Il 10.01.17 un quotidiano dà notizia di un ragazzo di 13 anni per il quale un Tribunale per i Minorenni ha emesso un decreto di allontanamento. Si dice che la decisione è basata su una discriminazione contro gli atteggiamenti effeminati del minorenne.
Solito silenzio di chi sa, solite fantasie pop. Solita giostra.
Il ragazzo a 13 anni
ha vissuto tanti inganni
intrecciati nel segreto
che traluce dal decreto.
Lo riduce l’avvocato
-si è per questo laureato-
lo sorvola la sua mamma
che risponde e non domanda
e lo ignora il cittadino.
Poserà sul comodino
un ritaglio quotidiano
uno scoop di terza mano
una nuova diffidenza
per chi scrive la sentenza
e la giustificazione
che traduce l’emozione
in un candido giudizio.
Vorrei togliermi lo sfizio
di provare a far capire
quello che non si può dire
ma non so cosa è successo
e non lo direi lo stesso.
Il segreto è assai privato
non sarà mai rivelato.
Non dal giudice, di certo,
né da qualsivoglia esperto.
Però il dubbio che mi piglia
è un rovello che aggroviglia:
se il dibattito non c’è
la verità, dimmi, dov’è?
La Commissione Giustizia del Senato dovrà a breve pronunciarsi sull'abolizione dei Tribunali per i Minorenni compresa nella cosiddetta "Riforma Orlando". Ubiminor e Cukerì sono molto preoccupati perché questa riforma avrebbe effetti devastanti sulla specializzazione dei Giudici chiamati a decidere su tutto ciò che riguarda bambini e adolescenti. Per questo sosteniamo la petizione che chiede ai Senatori di stralciare dal DDL tutti gli articoli sui Minori, e di occuparsene in una Legge "ad hoc" con più cura, e con maggiore condivisione con gli "Attori" della Giustizia Minorile: https://www.change.org/p/ |
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Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche