Di Elizabeta si era già scritto: una ragazza rom che ha chiesto di entrare in una comunità educativa per studiare e immaginare un futuro diverso da quello pensato per lei. Qualche settimana fa, contro il suo volere, Elizabeta è stata condotta all’estero dai genitori. Questa filastrocca è per lei.
Tu lo sapevi
possono tutto.
Te l’aspettavi
ma è stato brutto
che proprio mamma
abbia firmato
la tua condanna
e sequestrato.
Sei lì rinchiusa.
Umori alterni.
Stanca, delusa
torni ai quaderni
dove hai lasciato
i tuoi progetti.
Ti hanno isolato.
E dove li metti
tutti i pensieri
le tue amicizie?
I desideri
come immondizie
sembrano persi
appallottolati.
Frutti perversi.
Sogni annullati.
La casa gialla
sarà il segnale
sarà la falla
che fa passare
forse un mattino
i primi soccorsi.
Tenti un cammino
tra sogni e rimorsi.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche