Lui ossessivamente geloso, lei indipendente. Lui con poche relazioni, lei capace nei rapporti di amicizia e lavoro. Lui manesco lei passiva per molti anni e poi non più. All’atto di separarsi, i loro figli si dividono, il primo col papà, gli altri (maschi e femmine) con la mamma. In udienza ascolto i due più grandi, alleati lui con lui, lei con lei.
Ti chiedi come stiamo? Beh, normali.
Non siamo sorvegliati speciali.
Le tue domande, guarda, son banali.
I giorni stan passando tutti uguali.
Con mamma i miei rapporti son glaciali
e non forzarmi a renderli cordiali.
Babbo ha sofferto pene abissali.
Le botte sono state accidentali.
Se solo al posto di questi stivali
potessi regalarmi un paio d’ali
io so che fuggirei dai tribunali.
Le filastrocche giudiziarie
I tribunali per i minorenni prendono ogni giorno decisioni difficili. Scelte delicate, suscettibili certo di errore ma orientate ogni volta sulla valutazione dei rischi e dei danni che un minore patisce, molto spesso per mano degli adulti a lui più vicini vale a dire i suoi genitori e i familiari più stretti.
Negli ultimi anni una retorica mielosa e in bianco e nero ha raccontato storie dove i buoni erano ben distinti dai cattivi e dove la conclusione era invariabilmente una sola: i bambini e i ragazzi devono crescere con i loro genitori. Con loro, chiunque essi siano e comunque si comportino.
Ogni altro intervento, anche quando è temporaneo e di stimolo al cambiamento per giungere a relazioni familiari più serene, viene presentato come crudeltà, come ingiustizia. Avrebbe, ciascun genitore, il diritto di fare dei propri figli tutto ciò che vuole - e di evitare il dolore, per sé e per il bambino. Piuttosto la perversione, il maltrattamento, l'incertezza endemica. Tutto sembra meglio della sofferenza che sta dentro alla crisi e alla necessità di cambiare.
Il cinismo infantile dell'autrice che racconta scelte giudiziarie estreme, eppure ordinarie nelle aula dei tribunali per i minorenni, è uno sberleffo a questa logica e un modo per affermare una volta di più che i bambini e i ragazzi sono persone. Non proprietà, non appendici degli adulti ma persone, soggetti di diritto, nei cui panni occorre provare a mettersi e che è opportuno disporsi ad ascoltare in ogni singola e distinta decisione che riguardi da vicino la loro vita.
Le precedenti filastrocche