Trenta chili ed un sorriso
M’han comprato dal Perù
Dopo anni di buon viso
Io non ce la faccio più.
Non lo so che mi succede
Non so più cos’ho nel cuore
E se mamma me lo chiede
Perdo tutto il buonumore.
So però che c’è qualcosa,
Una smania ormai costante,
Che m’insegue e non si posa
E per me è più importante
Stare tutto il giorno in piazza
Con gli amici, mia famiglia,
Che fermarmi alla tivù
Col pensiero del Perù.
Sarà forse la mia razza
Che è ribelle ad ogni briglia?
Sarà forse che accettare
Di adeguarmi a tutto quanto
Mi parrebbe di barare?
Per i miei sarebbe un vanto
Però io sono diverso
Gliel’ho detto e non c’è verso.
M’han comprato a caro prezzo,
Anche questo l’ho capito.
Se mi piego o se mi spezzo
Sento sempre che ho tradito
E sia chi mi ha generato
Ma non mi ha mai dato niente
Sia chi invece m’ha comprato
Sotto gli occhi della gente.
Vorrei essere me stesso
Non è tutta presunzione
E ricevere lo stesso
Tanto amore e una ragione
Per alzarmi domattina
Dare retta, andare a scuola
Zaino, libri, brillantina
Tanto sai che il tempo vola.
Vola il tempo e posso dire
Che domani è lunedì.
Sarà il giorno per capire
Se i miei sogni sono qui?
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche:
Filastrocca del matrimonio combinato, Filastrocca del bambino abusato
Filastrocche della televisione
Filastrocca dell'occhio nero di mamma. Filastrocca del giudice bizzarro
Filastrocca della mamma bambina
Filastrocca dei bambini contesi
Filastrocca della competenza minorile
Filastrocca dei gemelli di Cattolica