Dei ragazzi di strada qualche cosa sappiamo. Le fogne di Bucarest, le periferie metropolitane. È diverso averne uno davanti, sentirlo raccontare - come fosse lui il più potente - i tratti ripetuti della sua sottomissione.
Il ragazzo ha 14 anni e viene dall’Europa dell’Est. La mamma e la nonna sono la lente d’ingrandimento della nostra impotenza, lui nasconde le lacrime sotto il cerone. Più che in tante altre vicende, non è stato facile ascoltare.
Sono andata via
ma non era abbandono.
Sono andata via.
Non vi chiedo perdono.
Era una terra arida
vuota di futuro.
Niente sulla tavola.
Vostro padre, un muro.
È a lui che vi ho lasciati
ma gliel’ho fatto giurare:
via dagli sbandati
basta bere e giocare.
L’ha giurato in chiesa
mi potevo fidare.
Sono molto offesa
dal suo fare e disfare.
Quello che è successo
L’ho saputo tardi.
Lui non l’ha mai ammesso.
Tu che non mi guardi.
Parli per ferire
ma io non l’ho meritato.
Volevo solo sfuggire
da un destino segnato.
Mi parli e lasci il segno.
Sulla mia pelle invecchiata
si compone il disegno
della tua vita oltraggiata.
La filastrocca appartiene a un gruppo di "Filastrocche dello sgomento e dello spiraglio", riferite a una identica situazione. Le altre verranno pubblicate nelle prossime settimane.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile di Cukerì che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche