Vi canto la commedia
della competizione
che c’è tra chi rimedia
i guai, e la prevenzione.
I primi han le ossa rotte
e sono come gatti.
Penetrare la notte
con tutti i suoi misfatti
è cosa di ogni giorno.
Accanto, per contorno,
probabili sconfitte.
Chi c’è dall’altra parte?
Persone fiduciose
con il sorriso aperto.
Oltre alle spine, le rose
e il sicuro concetto
che ogni genitore
può attingere all’amore
se ha qualche strumento.
Mi astengo dal commento.
Della buona intenzione
dei primi e dei secondi
son certa, e la questione
è stare sui due bordi,
sui due lati del fiume
tra la speranza e il marciume
in equilibrio precario.
C’è un fatto straordinario.
In mezzo stanno i bambini
di tutto c’è bisogno
non è un fatto di confini
ma di nutrire il sogno
e riconoscere davvero
il bianco, il grigio, il nero.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche