Mamma a 13 anni, abortisce a 15 nel rapporto con un adulto connazionale di cui voleva essere la seconda moglie. La sua scelta la racconta con serenità: un modo come un altro per raggiungere quella sicurezza economica che i genitori non riescono a darle e a cui non è disposta a rinunciare – né a procurarsela nel tempo, con le proprie forze, con pazienza e lavoro. Sono troppo attraenti le cose, per avere voglia di aspettare.
È sposato, ha già trent'anni
e io quindici anni appena
ma se entri nei miei panni
avrai chiara la mia pena.
Sono mamma ed ho cercato
di aiutare me e il bambino
con un ricco fidanzato
che finanziasse un tantino
delle variegate voglie
che mi vengon di frequente.
Cosa importa se ha una moglie?
No, non sono impertinente.
Io lo amavo, credo, forse,
mi è sembrato lì per lì.
Paga il conto, porta borse
e mi dice sempre sì.
Poi lo so, restare incinta
mi è toccato come mancia.
Ho abortito e fatto finta
fosse un brutto mal di pancia.
Ma se un uomo è già sposato
non può forse fidanzarsi?
E poi senza far peccato
non può forse anche sposarsi?
È che io, nel mio Paese
tanti esempi li ho osservati:
donne piene di pretese
con maschi pluri ammogliati.
Bigamia? Strana parola.
Meglio dell'ipocrisia.
Da noi almeno si convola,
voi che fate? È colpa mia
se qui tutto è scintillante
mentre i miei guadagnan poco?
Ho una voglia, anzi ne ho tante:
non rinuncerò al mio gioco.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche