Segnalato in un procedimento amministrativo, il ragazzo ha già collezionato qualche denuncia ma i processi ci saranno più avanti. Intanto fa quello che vuole, incluso un abbandonante consumo di sostanze ben oltre lo scopo socializzante e ricreativo e tale da indurlo a commettere reati. Ma le etichette non le vuole, e la comunità nemmeno.
Tossico sarai tu!
Ha detto la tivù
che quelli più distrutti, persi
sono molto diversi
da come sono io.
Mio dio
magari sì, le canne.
E smettila con le domande.
Sì, anche più di un tiro.
Per questo giro
ne spendo 300 alla settimana.
È una gimcana
raggranellare dappertutto.
Soffro di brutto
per fare un po’ di soldi
con quella banda di balordi
che sono i miei amici.
Tu ora mi dici
se posso fare senza.
Abbi pazienza,
io smetto quando voglio.
Nessun imbroglio.
Son lucido e sincero.
Ma tu davvero
mi metti in comunità?
Finché sto qua
piange mia madre
e mio padre
certo non soffre meno
ma in quel luogo ameno
mi sento un anormale.
Sarà banale
non ho voglia di pensare
darmi da fare
occuparmi di me stesso.
Vuoi farmi fesso?
Ho avuto tre denunce,
avrò le tue pronunce.
Sto uccel di bosco
e no, non riconosco
che tu decida per me.
Tossico sarai te!
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche