Sul "Resto del Carlino" di Ferrara la lettera di un signore lamentava il disturbo dei bambini che corrono nei supermercati. Nasce così la filastrocca dell’uomo delicato.
Sono sensibile, son delicato
Mi serve proprio un mondo ordinato.
Ho fermato quel bambino
che correva nel supermercato.
L'ho legato in un angolino
ora sì che è un bimbo educato.
Ho rampognato quel ragazzo
che rideva in modo sguaiato.
Mi faceva diventare pazzo.
ora almeno si è ridimensionato.
Quella donna che strillava
tutto il giorno come un ossesso
l'ho affrontata. E come taceva!
credeva forse di farmi fesso?
Ero al mercato, su un’ambulanza
ho fatto salire quel venditore.
Lui lavorava, io ero a distanza
ma faceva troppo rumore.
Questa sera ho soppresso un cane
che abbaiava alla sua catena.
Ho ripreso a respirare
finalmente una notte serena.
Poi però, ho letto una poesia
che mi ha messo un rumore in testa.
Credo proprio la butterò via
dal rumore viene la tempesta.
La poesia me la ricordo ancora
e il suo verso non mi fa addormentare.
Cantano i passeri dentro all'aurora.
Vorrei spegnerli ma... come fare?
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche