e spettatori dei combattimenti sono probabilmente frustrati dall’assenza di valori e di legami affettivi significativi, per cui vivono sentimenti di vuoto che subiscono passivamente. Sono alla ricerca di qualcosa di eccezionale che possa suscitare stati di eccitazione, che li faccia sentire ‘vivi’, colmando quel senso di vuoto interiore e trasformando lo stato passivo in attivo”.
E aggiunge:
“Spesso questi gesti rappresentano dei modi attraverso cui emergere oppure sono dei rituali interni al gruppo che vengono vissuti come fossero prove di coraggio, in cui l'atto deve essere plateale, ben visibile al gruppo o ai passanti, come dimostrato dal fatto che il tutto si sia svolto in pieno centro e non in un luogo 'nascosto': la visibilità è un elemento essenziale. L'esibizionismo si esprime poi anche attraverso i social network come Instagram, dove, ad esempio, uno dei ragazzi interrogati dai carabinieri - leggo sui giornali - aveva pubblicato la propria foto (rimossa poco dopo) sorridente davanti a un'auto delle forze dell'ordine”.
E conclude:
"Più in generale, problemi di questo tipo sono sintomatici di una intera costruzione sociale che in alcune sue parti è patologica e ha bisogno di uno sforzo dell'intera comunità per essere curata."
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Il disegno di legge proposto dal Senatore Pillon sulla revisione delle norme in materia di separazione, divorzio e affido dei minori ci porta indietro di 50 anni e trasforma le vite degli ex coniugi e dei loro figli/e in un percorso a ostacoli.
A parole vorrebbe conciliare i loro problemi, ma di fatto crea maggiori contrasti, imponendo regole che stravolgerebbero la vita proprio di quei figli che vorrebbe tutelare. L’iniziativa legislativa mira, infatti, a ristabilire il controllo pubblico sui rapporti familiari e nelle relazioni attraverso interventi disciplinari, con una compressione inaccettabile dell’autonomia personale dei/delle singoli/e.
Diciamo NO alla mediazione obbligatoria
perché la mediazione ha come presupposto la scelta volontaria delle parti e relazioni simmetriche non segnate dalla violenza. Nella proposta Pillon, l’obbligo di mediazione viola apertamente il divieto previsto dall’art. 48 della Convenzione di Istanbul, mette in pericolo le donne che fuggono dal partner violento, oltre a generare uno squilibrio tra chi può permettersi questa spesa e chi non può perché non è previsto il patrocinio per i meno abbienti.
Diciamo NO all’imposizione di tempi paritari e alla doppia domiciliazione/residenza dei minori
che comportano la divisione a metà dei figli/e considerati alla stregua di beni materiali. Il principio della bigenitorialità, così applicato, lede il diritto dei minori alla stabilità, alla continuità, e all’espressione delle loro esigenze e volontà, riportando la genitorialità al concetto della potestà sui figli anziché a quello della responsabilità, già acquisito in sede europea e italiana come principio del rapporto genitori/figli.
Diciamo NO al mantenimento diretto
perché presuppone l’assenza di differenze economiche di genere e di disparità per le donne nell’acceso alle risorse, nella presenza e permanenza sul mercato del lavoro, nei livelli salariali e nello sviluppo della carriera. Cancellare l’assegno di mantenimento a favore dei figli dà per scontato che ciascun genitore sia nella condizione di dare al figlio pari tenore di vita. Ciò nella maggioranza dei casi non è vero, come i dati Istat confermano. La disparità di capacità economiche dei genitori comporterà una disparità di trattamento dei figli quando saranno con l’uno o l’altro genitore.
Diciamo NO al piano genitoriale
perché incrementa le ragioni di scontro tra i genitori e pretende di fissare norme di vita con conseguenti potenziali complicazioni nella gestione ordinaria della vita dei minori. Non si possono stabilire in via preventiva quali saranno le esigenze dei figli, che devono anche essere differenziate in base alla loro età e crescita. Il minore con il Ddl Pillon diventa oggetto e non soggetto di diritto.
Diciamo NO all’introduzione del concetto di alienazione parentale
proposto dal Ddl che presuppone esservi manipolazione di un genitore in caso di manifesto rifiuto dei figli di vedere l’altro genitore, con la previsione di invertire il domicilio collocando il figlio proprio presso il genitore che rifiuta. E conseguente previsione di sanzioni a carico dell’altro che limitano o sospendono la sua responsabilità genitoriale. Si contrasta così la possibilità per il minore di esprimere il suo rifiuto, avversione o sentimento di disagio verso il genitore che si verifichi essere inadeguato o che lo abbia esposto a situazioni di violenza assistita.
Saremo per questo in piazza in tante città del paese il 10 novembre
per una mobilitazione generale che coinvolga donne e uomini della società civile, del mondo dell’associazionismo e del terzo settore, ordini professionali e sindacati, tutti i cittadini che ritengono urgente in questa complessa fase politica ripristinare la piena agibilità democratica e contrastare la crescente negazione dei diritti e delle libertà a partire dalla libertà delle donne.
#FermatePillon. #FermiamoPillon
Promosso da:
- D.i.Re Donne in rete contro la violenza
- Udi Unione donne in Italia
- Pangea
- Telefono Rosa
- Maschile Plurale
- CAM Centro di ascolto uomini maltrattanti
- CGIL Confederazione generale italiana del lavoro
- UIL Unione italiana del lavoro
- Rebel Network
- NUDM Non una di meno
- CISMAI Coordinamento italiano servizi maltrattamento all’infanzia
- ARCI
- Arcidonna Nazionale
- Rete Relive
- Educare alle Differenze
- BeFree
- Federico nel Cuore
- Movimento per l’Infanzia
- Le Nove
- Terre des hommes
- Associazione Manden
- CNCA Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza
- Scritto da Ubiminor
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L’Ordine degli Assistenti Sociali del Piemonte aderisce alla ‘Giornata Internazionale per l’eradicazione della povertà’, che ricorre ogni anno il 17 ottobre.
Le stime diffuse dal report dell’ISTAT, relative alla povertà in Italia nel 2017, vedono dal 2005 confermare il trend di continua e inarrestabile crescita del fenomeno. Nel 2017 si stimano in povertà assoluta 1 milione e 778 mila famiglie in cui vivono 5 milioni e 58 mila individui.
Anche la povertà relativa aumenta rispetto al 2016. Nel 2017 riguarda 3 milioni 171 mila famiglie residenti (12,3%, contro 10,6% nel 2016), e 9 milioni 368 mila individui (15,6% contro 14,0% dell’anno precedente).
L’Ordine regionale attende la presentazione del Rapporto 2018 di Caritas Italiana su povertà e politiche di contrasto dal titolo "Povertà in attesa", che verrà presentato oggi a Roma, per valutare i dati dell’ultimo periodo, La portata del fenomeno ha già indirizzato gli assistenti sociali a ripensare al proprio strategico ruolo orientato a contrastare e ridurre la povertà.
Ed è proprio Barbara Rosina (Presidente dell’Ordine Assistenti sociali del Piemonte) a evidenziare il ruolo dell’assistente sociale: “I professionisti contribuiscono significativamente alla tutela dei diritti umani, alla costruzione di equità sociale e alla lotta contro le disuguaglianze sociali, evidenziando l’importanza dell’accoglienza, della sinergia e dell’alleanza tra professionisti, servizi, associazionismo, terzo settore, volontariato e del contributo di tutta la comunità”.
Rosina aggiunge: “La povertà è un fenomeno dai confini fluidi e mutevoli, in continua trasformazione, che disegna scenari differenti e dicotomici in una nazione che sembra ormai proiettarsi nel futuro a due differenti velocità, lasciando indietro chi non riesce ad adattarsi ai nuovi contesti o chi si trova a vivere improvvise condizioni di perdita di reddito, status e relazioni. In tutte le sue accezioni più significative (economica, strutturale, sanitaria, educativa, valoriale), la povertà è la rappresentazione odierna di un welfare incerto, di politiche poco lungimiranti, di interventi di sostegno al reddito a carattere riparativo e non generativo”.
Secondo la legge del gradiente sociale, più si scende nella scala sociale, più la salute è esposta a rischi, malattie e morte. Le disuguaglianze di salute hanno un impatto molto significativo sui carichi di sofferenza, con conseguenti ricadute anche sul benessere individuale, sulle reti di relazioni, sull’autonomia esistenziale, sull’autosufficienza, sulla produttività e sul fabbisogno assistenziale. Ne consegue che la povertà e l’esclusione sociale entrano nella scena della salute come uno dei determinanti della salute stessa.
In tal proposito, si esprime anche Sabrina Anzillotti, assistente sociale di un Servizio per le Dipendenze patologiche nonché Segretario dell’Ordine Assistenti sociali del Piemonte: “Il potenziale di salute di una società è minato e depotenziato proprio dalle disuguaglianze e il loro superamento è, quindi, funzionale al benessere individuale dei cittadini. Come ben delineato nel volume “L'equità nella salute in Italia. Secondo rapporto sulle disuguaglianze sociali in sanità”, povertà materiale e povertà di relazioni, reti di aiuto e solidarietà, disoccupazione, lavoro poco qualificato, basso titolo di studio sono importanti fattori di rischio per la salute. Chi è in condizioni di svantaggio si ammala di più, guarisce meno, perde autosufficienza ed è meno soddisfatto della sua salute. Essere poveri ha ricadute concrete e pesanti sul sistema sanitario; chi ha un reddito scarso o inesistente possiede difatti una minore capacità di ricorrere tempestivamente e in modo appropriato alle cure, incorre in un maggior rischio di interrompere o rinunciare del tutto ai percorsi di cura ed ha tassi più lenti di guarigione”.
Rosina conclude: “Questa situazione obbliga i professionisti dell’aiuto a contribuire fattivamente e con il proprio specifico professionale al processo di cambiamento e revisione del sistema e del processo delle cure. Gli studi relativi ai processi di trasformazione/innovazione degli assetti e dei processi organizzativi affermano che i cambiamenti non avvengono solo con processi top down per prescrizione, direttive e protocolli, ma anche attraverso interventi di contrasto che garantiscono equità nell’accesso alle strutture sanitarie e soddisfazione dei bisogni dei cittadini più vulnerabili. Questi sono soltanto alcuni dei temi e dei punti fermi sui quali proseguire e intensificare il confronto, la collaborazione, la riflessione e la costruzione di sinergie e alleanze nella direzione della lotta contro la povertà, dell’equità sociale e della tutela dei diritti umani”.
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel.: 333.4896751
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Mercoledì 10 ottobre ricorrono festeggiamenti duplici: la Giornata mondiale della Salute Mentale e la Giornata europea e mondiale contro la pena di morte.
Il 10 ottobre 2018 si celebra la “Giornata Mondiale della Salute Mentale”, sostenuta dalle Nazioni Unite, per invitare ad una riflessione ed a una maggiore consapevolezza su malattie ad altissimo impatto e sofferenza per chi ne soffre, per le famiglie, per gli amici.
Il 26 settembre 2007, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa decise di indire una ''Giornata europea contro la pena di morte'', che da allora si tiene ogni anno il 10 ottobre. Fin dal 1997 l’Europa viene definita “spazio libero dalla pena di morte”.
E l’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte non perde l’occasione per lanciare un monito perché non siano le persone con disagio psichico ad essere condannate ad una morte in vita.
Barbara Rosina (Presidente dell’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) afferma: “Non ci sembra un caso questa doppia celebrazione se si pensa a quanto la solitudine, che spesso genera la malattia mentale, possa costringere ad esistenze di preoccupazione, di difficoltà, alla mancanza di legami affettivi, di riconoscimento di qualità e caratteristiche positive, alla compressione in un unico ruolo: quello del malato. Possiamo parlare di condanna ad una lenta e quotidiana morte?”
Rosina sottolinea: “Oggi stiamo assistendo ad una stagione politica nella quale non sembrano esserci sistemi ideologici in contrapposizione, concezioni dell’uomo e della società volte all’uguaglianza ed alla solidarietà. Al contrario, è presente la ricerca del massimo consenso basato su scelte quanto più possibili vicine ed in accordo con il senso comune su specifici e circoscritti argomenti. È necessaria, oggi più che mai, una maturazione della consapevolezza della valenza universalistica dell'affermazione dei diritti dei malati di mente e, in generale, di tutti i cittadini. Sappiamo bene che i diritti possono essere garantiti solo se vi sono le condizioni materiali per la loro fruibilità: i diritti civili e politici, in assenza di un quadro di diritti sociali, ovvero servizi, opportunità, risorse, non possono essere agiti o comunque non servono ad affrancare i loro titolari dalle condizioni di marginalità e di esclusione.”
Le risposte della politica, se adeguate e non intermittenti, rappresentano una base da cui partire. Per i professionisti dell’aiuto, però, è compito di ogni operatore e di ogni cittadino fornire il proprio prezioso contributo contro la dilagante e letale indifferenza.
Rosina precisa: "Possiamo ritrovare nella storia della psichiatria italiana strategie, ancora oggi adottabili dagli assistenti sociali e dagli operatori della salute mentale, per portare avanti progetti finalizzati ad attività di promozione della salute e benessere con l’obiettivo di avvicinare i luoghi di cura ai contesti di vita. Ma nulla possono le istituzioni se ciascuno di noi crede di non essere importante, nel suo piccolo e quotidiano, e non volge lo sguardo ed affianca persone che soffrono di una malattia mentale e le loro famiglie".
Barbara Rosina (Presidente dell’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) conclude: “Un tempo quando si pensava alla malattia mentale si pensava ai manicomi. Oggi non vi sono più le mura che separavano fisicamente, gli sguardi della gente non sono più bloccati da queste barriere. Questi sguardi sono, purtroppo, spesso intrappolati nel disinteresse, nell’individualismo, nella fretta, nella paura, nella difficoltà di esprimere una vicinanza. I luoghi di cura sono visibili, ma occorre essere accompagnati a vederli. I luoghi di cura sono anche le strade, le piazze, le scuole, gli uffici, i negozi, le reti familiari e di amicizia dove ciascuno può incontrare persone con una malattia mentale. Dobbiamo chiederci tutti i giorni, nelle nostre vite, quanto la solitudine, l’indifferenza ed il disinteresse possano condannare a vite desertificate le persone con un disagio psichico. Corriamo il rischio di esporle ad una pena simile alla pena di morte che, con convinzione, si cerca di abolire in tutti i Paesi del mondo”.
L’Ordine Assistente Sociali del Piemonte, per voce della sua Presidente, richiama ad assumersi l’impegno di concorrere alla costruzione di incontro, dialogo e di rapporti attenti al bene autentico di ciascuno: come per la pena di morte occorre una mobilitazione continua, nella quotidianità, che riesca a fermare involontarie, inarrestabili lente esecuzioni.
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel: 333.4896751
- Scritto da Ubiminor
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Filomena Albano ha incontrato il capo di gabinetto del Ministero della Giustizia per rinnovare quanto prima il protocollo “Carta dei figli dei genitori detenuti”
“Sono troppo poche in Italia le strutture per madri detenute con figli piccoli: solo cinque gli istituti a custodia attenuata e addirittura solo due le case famiglia protette. Non possiamo attendere che si ripetano episodi drammatici come quello accaduto ieri a Rebibbia, né possiamo accettare l’idea che dei bambini continuino a vivere dietro le sbarre, in ambienti che non sono adatti a una crescita sana e a un armonioso sviluppo. Bisogna aprire quanto prima altre case famiglia protette: basta bambini in carcere”.
Così l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, che questa mattina ha incontrato Fulvio Baldi, capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia e tra due giorni vedrà il capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Basentini. Al centro degli incontri il rinnovo del protocollo “Carta dei figli dei genitori detenuti”.
“Le case famiglia protette – prosegue Filomena Albano – rappresentano un contesto più adatto degli istituti di detenzione ad accogliere bambini in fase di crescita. Occorre comunque investire nel sostegno delle competenze genitoriali e nell’aggiornamento professionale del personale. Vanno monitorate le situazioni di maggiore fragilità e sostenute le madri attraverso percorsi di educazione alla genitorialità: questo è più semplice in un contesto circoscritto e controllato come quello della casa famiglia”.
“In attesa di raggiungere l’obiettivo di evitare la permanenza di persone di minore età negli istituti penitenziari – conclude la Garante Albano – mettiamo al centro le esigenze specifiche dei figli di persone in stato di detenzione. In particolare, assicurando ai bambini che vivono con i genitori in una struttura detentiva libero accesso alle aree all’aperto, ai nidi, alle scuole, ad adeguate strutture educative e di assistenza, preferibilmente esterne. Il superiore interesse dei minori prima di tutto”.
Roma, 19 settembre 2018 Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza
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