Cara Mamma,
prima di fare la nanna
la tua bimba ti dice
quel che la fa felice.
Ora che non ci sei
vivo con mamma Elisa
che mi tiene con lei.
Un po' mi sento divisa.
Io ti ricordo eccome
ma adesso gioco e rido
e scrivo il mio nome
e dei grandi mi fido.
Ho imparato a parlare,
a fare bei disegni
a dormire senza tremare
e a mantenere gli impegni.
Per esempio vado a scuola
e mangio un po' di tutto.
Quando piango, lei mi consola
in un abbraccio e io mi butto.
Ho imparato a capire
che cosa mi fa male:
la cioccolata, non dormire
e il dolore speciale
di stare lì in attesa
di te che non arrivi
e io mi sento appesa,
e tu nemmeno mi avvisi.
Tu non mi dai risposta
però ti voglio bene
perciò ho una proposta
che forse ti conviene:
vuoi essermi sorella
finché diventi grande?
Elisa è buona e bella
e ha un cuore gigante.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche