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Il 18 dicembre si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale per i diritti dei migranti, istituita nel 2000 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare e tenere alta l’attenzione sul rispetto dei fondamentali diritti dei migranti. Le dimensioni assunte negli ultimi anni dai fenomeni migratori, non certo nuovi nella storia dell’umanità, fanno sì che l’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte richiami sull’importanza della solidarietà e sull’imprescindibile tutela dei diritti fondamentali.
Afferma Rosina (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte): «Ci preoccupano non poco le misure contenute nel Decreto Sicurezza e Immigrazione, le cui conseguenze sulla vita di migliaia di persone appaiono già visibili e sotto gli occhi di tutti. Rappresentano un grave passo indietro per il diritto d'asilo: da un lato, si comprimono i diritti dei richiedenti asilo e rifugiati e, dall’altro, si compromette fortemente il sistema di accoglienza e integrazione in questi anni faticosamente costruito».
Come indicato anche dall’analisi della Fondazione Ismu, ci sono importanti segnali di stabilizzazione del fenomeno migratorio in Italia: acquisizioni di cittadinanza, ingressi per motivi familiari, permessi di soggiorno di lungo periodo sono in crescita. Allo stesso tempo permane una componente mobile data soprattutto dai flussi dei richiedenti asilo, ma non solo. Un dato interessante evidenziato dall’Istat è che le persone diventano cittadini del paese in cui risiedono - al 1° gennaio 2018 risultano 5.144.440 persone migranti residenti in Italia - rappresentando circa l'8,5% della popolazione. Se si scompongono ulteriormente questi dati emerge che circa 1,5 milioni sono gli stranieri di altri paesi dell’Unione Europea, mentre i cosiddetti extra-comunitari sono 3,5 milioni circa (5,8% della popolazione).
Francesca Belmonte, consigliera dell’Ordine regionale e assistente sociale impegnata fino al 2015 nel lavoro con le persone straniere, precisa: «I richiedenti asilo, comprese le famiglie e le donne sole con bambini, non solo non avranno più accesso ad un’accoglienza dedicata, ma avranno ancora meno possibilità di ottenere un regolare titolo di soggiorno. Dovranno accettare di lavorare in nero o, spesso, di pagare per avere un contratto che consenta loro di convertire il permesso da umanitario in lavoro. Aumenterà lo sfruttamento lavorativo e, con il lavoro nero, ci esponiamo a più incidenti e a meno sicurezza. Di fatto, queste misure impatteranno largamente sulle comunità locali e sui sindaci, che si troveranno a gestire maggior disagio sui loro territori e un aumento del conflitto sociale».
Secondo i dati Unhcr, tra gennaio e novembre 2018, sono sbarcate in Italia 22.550 persone, 95 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2017. Se si considerano gli sbarchi su tutte le coste europee, tra gennaio e novembre 2018, sono arrivati via mare in Europa circa 110 mila migranti, 29 mila sono sbarcati in Grecia e 59 mila in Spagna. Il clima di invasione e l’idea di arrivi sempre più numerosi di fatto non trovano rispondenza nei dati statistici.
Rosina conclude: «La Giornata Internazionale per i diritti dei migranti ci ricorda che non è mai possibile abbassare la guardia di fronte all’esigenza di tutela dei diritti, ne è un esempio il recente Decreto Sicurezza e Immigrazione. Il testo sancisce che i beneficiari di un permesso di soggiorno per protezione umanitaria non hanno diritto all’accoglienza, nemmeno temporanea, e sappiamo bene che senza l’accompagnamento di figure professionali qualificate, tra le quali gli assistenti sociali, si mina alla base la possibilità di creare relazioni fiduciarie, rispondere alle necessità di ascolto, rielaborazione, comprensione dei nuovi contesti che sono fondamentali per il successo dei percorsi di integrazione. Si toglie quindi un tassello irrinunciabile dei percorsi di aiuto limitando, nei fatti, i diritti dei migranti».
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel: 333.4896751
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Cyberbullismo, il lato oscuro della digitalizzazione
https://www.vanityfair.it/lifestyle/hi-tech/2018/12/09/cyberbullismo-il-lato-oscuro-della-digitalizzazione
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Gli odiatori, gli “haters”, sembrano essere dappertutto. Come insegna la psicologia sociale, gli odiatori utilizzano sul web un linguaggio violento per esprimere acredine e insulti ogni volta che non sono d’accordo con qualcosa o qualcuno. Aggrediscono politici, artisti, scrittori, professionisti, star dello sport e dello spettacolo per delegittimarli e insinuare dubbi sulle cause della loro notorietà, come se non ne tollerassero il successo. L’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna contribuisce a illuminare un fenomeno pressoché ubiquitario e di grande attualità, che a dispetto del suo essere recente è riconducibile a meccanismi psicologici noti da tempo.
I cosiddetti “leoni da tastiera” a causa della mancanza di un contatto concreto, visivo, con l’oggetto da colpire si sentono meno responsabili delle proprie azioni e delle conseguenze psicologiche, anche dolorose, che possono procurare. Il meccanismo psicologico di deresponsabilizzazione è simile a quello presente nei casi di cyberbullismo. Dal punto di vista psicologico, l’azione di prepotenza individua un oggetto o una persona come capro espiatorio per le proprie frustrazioni, ed è finalizzata ad aumentare la stima di sé e a farsi percepire forte, mettendosi in mostra con insulti e commenti sprezzanti. L’anonimato reso possibile da internet può permettere all’odiatore di non essere riconoscibile e di agire indisturbato senza temere né denunce né critiche nel proprio contesto quotidiano.
A questo proposito è interessante il documentario realizzato lo scorso anno dal regista svedese Kyrre Lien, “The Internet Warriors”. Lien prova a interagire con gli odiatori fuori dal contesto in cui esprimono la loro violenza: li va a cercare nella vita di tutti i giorni, fuori dal web, per verificare se di persona sono capaci dello stesso odio e della stessa intolleranza manifestati sul web. Un dato che è emerso è che molte delle persone individuate da Lien – spesso di basso livello culturale – si sono rifiutate di rilasciare interviste dal vivo di fronte a una telecamera, confermando l’ipotesi che l’anonimato giochi un ruolo cruciale nel fenomeno.
Cercando di individuare le caratteristiche psicologiche e le motivazioni degli odiatori, la causa prioritaria del loro agire pare essere la paura, sia consapevole che inconsapevole. Ciò che viene percepito come diverso può generare paura e di conseguenza essere odiato e attaccato. Pare che queste persone vogliano distruggere, anche se solo virtualmente, tutto ciò che avvertono come un possibile pericolo. Secondo Vox, l’osservatorio italiano dei diritti, i principali bersagli dell’odio sono le donne, seguite da omosessuali, migranti, diversamente abili ed ebrei (http://www.voxdiritti.it/ecco-le-mappe-di-vox-contro-lintolleranza/). L’analisi di questi dati conferma che quando mutamenti e trasformazioni sociali mettono in crisi le tradizionali certezze binarie maschio/femmina, forte/debole, autonomo/dipendente e così via, l’odio può diventare una modalità di fuga da situazioni destabilizzanti vissute come pericolose.
Le minoranze portatrici di valori nuovi o diversi, mettendo in pericolo la sopravvivenza di quelli convenzionali, possono così diventare oggetto di paura e di violenza. Gli odiatori, dal punto di vista psicologico, paiono pertanto vittime della loro stessa paura e vulnerabilità, della scarsa cultura e di una incapacità critica, oltre a una limitata empatia affettiva, la capacità di sentire l’emozione dell’altro e di rispondere con un’azione consona. Per compensare le loro fragilità, spesso sembrano cercare di identificarsi con ideologie o con gruppi sociali vissuti come forti e potenti.
Purtroppo l’odio non rimane solo online, ogni anno sono tantissimi i casi di crimini causati da questo sentimento che comporta la volontà di distruggere l’oggetto detestato. È quindi urgente l’attivazione di interventi di prevenzione e di contrasto che coinvolgano soprattutto la dimensione psicologica e socio-culturale delle persone, per dar vita a un processo di delegittimazione della violenza che sempre più spesso pare manifestarsi senza argini. La responsabilizzazione dei giovani e dei meno giovani è indispensabile per creare una cultura condivisa della comunicazione online, in grado di favorire il rispetto della persona nella sua soggettività e uno scambio di idee libero da ostilità: la diversità di opinioni e pensieri è un arricchimento sociale e come tale dovrebbe essere considerata.
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Cosa spinge i ragazzi ad intervenire quando assistono ad episodi di bullismo a scuola?
http://www.stateofmind.it/2018/11/bullismo-scuola/
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La Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità è stata istituita nel 1992 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ogni anno sceglie di abbinare un tema diverso alla manifestazione. Quello per il 2018 è “Responsabilizzare le persone con disabilità e promuovere l’inclusione e l’uguaglianza”, intesi come elementi imprescindibili per uno sviluppo inclusivo, equo e sostenibile da realizzare come parte dell'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
«L'Agenda 2030 - afferma Rosina (Presidente Ordine Assistenti sociali del Piemonte) - si impegna a "non lasciare nessuno indietro" e sostiene che le persone con disabilità non sono solo beneficiarie di interventi, ma debbono esse stesse essere agenti di cambiamento. A loro deve essere data la possibilità di essere, dunque, protagoniste attive del processo per uno sviluppo inclusivo e sostenibile della società. In questo senso, uno degli elementi di maggior efficacia in termini inclusivi ma anche di responsabilizzazione della persona disabile è sicuramente il lavoro».
I dati Istat pubblicati nel 2017 forniscono un quadro preoccupante: nel 2013, il 24,8% dei maschi disabili fra i 15 e i 44 anni si dichiara occupato, seguito dal 23% di quelli fra i 45 e i 64 anni; nel caso delle donne le stesse percentuali risultano invece pari al 20,4% e al 14%. Gli analoghi valori nelle persone senza disabilità sono da 2,3 a 3,3 volte superiori.
Antonino Attinà, consigliere dell’Ordine regionale nonché Responsabile dei Servizi Socio Educativi del CSSV, precisa: «In un mercato dell’occupazione che si evidenzia come poco performante, la difficoltà nel reperire un impiego è diventato un problema per tutti. Lo è ancora di più per le persone con disabilità. Servono strumenti dedicati che permettano loro di trovare uno spazio di realizzazione personale e di crescita grazie al quale sentirsi parte di un meccanismo più grande, e cioè la comunità sociale, assumendosi anche la responsabilità di essere una componente attiva della società».
La Regione Piemonte in questi anni ha prodotto degli strumenti normativi interessanti sia nell’ambito delle politiche del lavoro, in particolare sulla regolamentazione dei tirocini, sia in quello delle politiche sociali. Per quanto riguarda i tirocini vi è la recente DGR 85 del 2017, ma soprattutto della DGR 42 del 2014 e le sue successive modifiche, che hanno introdotto importanti deroghe all’impianto normativo del tirocinio rendendo questa misura più adattabile alle persone svantaggiate. Per quanto riguarda le politiche sociali, invece, la Regione Piemonte ha prodotto nel 2015 la DGR 22 che sanciva la creazione dei P.A.S.S. (Percorsi di Attivazione Sociale Sostenibile), con successive modifiche portate dalla DGR 26 del 26 luglio 2018.
Rosina aggiunge: «L’inclusione si muove comunque su diverse dimensioni, è un processo bidirezionale dove da una parte ci sono le persone con disabilità, per le quali il lavoro dei servizi è volto a migliorarne le competenze sociali, mentre dall’altra c’è la comunità sociale. Questa spesso necessita di essere preparata, addirittura educata a volte, ad accogliere le persone con disabilità senza pregiudizi. Come Consiglio Regionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali sosteniamo le iniziative del 3 dicembre sul territorio piemontese affinché si parli di disabilità e si sviluppi quella sensibilità utile ad accrescere le dinamiche inclusive perché nessuno deve restare indietro».
I dati prodotti dal MIUR relativamente agli alunni con disabilità per l’anno scolastico 2016/2017 dicono che nelle scuole piemontesi i bambini con disabilità sono il 2,7% sul totale degli iscritti. Nel complesso della popolazione di almeno 15 anni, poco più di un disabile su quattro raggiunge almeno il diploma, a fronte di quasi una persona su due per il resto della popolazione. Le differenze maggiori si riscontrano soprattutto nelle classi d’età più avanzate che sono rimaste escluse dai percorsi inclusivi previsti dalle politiche degli ultimi anni.
Rosina conclude: «Dobbiamo farci trovare pronti per offrire alla prossima generazione qualcosa di più rispetto a quanto fatto fino ad ora. Si rende necessario, ad esempio, far conoscere sul nostro territorio ancora di più la legge 112 relativa al “dopo di noi”. Se da un lato, infatti, la Regione ha messo a bando quasi 3 milioni di euro per finanziare soluzioni abitative per disabili gravi, dall’altro restano ancora poco conosciuti strumenti come il trust e i vincoli di destinazione. Inoltre, rispetto ai percorsi di presa in carico specialistica permangono delle differenze tra i progetti che possono essere elaborati per gli adulti e per i minori. Tali differenze, legate non solo alla necessità di implementare le risorse dei Dipartimenti di Psichiatria e dei servizi per la disabilità adulta delle ASL, ma anche ad aspetti culturali dei diversi servizi ed ai dispositivi normativi, possono creare sfiducia e malessere nelle persone con disabilità e le loro famiglie che devono pertanto essere accompagnate a comprendere il passaggio di contesto».
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel.: 333.4896751
Torino, 3 dicembre 2018
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Violenza, per la generazione Z una molestia online è grave quanto una fisica
http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/607960/Violenza-per-la-generazione-Z-una-molestia-online-e-grave-quanto-una-fisica
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In data odierna, all’esito di una articolata e spedita attività investigativa coordinata da questo Ufficio, è stata data esecuzione, dalla Squadra Mobile della Questura di Varese, a tre ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti di tre dei quattro minorenni autori dei gravissimi fatti occorsi a Varese nei giorni scorsi. Un quarto minorenne, anch’esso coinvolto, era stato già sottoposto a fermo di polizia giudiziaria in data 20 novembre, alla luce di un accertato e concreto pericolo di fuga; per quest’ultimo è stata celebrata in data odierna l’udienza di convalida, al termine della quale è stata disposta dal GIP la custodia cautelare.
L’asciutto riserbo di questo Ufficio, a fronte del legittimo allarme mediatico dei giorni scorsi, è stato imposto dalla necessità di acquisire elementi probatori irrinunciabili, quali l’esame della vittima, da pochi giorni in grado di riferire quanto subito, nonché il sopralluogo presso il garage dove si sono consumati i fatti. Il compendio probatorio è stato così sottoposto al vaglio del G.I.P. presso il Tribunale per i minorenni di Milano, che ha tempestivamente valutato la sussistenza delle ipotesi delittuose prospettate e l’assoluta necessità di provvedimenti cautelari.
E’ stato, infatti, accertato che la giovanissima vittima, il 9 novembre scorso, è stata minacciosamente avvicinata da quattro coetanei e condotta presso un garage poco distante, nel quale è rimasta rinchiusa per circa tre ore e mezzo. Qui, il minore è stato sottoposto a percosse, minacce e sevizie. Per quanto acclarato allo stato delle indagini, dopo essere stato legato su una sedia con cavi di acciaio, è stato a più riprese percosso dai quattro indagati; spogliato, a torso nudo e senza scarpe, gli è stata versata addosso acqua gelida e sapone liquido sugli occhi; gli è stato mostrato un coltello, la cui lama gli è stata appoggiata sulla mano immobilizzata, minacciandolo di tagliargli un dito; alcuni colpi gli sono stati inferti, con intento minaccioso, con un bastone ferrato; uno dei sequestratori si è temporaneamente assentato, promettendo di ritornare con i pitbull di una parente, che sarebbero stati aizzati contro la vittima; gli veniva avvicinato un accendino con una bomboletta di gas minacciando di dargli fuoco; più volte il giovane sequestrato è stato minacciato di essere trattenuto nel garage ad oltranza, fino alla morte. Le invocazioni di aiuto sono state tacitate con la minaccia di sigillare la bocca del sequestrato con nastro adesivo, così rendendo difficoltosa anche la respirazione. La liberazione è stata decisa solo a fronte di ulteriori percosse e reiterate promesse di silenzio. Gli è stato, da ultimo, asportato il telefono cellulare ed un orecchino dallo stesso indossato.
I minori sottoposti alle indagini parrebbero aver fumato marijuana prima di commettere i delitti.
Il movente dell’odiosa azione criminale è da rinvenire nel saldo di un preteso credito maturato nei confronti di altro minorenne amico della vittima, sullo sfondo del piccolo spaccio. Allertante l’esiguità della cifra pretesa (appena 40,00 euro), e la pervicacia della pretesa stessa, perseguita anche nei giorni seguenti, fino al raggiungimento della soddisfazione, il 13 novembre successivo.
I minori sono tutti italiani, ad eccezione di uno di loro, di origini ivoriane. Frequentano le scuole medie inferiori o le prime classi delle scuole medie superiori, con percorsi di studio non regolari. Sono tutti giovanissimi, tra i quattordici ed i quindici anni.
I reati contestati da questo Ufficio di Procura sono: il sequestro di persona aggravato, le lesioni personali aggravate, la rapina aggravata; è stato, altresì, contestato anche il delitto di tortura, di recente introduzione nel nostro sistema normativo, alla luce del verificato e comprensibile trauma psichico cagionato nella giovane vittima.
In conclusione, va senz’altro rimarcato il solerte e discreto lavoro encomiabilmente svolto della Squadra Mobile di Varese, nonché la continenza di quanti, nel mondo mediatico, hanno inteso rispettare il riserbo richiesto da questo Ufficio, nella certezza di lavorare nel solco della conciliazione tra diritto all’informazione, garanzie processuali e difesa sociale.
Milano, 23 novembre 2018
Il Procuratore della Repubblica
Ciro Cascone
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Adolescenti, 17% vive situazioni di disagio sociale
https://www.diregiovani.it/2018/11/15/201173-adolescenti-17-vive-situazioni-di-disagio-sociale.dg/
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Le sottoscriventi associazioni del Gruppo CRC esprimono preoccupazione in relazione al Disegno di Legge n. 735 S. concernente la modifica delle norme riguardanti l'affidamento dei figli a seguito della disgregazione della coppia genitoriale. Questo disegno di legge, pur con una inadeguata e confusa declinazione, prende tuttavia atto della trasformazione di alcuni ruoli (i padri sono oggi molto più presenti e attenti alle esigenze quotidiane dei figli rispetto alle generazioni passate) e della necessità di degiurisdizionalizzare l’ambito delle separazioni in favore di una mediazione che vede nei genitori e non nel giudice gli artefici del proprio futuro. Esso mira, ma senza la necessaria flessibilità, ad introdurre nell'ordinamento una netta preferenza verso il regime del doppio domicilio dei figli e della loro permanenza preso ciascun genitore con tempi paritetici, con conseguente esclusione della assegnazione della casa familiare al genitore collocatario (essendo entrambi ugualmente collocatari dei figli) e del contributo al mantenimento (sul presupposto che entrambi i genitori provvedano in via diretta al mantenimento dei figli).
In base ai contenuti del disegno di legge ci sembra opportuno richiamare alcuni principi fondamentali per la tutela dei diritti delle persone di minore età.
Infatti tale proposta introduce un’eccessiva rigidità nell'individuazione del modello di affidamento e di collocazione dei figli,. È opportuno rammentare che il principio del superiore interesse del minore (art. 3 CRC) non delinea un modello predeterminato, ma impone, al contrario, di valutare i diritti, i bisogni, i desideri e le aspirazioni di ogni singola persona di età minore. Non è lecito, pertanto, prevedere automatismi o forzature, dovendo essere il giudice (se i genitori non riescono a pervenire a un accordo) ad esaminare, caso per caso, la situazione concreta, le condizioni di vita del figlio e dei suoi genitori ed ogni altro elemento utile a ricercare la migliore soluzione nel suo interesse.
La mediazione è certamente uno strumento importante, tanto che la Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori del 1996, all’art. 13 incoraggia “il ricorso alla mediazione e a qualunque altro metodo di soluzione dei conflitti atto a concludere un accordo, ma non appare opportuno, e comunque rischia seriamente di non essere utile allo scopo prescriverne l’obbligatorietà quale condizione di procedibilità. Peraltro fermo restando il divieto di mediazione in caso di violenza e maltrattamento, così come disposto dalla Convenzione di Istanbul ratificata dall’Italia, qualora la mediazione sia utile nel superiore interesse del minorenne dovrebbe essere servizio garantito gratuitamente.
In linea con quanto sancito dalla Convenzione ONU (art.12 CRC) il bambino o il ragazzo devono essere protagonisti dei procedimenti che li riguardano e ciò significa esaminare, anche attraverso il loro diretto ascolto svolto in maniera attenta e competente, di volta in volta, il loro vissuto, le relazioni preesistenti, le capacità di cura nonché quelle economiche di entrambi i genitori, assicurando che la separazione, già di per sé dolorosa, non determini ulteriori lacerazioni fra i componenti del nucleo familiare.
A tal fine, è altresì necessario assicurare che tutti gli operatori della giustizia, dai magistrati agli avvocati, dai consulenti agli operatori dei servizi territoriali e consultoriali, siano messi in condizione di svolgere il loro lavoro in maniera efficace, celere e competente, in modo da fornire una risposta equilibrata e tempestiva alle persone che ad essi si rivolgono: è auspicabile dunque che siano messe in campo azioni concrete volte a migliorare i servizi che ruotano intorno alla famiglia, sia sul piano giurisdizionale che su quello sociale e sanitario, assicurandone la massima specializzazione e professionalità.
La competenza specialistica degli operatori, insieme all'efficienza del servizio sono strumenti indispensabili a garantire l'adozione di decisioni effettivamente rispondenti ai diritti del minore e di entrambi i genitori ed a fornire una risposta tempestiva ed efficace anche nei casi di violazione di tali diritti.
Riteniamo infine importante evidenziare come sarebbe, sotto altro profilo, auspicabile un impegno delle istituzioni nel promuovere la cultura della bigenitorialità attraverso campagne di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza ed agli operatori del diritto, più che intervenire sul piano legislativo, quando purtroppo è ormai tardi per ricucire rapporti irrimediabilmente conflittuali. Sarebbe pertanto utile un intervento di promozione sociale, finalizzato a porre in luce i vantaggi derivanti dalla reale condivisione della responsabilità genitoriale sostenendo le coppie in crisi, ed al contempo prevenire i danni provocati ai minori dalla esasperata conflittualità fra i genitori o, in misura ancora maggiore, da atteggiamenti di strumentalizzazione dei figli.
ACP- Associazione Culturale Pediatri
Agedo
AISMI – Associazione Italiana per la Salute Mentale Infantile
Alama
ALI per Giocare – Ass. italiana dei Ludobus e delle Ludoteche
ALPIM
ANPE – Ass. Nazionale dei Pedagogisti
Anpef –Ass. Nazionale dei Pedagogisti Familiari
Fondazione Arché Onlus
Arciragazzi Nazionale
A.Vita - Carrobiolo
Cammino – Camera nazionale avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni
CARE – Coordinamento delle Associazioni familiari adottive e affidatarie in Rete
CIAI - Centro Italiano Aiuti all'Infanzia.
CESVI
Cittadinanzattiva
Comitato Giù le Mani dai Bambini Onlus
CGD - Coordinamento Genitori Democratici
CNCA – Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza
CISMAI – Coordinamento italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia
EDI - Educazione ai Diritti dell'Infanzia
Geordie Onlus
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Helpeople Foundation onlus
International Adoption
IPDM
L’Accoglienza soc. coop. soc. onlus
L'Albero della Vita
La Gabbianella ed altri animali
MAIS ong
Fondazione Mission Bambini Onlus
Fondazione Paideia
Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
Fondazione Roberto Franceschi Onlus
Save the Children Italia
SOS Villaggi dei Bambini onlus
Terre des Hommes Italia
UNICEF Italia
Unione Nazionale Camere Minorili – UNCM
WeWorld
Associazione 21 luglio
- Scritto da Ubiminor
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20 novembre, Torino. Con la Risoluzione 836 (IX) del 14 dicembre 1954, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite raccomandò a tutti i Paesi di istituire la Giornata Universale del Bambino, da osservare come giorno di fratellanza e comprensione tra i bambini in tutto il mondo. In questa giornata vi fu anche l’emanazione della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo e, nello stesso giorno nel 1989, si adottò la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.
L’Ordine Assistenti sociali del Piemonte riflette sulla celebrazione della giornata universale del Bambino e celebra l’anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza con due finalità: dire stop ad abuso, abbandono, sfruttamento e violenza nei confronti dei minori d’età e sollecitare tutti, ancora una volta, a riconoscere i bambini come individui capaci di autodeterminarsi.
«Il diritto alla vita, alla salute, all’istruzione e al gioco, - afferma Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti sociali del Piemonte) - così come il diritto alla famiglia, alla protezione dalla violenza, alla non discriminazione e all’ascolto della loro opinione, sono alcuni degli enunciati espressi dalla convenzione che tuttavia rischiano, ancora oggi, di essere mera teoria. Persistono situazioni e contesti dove i bambini non sono “visti”: si pensi ai minori che assistono ai conflitti tra genitori durante le transizioni separative, ai bambini stranieri ai quali, sebbene nati sul nostro territorio nazionale e cresciuti come cittadini italiani, vengono negati diritti, o ancora ai bambini vittime di maltrattamenti ed abusi. Si pensi inoltre all'insicurezza, all'indifferenza, al clima di intolleranza e di violenza sociale del quale sono spesso spettatori, quando non vittime».
I dati del Rapporto Caritas Italiana 2018 su povertà e politiche di contrasto evidenziano la particolarità di questi anni di post crisi riguardante la questione giovanile: da circa un lustro la povertà tende ad aumentare al diminuire dell’età, decretando i minori e i giovani come le categorie più svantaggiate (nel 2007 il trend era esattamente l’opposto). Tra gli individui in povertà assoluta i minorenni sono 1 milione 208mila (il 12,1% del totale) e i giovani nella fascia 18-34 anni 1 milione 112mila (il 10,4%): oggi quasi un povero su due è minore o giovane.
«Le disuguaglianze - precisa Giovanna Bramante, consigliera dell’Ordine regionale e assistente sociale presso il Comune di Torino - si trasmettono di generazione in generazione in un circolo vizioso che ha notevoli conseguenze economiche, politiche e sociali. La povertà educativa, ad esempio, rimane un fenomeno principalmente ereditario, ancora presente nel nostro Paese».
ll rapporto della CRC (Convention on the Rights of the Child) segnala che il 14,7% dei 18-24enni italiani ha raggiunto soltanto la licenza media e che tra i 14-15enni si registrano i tassi più alti di non ammissione alle classi successive e di interruzione del percorso di studi. Elevata anche l’assenza di tempo pieno: il 68,87% delle scuole primarie ne è privo.
«Questi - dichiara Rosina - sono numeri allarmanti. L’Ordine Assistenti sociali piemontese è costantemente impegnato sul tema dei diritti dei bambini e delle bambine con la sua assidua partecipazione ai tavoli istituzionali regionali e la collaborazione con il Garante dell’infanzia e adolescenza. Lo scopo primario è quello di creare nuove sinergie e nuovi processi di diffusione della cultura dei diritti. Servono investimenti e azioni mirate perché ogni bambino ed ogni bambina abbiano una possibilità nella vita e nessuno venga lasciato indietro».
Rosina conclude: «Non possiamo infine non evidenziare che la Costituzione, che è anche un patto tra i cittadini, individua come dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli. Riteniamo che per non lasciare indietro i nostri bambini e le nostre bambine, il futuro del nostro Paese, i genitori debbano essere sostenuti, soprattutto laddove in difficoltà nel fronteggiare i compiti parentali, ed aiutati a migliorare le loro competenze. Gli assistenti sociali, in quest’ottica, sono promotori dei diritti dei bambini ma anche delle loro famiglie d’origine, considerate le protagoniste dei processi d’aiuto nei quali si lavora per la consapevolezza, la scelta responsabile, il miglioramento della condizione di vita di tutti i componenti del nucleo. A ciascuno di noi, come cittadini, l'impegno di non voltare lo sguardo e di pensare - responsabilmente - a quanto possiamo fare individualmente prima ancora che collettivamente per ridurre il clima di violenza, anche mediatica, nel quale crescono troppi bambini».
Carmela, Francesca Longobardi - Consigliere delegato alla Comunicazione esterna e ai Rapporti con i mass-media / tel.: 333.4896751