Ho lasciato la mia terra
povertà e devastazione.
Un fratello ucciso in guerra,
gli altri senza una ragione,
senza niente per sfamarsi
senza scopo per studiare.
Così ho detto alla mia mamma:
Soffro anch'io ma devo andare.
Ho viaggiato nel deserto
per venire fino qua,
ho solcato il mare aperto.
Nella grande povertà
ho veduto la violenza
che è compagna della fame
e ho sudato nei cantieri
con la calce ed il catrame
per comprare il mio biglietto
acquistato da un bandito
che ha spacciato per traghetto
un legno vecchio e già appassito.
Per tre giorni in traversata
- e la notte fa paura -
senza acqua e senza cibo
la faccenda si fa dura.
Ho soltanto 13 anni
e qualcosa l'ho capito:
se ti metti nei miei panni
mi dirai se c'è un diritto
che mi sappia accarezzare
con le mani di mia madre
che mi possa indirizzare
con lo sguardo di mio padre.
Solo questo è il mio delitto,
scappar via dalla miseria,
e poi anche dalla guerra
che è minaccia ancor più seria.
Io non so se avete posto
nella tavola imbandita.
La fiducia che ho riposto
spero che non sia tradita.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche:
Filastrocca del matrimonio combinato, Filastrocca del bambino abusato
Filastrocche della televisione
Filastrocca dell'occhio nero di mamma. Filastrocca del giudice bizzarro
Filastrocca della mamma bambina
Filastrocca dei bambini contesi
Filastrocca della competenza minorile
Filastrocca dei gemelli di Cattolica
Filastrocca dell'adolescente adottato
Filastrocca del Natale all'improvviso
Filastrocca dell'udienza si va beh...