Può bastare una maldicenza a stravolgere la vita di un uomo.
Per pochi mesi, il tempo di accertare la verità.
Per mesi eterni, il tempo di accertare la verità.
Non sono stato io
a toccare la ragazza
Ve lo giuro su Dio:
quella donna è pazza.
Io non ho fatto niente
ma sono uno straniero
malvisto dalla gente,
anche se dice il vero.
A raccontarla tutta
è stata la vicina.
Sarà stata in combutta
con quella ragazzina
che guarda tra le ciglia
gli uomini al cantiere.
Potrebbe essermi figlia
ma vuole farsi vedere.
Un giudice mi ha detto
che mi hanno denunciato
e adesso, sì, lo ammetto
son molto preoccupato
Mi tocca dimostrare
a più di un tribunale
che io non la so fare
una violenza carnale.
Perciò per carità,
lo giuro su mia figlia:
dico la verità
e amo la mia famiglia.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche
Filastrocca della responsabilità