La madre e l’avvocato lo sostenevano con una certa forza: “D’accordo, la mamma è coinvolta nella morte del bimbo appena nato, ma non si può proprio dire che lo abbia ammazzato lei e comunque ormai è ai domiciliari, il primo figlio potrebbe vivere con lei; che cosa osta?”
Partorito lì per lì
scivolato nel wc
lui gridava forte forte.
E se aprono le porte?
Io l’ho chiuso nella borsa
e sono uscita di corsa.
Il bambino poi è morto
io lì con il fiato corto
ma non sono stata io:
tutta colpa del buon Dio.
Porta, ognuno, la sua croce.
Figlio mio, non hai più voce.
Sano e forte è il mio bambino
che ho avuto per primo
ma non abita con me
e non so dire il perché.
Lui mi è stato allontanato
da un decreto insensato.
L’avvocato è il mio conforto:
“Questo giudice ha sbagliato.
Il bambino, sì, è morto
ma il più grande l’hai educato.
Il decreto porta il vizio
del peggior pregiudizio”.
Avanzando il mio ricorso
mi proteggo dal rimorso
e le chiedo, Vostro Onore,
un sollievo dal dolore.
A dispetto della gente
lasci a me l’adolescente.
Ora sta in affidamento
e perpetua il mio tormento.
Proprio non mi so spiegare
come mai non vuol passare
le sue ore familiari
con me, qui ai domiciliari.
Ma io so che mi vuol bene.
E, a pensarci, gli conviene.
La Commissione Giustizia del Senato dovrà a breve pronunciarsi sull'abolizione dei Tribunali per i Minorenni compresa nella cosiddetta "Riforma Orlando". Ubiminor e Cukerì sono molto preoccupati perché questa riforma avrebbe effetti devastanti sulla specializzazione dei Giudici chiamati a decidere su tutto ciò che riguarda bambini e adolescenti. Per questo sosteniamo la petizione che chiede ai Senatori di stralciare dal DDL tutti gli articoli sui Minori, e di occuparsene in una Legge "ad hoc" con più cura, e con maggiore condivisione con gli "Attori" della Giustizia Minorile: https://www.change.org/p/ |
|
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche