La incontro in udienza e mi piace, la vedo sincera e intelligente oltre che piegata, eppure so che prima di incoraggiarla devo farle male. Cioè poi scuoterla, dirle che a forza di scappare con l’alcol sta lasciando dietro di sé persone ferite e prima di tutte la figlia. Ormai adolescente, ha già iniziato, anche lei, a tormentarsi, nel suo caso in punta di coltello.
Se potessi vedere
che sono tutta intera
non solo il bicchiere
che svuotavo ogni sera
e amavo la cucina
di tanti sapori
pur cercando, in cantina
i vini migliori.
Quello che mi ferisce?
I lutti ed altre cose.
Una donna patisce
le relazioni corrose
patisce lo sgomento
per tanta finitezza
e cerca un lenimento
nella prossima ebbrezza.
Ti parlo e tu mi guardi
abbozzi cattiverie
esplodi i tuoi petardi
sopra le mie macerie.
Mi devi misurare
io questo lo capisco.
Riesce a tormentare
il raschio del tuo disco
che mi fa responsabile
di più che non vorrei.
Non sono malleabile.
Capisco che lei
si taglia per punirmi
-non c’è una soluzione-
e forse per urlarmi
che vuole più attenzione.
Vorrei esserle nido
e invece, palafitta,
puntello con l’affido
tutta la mia sconfitta.
Però le voglio bene
la lezione l’ho capita.
Smettere mi conviene.
Stavolta cambio vita.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi sianoe comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche