Ci sono adolescenti che scoprono di avere potere e imparano ad utilizzarlo a proprio vantaggio passando su tutto e tutti… compresi i propri genitori. Ma se davvero non li controllasse nessuno, sarebbero veramente più felici?
Ninna nanna ninna-ò
questo babbo a chi lo do?
Se non vuol mandarmi fuori
io gli dico son dolori.
Se non vuol che esca di sera
io gli brucio la carriera.
Se contesta le mie canne
si ritrova l'auto in panne.
Se non vuol mandarmi in disco
so io dove lo spedisco.
Se m'impone di studiare
io gliela farò pagare.
Se mi stressa con la scuola
io gli taglierò la gola.
Se non chiede proprio niente
io mi sento un deficiente.
Mi sembrava un bel vantaggio
scopro che non ho il coraggio.
Di coraggio non ne ho
ninna nanna ninna-ò.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche