Caschetto d’oro, 12 anni: “È vero, dopo che vado da papà torno dalla mamma e le dico cose bruttissime. Non so neanch’io perché lo faccio. Scatta qualcosa dentro la mia testa, non riesco proprio a controllarmi”. Poi: “…sì, in effetti… sono le stesse cose che dice papà quando litiga con mamma…”.
No, non è per cattiveria:
non riesco a controllarmi.
Dico a mamma "poco seria"
e poi devo allontanarmi.
Lo confido con vergogna
proprio non lo so evitare
mamma esposta alla mia gogna
non la voglio più ascoltare.
Babbo è fuori e mi dispiace
sento proprio che mi manca.
Se lo dico, mamma tace
e mi guarda triste e stanca.
Forse è vero, sì lo ammetto
quelle offese le ho ascoltate.
Babbo ha un piccolo difetto.
Le parole strillate
le ricopio tale e quale
da mio padre e dalle accuse
che lui dice per far male
- e poi spera nelle scuse.
Dice che la mamma batte
che si dà al primo venuto
e che ancora questa notte
il suo corpo lo ha venduto.
Lei ribatte: "È tutto falso!
Stai mentendo e lo sai bene.
Amo un altro, questo è il fatto
e di certo ti conviene
inventare questa storia
e accattivarti tua figlia
senza dir che la tua boria
ha distrutto la famiglia".
Non vorrei restare senza
uno dei miei genitori
così aspetto la sentenza
trepidante, e son dolori.
Sbaglia mamma che tradisce
con un uomo a me straniero.
Sbaglia babbo che ferisce
e lo so, non è sincero.
Resto in mezzo e sto a guardarli
oscillando tra due poli
incapace di spronarli
a fare i miei genitori.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche