Essere adolescente e scoprire da un giorno all’altro che l’uomo che ti ha cresciuto non è il tuo vero padre.
Perché tu sei nata da un uomo diverso: zingaro, tossicodipendente, violento.
E allora hanno fatto un cerchio
- io in mezzo, un po' allarmata -
tra tutti ricordo un vecchio
e come m'ha apostrofata.
“Sei nostra, ma non lo vedi?
Sei zingara, sangue nostro”.
Difficile stare in piedi
da sola davanti al mostro.
Un uomo lo accompagnava
ma zitto, guardava storto
e comunque non parlava
lì, pallido come un morto.
Non è stato divertente
accorgersi all'improvviso
che ho preso da quella gente
il taglio d'occhi, il sorriso.
Non è stato entusiasmante
apprendere che mia madre
di storie ne ha dette tante
e quello è il mio vero padre.
Si droga, mi è stato detto
e vive in un posto strano,
ha fatto qualche delitto
orrendo e disumano.
Ancora il quadro mi sfugge.
Ancora non ho capito.
Mia madre ricorda, piange
capisce che mi ha tradito
Insiste, non vuole dire
di come mi ha concepita
e forse vuole coprire
l'inferno da cui è fuggita.
Ma io che ho 14 anni
domande ne penso tante.
Tra incubi, fughe e affanni
mi specchio e mi vedo grande.
Quell'uomo che era mio padre
non so più come chiamarlo.
Mi perdo nelle sciarade
ma continuo ad amarlo.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche