(l’insegnante)
T’incontro allo scalone.
Alla mamma ho giurato
che a fine lezione.
ti avrei avvicinato.
La mamma parla tanto
e io la sto a sentire
mi gira come un guanto
e credo di morire
perché ho una figlia anch’io
e penso disperata:
la cresco a modo mio.
Mi fosse allontanata?
Perciò non corro il rischio
di stare ad ascoltarti.
Se soffri me ne infischio.
Io devo parlarti.
Non so qual è il suo sbaglio.
Piangeva sulla sedia,
non credo sia un abbaglio
o faccia la commedia.
Tu sei presa dalle fregole
da brava adolescente
rifiuti orari e regole
figlia irriconoscente.
Per essere più libera
l’accusi e non è giusto
ma sei solo una vipera
strisci e ci provi gusto.
Poi forse hai detto il vero
ma io che posso fare?
Io tremo per davvero
mi devo consolare.
La filastrocca si collega ad altre quattro, sono sguardi diversi sulla stessa storia. Le prime sono la Filastrocca del ritornello, la Filastrocca del bimbo mangione, la Filastrocca dello sgomento e la Filastrocca scomposta.
Questa è l'introduzione alle cinque filastrocche:
È sempre difficile credere che un genitore maltratti i suoi figli, e se poi è la madre a farlo questo può sembrare veramente impossibile. Così accade che i bambini non vengano ascoltati e che tutti – dall’insegnante al vicino di casa, fino a chi scrive sul giornale – si sentano in diritto di mettere bocca.
Il prezzo più alto, dopotutto, lo pagano i bambini.
La Commissione Giustizia del Senato dovrà a breve pronunciarsi sull'abolizione dei Tribunali per i Minorenni compresa nella cosiddetta "Riforma Orlando". Ubiminor e Cukerì sono molto preoccupati perché questa riforma avrebbe effetti devastanti sulla specializzazione dei Giudici chiamati a decidere su tutto ciò che riguarda bambini e adolescenti. Per questo sosteniamo la petizione che chiede ai Senatori di stralciare dal DDL tutti gli articoli sui Minori, e di occuparsene in una Legge "ad hoc" con più cura, e con maggiore condivisione con gli "Attori" della Giustizia Minorile: https://www.change.org/p/ |
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Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche