È un crescendo di violenza, di disumanità. Solo per stare agli ultimi, a Verona il tentativo di bruciare la casa di una coppia gay e loro stessi, in Toscana la morte di un bimbo di un anno per mano del padre (voleva sterminare tutta la famiglia), in troppi luoghi continue aggressioni a persone straniere, anche bambini o ragazzi. Mi sembra urgente…
Mi sembra urgente un luogo aperto, una piazza
forse una chiesa aperta ad ogni razza
di Dio o di religione
non per l’espiazione
ma per lo specchio.
È tutto vecchio
questo straccio di cambiamento
che non commento
ma poi viene la disumanità
un brutto incantesimo.
Rifiutare il millesimo
tranello della vanità.
Si chiama razzismo
fascismo
arrivismo
cattivismo
si chiama arroganza
e strozza la speranza.
Chi tenta di bruciare i gay
uguali a tanti amici miei
chi ammazza a coltellate suo figlio
(è piccolissimo, fa ancora rima con giglio)
chi si dedica a aggredire gli stranieri.
Siamo sinceri
facciamo bene a vergognarci
e poi a fermarci.
Razzisti, è vero, sì, e forse peggio
ci manca anche il coraggio
di dire che abbiamo bisogno
di ritrovare la ragione e il sogno.
Vorremmo non sentire più niente
e invece è urgente.
Ci vuole un posto
aperto, dove farsi accosto
alla mancanza che commuove
non importa dove
mancanza proprio di umanità.
Ci ritroviamo qua.
La violenza non fa più vedere
ma le lacrime ripuliscono gli occhi
un’occasione per sapere
quello che viene e con quali sbocchi.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche