Come mai non si finanzia
con fondi adeguati
la tutela dell’infanzia?
Non abbiamo neanche i dati!
Non sappiamo esattamente
cosa vivono i figli
perché invariabilmente
accettiamo nascondigli
e diciamo che è normale
quando arrivano le botte
(la violenza coniugale
non emerge, troppe volte)
mentre la trascuratezza
specialmente se negata
alza il rischio che violenza
sia sul bimbo esercitata.
I sistemi sono fatti
a tutela degli adulti
che combinano i misfatti
e li tengono occulti.
Lo ripeton gli avvocati
che non è successo niente.
Cittadini indignati.
Genitori brava gente.
E anche la programmazione
è soltanto un ritornello
se non c’è la decisione
di guardare proprio quello
che ci appare sconvolgente
e ci spaventa parecchio,
ci disturba e ci riflette
come fosse uno specchio.
Lo vediamo nella scuola
nei servizi e in generale
come tutti ci consola
un più lieto finale.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche